Data: 03/01/2014 12:00:00 - Autore: Avv. Luisa Camboni
Avv. Luisa Camboni - In questo periodo di grave difficoltà economica che sta attraversando il nostro Paese, numerose imprese sono rimaste coinvolte da una procedura fallimentare. Vediamo in questa breve guida come può avere inizio questa procedura a partire dal primo atto: l'istanza per la dichiarazione di fallimento.


Che cosa è l'istanza di fallimento

L'istanza per la dichiarazione di fallimento è quell'atto attraverso il quale si chiede che venga aperta la procedura fallimentare nei confronti di un imprenditore. Per presentare istanza di fallimento è necessario che sussistano determinati presupposti previsti dalla legge: presupposti soggettivi ed oggettivi. In particolare dal punto di vista soggettivo è possibile richiedere il fallimento di un imprenditore commerciale con le esclusioni previste dall'articolo 1 della legge fallimentare. dal punto di vista oggettivo è necessario che sussista il cosiddetto 'stato d'insolvenza'.

La procedura fallimentare, a seguito della riforma della legge fallimentare del 2006, è attivabile solo ad istanza di parte. In passato l'abrogato art. 8 L.F. prevedeva l'iniziativa d'ufficio, ovvero da parte del Tribunale che fosse venuto a conoscenza, in un diverso giudizio, di eventi rivelatori di uno stato di insolvenza.

Che forma deve rivestire e dove va presentata l'istanza?

L'istanza de qua deve rivestire la forma di un ricorso (si veda: fac-simile istanza di fallimento) e va presentata in Tribunale e, precisamente, alla sezione Fallimentare territorialmente competente con riferimento al luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale. Chi scrive ritiene opportuno precisare che il soggetto che presenta l'istanza deve valutare e prendere posizione quanto alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per poter dichiarare il fallimento, adducendo le prove a sostegno delle proprie argomentazioni. L'istante dovrà, infatti, fornire la prova dei fatti  dai quali il Tribunale Fallimentare possa dedurre il reale stato di insolvenza, ovvero l'impossibilità per l'imprenditore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Chi sono i soggetti che per legge possono presentare istanza di fallimento?

Ai sensi dell'art. 6 L.F. essi sono:

-il debitore;

-i creditori;

-il pubblico ministero.

Nel caso in cui sia il debitore a chiedere il proprio fallimento, questi dovrà allegare e depositare, congiuntamente all'istanza, i seguenti documenti: 

1) le scritture contabili e fiscali obbligatorie relative ai tre esercizi precedenti, ovvero all'intera esistenza dell'impresa, se di durata inferiore;

2) uno stato dettagliato ed estimativo delle attività;

3)l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti;

4)l'indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi esercizi;

5)l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

Anche l'istanza presentata da uno o più creditori  prende le forme di un ricorso, che deve essere redatto per iscritto e depositato nella cancelleria del Tribunale - sezione Fallimentare competente.

Il pubblico ministero, invece, ha facoltà di presentare istanza di fallimento solo in casi particolari e cioè:

-quando l'insolvenza di un imprenditore risulti nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla latitanza o dall'irreperibilità dell'imprenditore, o ancora dalla chiusura dei locali dell'impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell'attivo dell'impresa da parte dell'imprenditore;

-quando l'insolvenza di un imprenditore risulti da fatti emersi nel corso di un procedimento civile e comunicati dal Giudice al pubblico ministero.

E' bene ricordare che l'articolo 147, comma 4, L.F. prevede una particolare forma di istanza di fallimento. Tale istanza è prevista nell'ipotesi in cui, dopo la dichiarazione del fallimento di una società, risulti l'esistenza di soci illimitatamente responsabili prima sconosciuti. Come ci si comporta in questa ipotesi? Dato che il fallimento della società comporta automaticamente il fallimento dei suoi soci illimitatamente responsabili, il curatore del fallimento della società, o un creditore della stessa, oppure uno dei suoi soci, potranno presentare istanza per la dichiarazione del fallimento del socio illimitatamente responsabile prima sconosciuto.

È necessaria l'assistenza di un legale presentare istanza di fallimento?

Prima della riforma della legge fallimentare del 2006 un creditore poteva presentare in proprio istanza di fallimento contro il proprio debitore, senza l'assistenza di un difensore tecnico. Il Legislatore della riforma, avendo accentuato il carattere processuale e tecnico della fase processuale volta all'accertamento dello stato di insolvenza e di conseguenza alla dichiarazione di fallimento, considera che l'assistenza di un difensore sia del tutto necessaria.

Un creditore può, dopo aver presentato istanza di fallimento, rinunciarvi?

La risposta all'interrogativo è positiva: il creditore, difatti, può sempre rinunciare all'istanza presentata attraverso una “dichiarazione di desistenza”.

A seguito di tale dichiarazione il Giudice non potrà proseguire d'ufficio nell'accertamento dei requisiti necessari per la dichiarazione di fallimento, e dovrà, pertanto, emettere decreto di archiviazione del procedimento.

Quali documenti devono essere allegati all'istanza al momento del deposito in cancelleria?

L' istanza va depositata allegando :

a) la nota di iscrizione a ruolo ;  

b) la ricevuta di versamento del contributo unificato di importo pari ad €  85,00 e marca da bollo; 

c)     certificato visura CCIAA della società (obbligatorio);

d)     certificato camerale sui protesti (eventuale);

e)     copia ultimo bilancio, oppure una situazione patrimoniale aggiornata;

f)   Il titolo, in originale o copia autentica, a fondamento del credito (decreto ingiuntivo, cambiali protestate, atto di pignoramento, fatture, ecc.).

Nel caso in cui il ricorso riguarda una società di persone è necessario allegare un certificato contestuale dei soci.

Si noti bene che non si può dichiarare fallimento se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati, risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare, è complessivamente inferiore a € 30.000,00.

Una volta depositato il ricorso, il Tribunale fissa con decreto l'udienza di convocazione avanti a sé del debitore, dei creditori istanti e del pubblico ministero.

La parte che ha depositato il ricorso si recherà, poi, in cancelleria per richiedere le copie autentiche del ricorso e del decreto di convocazione e, così, procedere a notificare l'atto al debitore. L'originale verrà, poi, depositato in cancelleria prima dell'udienza.

In che modo viene dichiarato il fallimento?

Viene dichiarato con sentenza dal Tribunale che dispone:

- la nomina del Giudice delegato alla procedura ;

- la  nomina del curatore;

- ordina al fallito il deposito, entro tre giorni, dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie e l'elenco dei creditori;

- fissa l'udienza per la verifica dei crediti;

- fissa il termine per la presentazione delle domande di insinuazione e di rivendicazione di diritti reali e personali.

 La sentenza viene, poi, notificata al debitore e comunicata per estratto al pubblico ministero, al curatore e al richiedente il fallimento. Viene annotata, inoltre, presso l'Ufficio del registro delle imprese ove l'imprenditore ha la sede legale.  

La sentenza quando produce i suoi effetti?

La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell'art. 133 c.p.c.. Nei confronti dei terzi gli effetti si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 17, comma 2 L.F..  

Quanto al fascicolo della procedura, l'art. 90 L.F. ha stabilito che:  

1)     il comitato dei creditori e ciascun suo componente hanno diritto di prendere visione di qualunque atto o documento;  

2)     il fallito può consultare tutti gli atti ad eccezione della relazione del curatore e degli atti eventualmente riservati su disposizione del giudice;

3)     gli altri creditori ed i terzi hanno diritto di prendere visione ed estrarre copia degli atti e dei documenti per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il curatore.  

La sentenza che dichiara il fallimento produce una serie di effetti di natura privata, processuale e penale,  sia nei confronti del fallito, sia nei confronti dei creditori e sia dei terzi.

Gli effetti per il fallito sono disciplinati dagli artt. 42-49 L.F..

Il fallito viene privato, a far data dalla dichiarazione di fallimento, della disponibilità e dell'amministrazione dei suoi beni e, più precisamente, sia di quelli anteriori al fallimento sia di quelli che gli dovessero pervenire durante la procedura.

A norma dell'art. 46 L.F.  non sono compresi nel fallimento:

1.i beni ed i diritti di natura strettamente personale;

2.gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia;

3.i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto è disposto dall'articolo 170 c.c.;

4.le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

I limiti previsti nel comma 1, n. 2), art. 46 L.F. sono fissati con decreto motivato del giudice delegato che deve tener conto della condizione personale del fallito e di quella della sua famiglia.


L'art. 44 L.F. dispone che tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti, dopo la dichiarazione di fallimento, sono inefficaci rispetto ai creditori.


Sono, altresì, inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.

Fermo quanto previsto dall'articolo 42 L.F., comma 2, sono acquisite al fallimento tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui ai commi  1-2.

Ai sensi dell'art. 48 L.F.  il fallito persona fisica è tenuto a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento.

L'art. 49 L.F. “Obbligo del fallito” dispone che “ L'imprenditore del quale sia stato dichiarato il fallimento, nonché gli amministratori o i liquidatori di società o enti soggetti alla procedura di fallimento sono tenuti a comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio.

Se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione della procedura, i soggetti di cui al primo comma devono presentarsi personalmente al giudice delegato, al curatore o al comitato dei creditori.

In caso di legittimo impedimento o di altro giustificato motivo, il giudice può autorizzare l'imprenditore o il legale rappresentante della società o enti soggetti alla procedura di fallimento a comparire per mezzo di mandatario”.

 

Quanto ai “Rapporti processuali” l'art. 43 L.F. prevede che “nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore. Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un'imputazione di bancarotta a suo carico o se l'intervento è previsto dalla legge. L'apertura del fallimento determina l'interruzione del processo”.

Quanto agli effetti nei confronti dei creditori sono disciplinati negli artt. 51-63 L.F. Alcune di queste norme mirano a proteggere il patrimonio fallimentare  dalle iniziative dei singoli creditori, ciò al fine di realizzare il principio della “par condicio creditorum”. Altre disciplinano il trattamento delle varie categorie di creditori. Altre indicano come quantificare il credito da ammettere al passivo fallimentare e, infine, altre disciplinano la posizione di creditori o terzi che si trovano in particolari situazioni di solidarietà.

Infine, quanto agli effetti nei confronti dei terzi :

 -gli atti a titolo oneroso - cioè i pagamenti e le garanzie - compiuti dal fallito nei due anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento  che presentino delle irregolarità  sono dichiarati inefficaci e revocati;

-gli atti a titolo oneroso – cioè i pagamenti e le garanzie - compiuti dal fallito nell'anno antecedente alla dichiarazione di fallimento privi di irregolarità, quando il curatore provi che l'altra parte era a conoscenza dello stato di insolvenza, sono dichiarati inefficaci e revocati.

Gli atti che non ricadono nelle suddette categorie possono essere revocati con l'azione ordinaria di cui all'art. 2901 c.c.: l'azione revocatoria.

Avv. Luisa Camboni

Studio Legale Avv. Luisa Camboni

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