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Data: 08/01/2014 18:00:00 - Autore: A.V. Dott. Herik Mutarelli - La vexata quaestio dell'applicabilità agli appalti pubblici della tutela accordata dalla norma in rubrica è stata legislativamente risolta dal 1° comma dell'art. 9 d.l. 76/2013 convertito con modificazioni in l. 99/2013 secondo cui le disposizioni di cui al 2° comma dell'art. 29 d. lgs. 276/2003 “non trovano applicazione in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” . Tale intervento normativo pone fine all'aperto e vivace dibattito riservato al tema dalla giurisprudenza e dalla dottrina e che, nella pratica, aveva effetti rilevanti tenuto conto che c'era da stabilire se agli appalti pubblici si applicasse il solo art. 1676 c.c. od anche l'art. 29 in esame. Tema di assoluto rilievo alla luce del diverso ambito di tutela accordata dalle due disposizioni e del valore economico degli appalti pubblici. Il nodo interpretativo, era costituito dall'art. 1, 2° comma, del d.lgs. n. 276/2003, secondo cui: «il presente decreto non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale». Ad onta del dato letterale della disposizione che sembrava militare nel senso di escludere dal regime di solidarietà gli appalti pubblici, si era nel tempo rafforzato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui, depotenziato il rilievo desumibile dal dato testuale delle riferite previsioni, il settore degli appalti pubblici doveva ritenersi compreso nell'ambito di operatività dell'art. 29 . A tali conclusioni tale orientamento perveniva,, da un lato, configurando l'incostituzionalità dell'art. 29 per eccesso di delega (rispetto all'art. 6, l. 14 febbraio 2003, n. 30), dall'altro, postulando una lettura del 2° comma dell'art. 1 del d. lgs. n. 276/2003 dissonante rispetto al tenore letterale dello stesso. Di contro, veniva osservato come l'allora vigente testo del 2° comma dell'art. 29 costituiva il risultato di un intervento normativo operato attraverso legge ordinaria (art. 1, comma 911, l. 27 dicembre 2006, n. 296). Quindi, tale previsione non poteva soffrire il limite costituito dai criteri e principi posti dalla legge di delega n. 30/2003 né, a suo carico, poteva ritenersi configurabile un eccesso di delega. Quanto allo scavalcamento del dato letterale non si poteva consentire che lo stesso si risolvesse in una mera interpretatio abrogans della previsione (della quale si offriva una lettura in chiara dissonanza rispetto all'ermeneusi letterale della stessa quale ricavabile ex art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale). Si osservava inoltre che deponevano per esclusione degli appalti pubblici sia la rubrica dell'art. 1 della legge di delega contenente il chiaro riferimento alla materia della «intermediazione e interposizione privata nella somministrazione del lavoro», sia lo stesso 1° comma dell'art. 29, d.lgs. n. 276/2003, il quale riferiva la disciplina al «contratto di appalto stipulato e regolamentato dall'art. 1655 c.c.». Sotto tale ultimo profilo appare corretto osservare che dal procedimento di evidenza pubblica che presiede negli appalti c.d. pubblici alla scelta dell'aggiudicatario-appaltatore sorge un rapporto contrattuale che, benché riconducibile, in quanto tale, alla nozione di cui all'art. 1655 c.c., non integra quel rapporto «stipulato e regolamentato» (come testualmente recita l'art. 29, 1° comma, d.lgs. n. 276/2003) dalla predetta disposizione. E' agevole in proposito infatti rilevare che il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (il c.d. codice degli appalti pubblici) costituisce un corpus normativo speciale che ha regolamentato l'intera materia (dalla selezione dei partecipanti alla gara ai poteri autoritativi di scioglimento del rapporto contrattuale sorto a seguito della stessa) con conseguente abrogazione implicita delle disposizioni con esso incompatibili. Del resto, è lo stesso art. 1 del d.lgs. 163/2006 a qualificare espressamente “codice” siffatto corpus normativo speciale. Di qui la necessitata conclusione che gli appalti pubblici, non potevano ritenersi stipulati e regolamentati dall'art. 1655 c.c. (come testualmente recita l'art. 29 d.lgs. 276/2003), e quindi (non) rientravano nella sfera di operatività dell'art. 29 d.lgs. 276/2003. Se alla luce del dibattito sviluppatosi intorno all'ambito di operatività della disciplina di cui all'art. 29 d. lgs. 276/2003 appare quanto mai utile l'intervento dirimente operato dal legislatore con il 1° comma dell'art. 9 del d.l. 76/2013 deve nondimeno evidenziarsi che tutt'altro che agevole risulta la qualificazione della previsione come disposizione di interpretazione autentica ovvero innovativa con efficacia ex tunc o, piuttosto, di disposizione innovativa tout-court con conseguente efficacia ex nunc. Rispetto al riferito tema di indagine non può infatti sottacersi che Il Legislatore può dar vita a disposizioni di interpretazione autentica che chiariscono il contenuto precettivo della norma sottoposta ad interpretazione nell'obiettivo di cristallizzarne l'ermeneusi. Tuttavia la possibilità dell'adozione di tali tipo di norme (come tali con efficacia retroattiva) deve armonizzarsi evidentemente con i presupposti di tal tipo di normazione e con i principi di valore costituzionale coinvolti. In tale prospettiva si ritiene che il Legislatore può emanare norme di interpretazione autentica solo in presenza di incertezze sull'applicazione di una disposizione, di contrasti giurisprudenziali nonchè quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore . Quanto precede nel rispetto del “principio dell'affidamento dei consociati alla certezza dell'ordinamento giuridico” con la conseguente illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che proponga una soluzione ermeneutica non prevedibile e del tutto eclettica rispetto a quella consolidatasi nella prassi . Deve pertanto indagarsi se la previsione interpretativa in rassegna rispetti i canoni di tollerabilità costituzionale che presiedono all'adozione di previsioni della specie. Al riguardo è agevole osservare che l'art.21 del d.l. 10 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni in l. 4 aprile 2012, n. 35, chiariva (modificando ancora una volta il dettato normativo del ripetuto art. 29), che la responsabilità solidale si estendeva “ai premi assicurativi” (INAIL) e “alle quote di trattamento di fine” rapporto, era contenuto nella Sezione III della legge rubricata come “semplificazione in materia di appalti pubblici”. Sicché ove venisse oltremodo valorizzata la predetta collocazione dovrebbe ritenersi che la scelta di cui operata con il d.l. 35/2012 era nel senso di sancire l'applicabilità agli appalti pubblici dell'art. 29 . In tal caso è tuttavia evidente che non potrebbe riconoscersi al 1° comma dell'art. 9 d.l.76/2013 convertito in l. 99/2013 natura di norma interpretativa o innovativa con efficacia ex tunc per mancanza de riferita incertezza sul dato normativo e precettivo che costituisce ineludibile presupposto costituzionale per dar vita a disposizioni di carattere retroattivo. Ne conseguirebbe pertanto la irriferibilità agli appalti pubblici della responsabilità solidale di cui all'art. 29 d.lgs. 276/2009 solo a far tempo dall'entrata in vigore del d.l. 76/2013. Non sembra però che la oramai da più parti lamentata carenza di tecnica legislativa nel caso di specie rinvenibile nell'aver collocato una delle varie modifiche legislative apportate all'art. 29 d. lgs. 276/2003 nella sezione della legge 35/2012 dedicata agli appalti pubblici possa legittimare una tale conclusione. Sembra viceversa più convincente attribuire alla disposizione in esame la natura di una norma innovativa con efficacia retroattiva con cui il legislatore ha ritenuto opportuno “porre una pezza” ad una precedente svista tecnica. Trattasi di soluzione ragionevolmente e costituzionalmente sostenibile perché, diversamente opinando, in tema di appalti pubblici avremmo una regime di responsabilità diverso a seconda se trattasi di appalto anteriore o successivo al d.l. 76/2013. Dott. Herik Mutarelli - herik@fastwebnet.it |
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