Data: 12/12/2013 09:30:00 - Autore: L.S.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27057 del 3 dicembre 2013, ha affermato s� il diritto del datore di lavoro di modificare il periodo feriale in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali ma ha al contempo ritenuto che le modifiche debbano essere comunicate al lavoratore con congruo preavviso. "Ci� presuppone all'evidenza una comunicazione tempestiva ed efficace, idonea cio� ad essere conosciuta dal lavoratore prima dell'inizio del godimento delle ferie, tenendo conto che il lavoratore non � tenuto, salvo patti contrari, ad essere reperibile durante il godimento delle ferie (...) Il lavoratore � infatti libero di scegliere le modalit� (e localit�) di godimento delle ferie che ritenga pi� utili (salva la diversa questione dell'obbligo di preservare la sua idoneit� fisica, Cass. sez.un.n.189282), mentre la reperibilit� del lavoratore pu� essere oggetto di specifico obbligo disciplinato dal contratto individuale o collettivo del lavoratore in servizio ma non gi� del lavoratore in ferie, salvo specifiche difformi pattuizioni individuali o collettive." Il caso preso in esame dai giudici di legittimit� vede come protagonista un lavoratore licenziato per non aver adempiuto, durante un periodo di ferie, a due ordini di riprendere servizio.

Il datore di lavoro sosteneva che il lavoratore era tenuto, da una precisa norma del contratto collettivo, ad essere reperibile ed il fatto che non vi avesse provveduto rendeva automaticamente conosciute tutte le comunicazioni inviategli al domicilio inizialmente dichiarato, bench� non ritirate affermando che il datore di lavoro manteneva sempre il potere di revocare le ferie gi� concesse e il non aver adempiuto all'obbligo di presentarsi al lavoro rendeva illegittima la condotta contestata.

Evidenziava il datore che l'art. 23 del c.c.n.l. di comparto prevedeva tra i doveri del dipendente quello di "comunicare all'Amministrazione la propria residenza e, ove non coincidente, la dimora temporanea nonch� ogni successivo mutamento delle stesse". Ne conseguiva che il dipendente in ferie fosse tenuto a comunicare la sua dimora temporanea ed i successivi eventuali mutamenti.

La norma contrattuale invocata - precisa la Suprema Corte - "tutela il diritto del datore di lavoro di conoscere il luogo ove inviare comunicazioni al dipendente nel corso del rapporto di lavoro e non gi�, stante la natura costituzionalmente tutelata del bene, ivi comprese le connesse esigenze di privacy, durante il legittimo godimento delle ferie (che il lavoratore � libero, salvo diverse pattuizioni, di godere secondo le modalit� e nelle localit� che ritenga pi� congeniali al recupero delle sue energie psicofisiche), risolvendosi l'opposta interpretazione in una compressione del diritto alle ferie, costringendo il lavoratore in viaggio non solo a far conoscere al datore di lavoro i luoghi e tempi dei suoi spostamenti, ma anche ad una inammissibile e gravosa attivit� di comunicazione formale, magari giornaliera, dei suoi spostamenti."  In merito, poi, al fatto che il datore aveva il diritto di richiamare dalle ferie il dipendente con ordine per quest'ultimo vincolante, permanendo, anche durante il godimento delle ferie, il potere del datore di lavoro di modificare il periodo feriale anche a seguito di una riconsiderazione delle esigenze aziendali, come previsto dall'art. 18 del c.c.n.I. che prevede la possibilit� per il datore di lavoro di interrompere o sospendere il periodo feriale gi� in godimento, i giudici di Piazza Cavour, evidenziano che non vi �, nell'art. 18 del CCNL invocato dal datore di lavoro, alcuna norma che preveda un potere totalmente discrezionale del datore di lavoro di interrompere o sospendere II periodo feriale gi� in godimento, risultando allo scopo insufficiente il generico inciso di cui al comma 11 "Qualora le ferie gi� in godimento siano interrotte o sospese per motivi di servizio", che nulla dice circa le modalit� con cui l'interruzione o la sospensione possa essere adottata e debba essere comunicata.   


Tutte le notizie