Data: 12/01/2014 11:00:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani
Dalla felice penna del Dott. Giovanni SALINA del Tribunale di Bologna, Sez. III è nata la rivoluzionaria sentenza, emessa nelle forme dell'art. 281-sexies c.p.c. il 4 giugno 2013, oggetto dell'odierna puntata dedicata al diritto degli affini della vittima primaria (deceduta a seguito di avvelenamento da monossido di carbonio esalato da caldaia difettosa, posizionata in luogo inidoneo: colpa specifica che grava sul tecnico installatore) a conseguire la refusione del pregiudizio risentito, a determinate condizioni, sapientemente illustrate nella motivazione.
Si tratta qui del danno non patrimoniale iure proprio da lesione del rapporto parentale (ma anche di tante altre questioni, come la risoluzione contrattuale, il nesso di causalità, la liquidazione del danno patrimoniale da spese funerarie).
Stante la rivoluzionaria impostazione impressa dal Giudicante felsineo alla titolarità del risarcimento in capo agli affini, Studio Cataldi intende proporla ai visitatori di LIA nella sua versione integrale affinché possa tradursi in arricchimento per la gerla dei Colleghi che volessero richiedere, proprio come ha fatto l'egregia Avv. Nadia PIRONACI del Foro di Bologna, tali poste risarcitorie a vantaggio anche di coppie omosessuali e di fatto. 
Pleonastico porre in risalto che l'alterazione che una scomparsa produce anche nelle relazioni dei superstiti deve essere risarcita mediante l'applicazione di criteri di valutazione equitativa, rimessi alla prudente discrezionalità del giudice del merito.
Nel caso di specie il Dott. Salina ha operato un'equiparazione con lo strumentario previsto per la figura dei fratelli.
Buona lettura! 
""Con atto di citazione ritualmente notificato, G. XX e M. XX, in proprio e quali eredi di M. B., convenivano in giudizio S.L., quale titolare della ditta individuale Alfa, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni non patrimoniali da perdita di rapporto "parentale" o comunque di affinità, patiti a seguito del decesso della loro prossima congiunta, avvenuto in data 09.2.2007, a causa delle esalazioni di gas sprigionatesi da una caldaia venduta ed installata dal convenuto. Gli attori chiedevano altresì la risoluzione, per grave inadempimento, del contratto di compravendita della predetta caldaia, con conseguente condanna del convenuto alla restituzione del corrispettivo già pagato, nonché al risarcimento del danno da spese funerarie. Si costituiva in giudizio il convenuto il quale, contestando la fondatezza delle argomentazioni difensive svolte dagli attori, concludeva chiedendo l'integrale reiezione delle domande ex adverso formulate. Nel corso del giudizio, espletati gli incombenti di cui all'art. 183 c.p.c., il G.I., previa acquisizione degli atti del procedimento penale promosso a carico del convenuto, ammetteva le prove per interrogatorio formale e per testi dedotte dalle parti, fissando, all'esito, udienza di precisazione delle conclusioni. Infine, all'udienza del 04.6.2013, sentiti i difensori delle parti, il Giudice decideva la causa ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c..
 Fatte queste premesse, occorre innanzitutto osservare che gli odierni attori, quali "affini" della vittima cosiddetta "primaria", M. B., deceduta a causa di avvelenamento da monossido di carbonio, esalato dalla caldaia venduta ed installata dal convenuto, hanno dedotto nei confronti di quest'ultimo un duplice e concorrente titolo di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, per i danni patrimoniali e non patrimoniali, sofferti, in proprio e iure successionis, in conseguenza della asserita difettosità del prodotto fornito dal S.L., del suo grave inadempimento contrattuale, e, comunque, della violazione del generale dovere di neminem laedere. I fatti oggetto del presente giudizio sono stati già valutati dalla competente A.G. penale, che, anche all'esito di accertamenti tecnici disposti sulla caldaia in questione, ha disposto l'archiviazione del procedimento instaurato nei confronti del S.L., per una ritenuta oggettiva impossibilità di accertare la fase in cui si era verificato lo sfilamento del cavetto che, a seguito di contatti elettrici, aveva provocato, a sua volta, micro-esplosioni all'interno della camera di combustione, cui aveva fatto poi seguito lo sganciamento del tubo di scarico con dispersione dei gas che hanno provocato il decesso della B.. Le motivazioni poste a fondamento del richiamato provvedimento di archiviazione, ovviamente, non fanno stato nel presente giudizio civile, ove, peraltro, non vige il principio decisionale, operante invece in sede penale, dell'accertamento della responsabilità "al di là di ogni ragionevole dubbio", bensì quello della preponderanza della prova, secondo il criterio del "più probabile che non", in virtù del quale è legittimo affermare la responsabilità secondo valutazioni improntate a criteri di elevata probabilità o di cd. certezza probabilistica. 
 Orbene, nel caso di specie, la responsabilità, così come dedotta dagli attori a carico del convenuto, può essere affermata in termini di certezza più che probabilistica. Infatti, dalla relazione del C.T. della Procura della Repubblica, risulta chiaramente che il sinistro mortale de quo si è verificato per il concorso di una pluralità di fattori causali, tutti convergenti ed influenti nella determinazione del medesimo evento dannoso. Tra questi, in particolare, è stato individuato, così come peraltro ammesso dallo stesso convenuto nella propria comparsa di risposta, anche l'inidonea e contra legem installazione della caldaia, in un vano a rischio incendio. 
 La caldaia in questione, infatti, è stata installata dal S.L. all'interno di un vano risultato essere adibito a garage. 
 Tale opzione, ancorché frutto di scelte e decisioni pregresse della committente, ha trovato adesione da parte del convenuto, il quale, invece, in quanto operatore specializzato del settore, impiegando quel grado di diligenza qualificata da lui esigibile in relazione alla natura della prestazione commissionatagli, avrebbe dovuto, prudentemente e professionalmente, astenersi dal procedere all'installazione "sostitutiva" di una nuova caldaia, in un sito nel quale, l'eventuale dispersione di gas, avrebbe potuto dare origine ad eventi di estrema gravità e lesività. Il convenuto, perciò, ha disatteso specifiche regole tecniche prudenziali, ponendo così in essere una condotta connotata da evidenti profili di colpa, non solo generica, ma anche specifica. 
 Le circostanze che l'installazione nel sito suddetto fosse stata richiesta dalla committente e che il locale non sembrasse apparentemente adibito a garage non esonerano il convenuto da responsabilità, trattandosi, quest'ultimo, di operatore qualificato che avrebbe dovuto comunque uniformarsi alle regole del settore ed opporre rifiuto a contrarie direttive o richieste, verificando, debitamente ed agevolmente, l'idoneità o meno del locale in sede di preventivo sopralluogo. Dette circostanze, unitamente al concorso delle altre concause individuate dal C.T. del P.M., e al convenuto non necessariamente e non certamente imputabili, possono semmai attenuare il suo grado di colpa senza però eliderlo del tutto. Ulteriore fattore di attenuazione del giudizio di responsabilità sopra espresso, ed incidente semmai sul quantum debeatur, è il concorso di colpa della stessa vittima, la quale richiedendo ed esigendo l'installazione di una caldaia in un ambiente notoriamente non idoneo, ha a sua volta dato un rilevante contributo alla verificazione del fatto dannoso. Nella fattispecie in esame, tenuto conto degli elementi oggettivi in precedenza evidenziati e della loro diversa incidenza causale, il contributo di detto fattore causale concorrente può essere stimato nella misura del 40%.
 Pertanto, alla luce delle argomentazioni che precedono, l'odierno convenuto deve essere condannato al risarcimento dei danni patiti dagli attori nelle qualità sopra indicate, nella residua misura del 60%. Le superiori considerazioni assorbono ovviamente ogni ulteriore profilo di responsabilità. Passando alla determinazione del pregiudizio realmente sofferto dagli attori, deve rilevarsi come questi ultimi agiscano, in proprio, per il risarcimento del danno da perdita di rapporto "parentale". La vittima primaria, infatti, era loro affine (rispettivamente cognata e moglie dello zio paterno). 
Dalla documentazione allegata alla citazione ed alla memoria istruttoria di parte attrice, nonché dalle deposizioni rese dai testi indotti sul punto dagli attori, si ricavano inequivoci elementi comprovanti, nel loro complesso, un rapporto di affinità tra gli odierni istanti e la predetta de cuius, particolarmente intenso, continuo e duraturo nel tempo, la cui perdita costituisce un sicuro pregiudizio di natura non patrimoniale per gli attori.
Tale tipologia di danno non patrimoniale si ritiene che possa essere liquidato in via equitativa, utilizzando, in via analogica, le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano ed i parametri cd. "a forbice" ivi indicati, stante la sostanziale equiparabilità del rapporto di natura familiare dedotto in causa a quello intercorrente tra fratelli.
Orbene, tenuto conto della intensità di tale legame, culminato nella nomina ad erede di XX G., della prossimità del loro ambiente domestico e familiare, seppur privo di vera e propria convivenza, nonché tenuto conto dei fattori attenuativi del grado di colpa in precedenza evidenziati, appare equo e congruo determinare il danno in esame nella somma di Euro 30.000,00 per ciascun attore, da ridursi a Euro 18.000,00 ciascuno per effetto del ritenuto concorso di colpa della vittima primaria.
Trattandosi di danno non patrimoniale, liquidato all'attualità, e quindi già rivalutato, agli attori vanno riconosciuti, a titolo di risarcimento dell'ulteriore pregiudizio da ritardato pagamento, gli interessi al tasso medio del 2,5% dalla data intermedia del 09.4.2010 al 04.6.2013.
Per quel che concerne il danno patrimoniale, conseguente al decesso della vittima primaria, all'attore G. XX spetta il ristoro del danno da spese funerarie, pari a complessivi Euro 3.000,00, ridotti ad Euro 1.800,00 per il sopra riconosciuto concorso del fatto colposo del danneggiato. Trattandosi di danno patrimoniale non liquidato all'attualità, e costituente debito di valore, la somma da ultimo indicata, va rivalutata secondo gli indici ISTAT dalla data del suo pagamento a quella della presente decisione, ed inoltre sulla sorte capitale come sopra progressivamente rivalutata sono pure dovuti gli interessi legali maturati nel medesimo periodo.
Sulle somme come sopra complessivamente determinate sono poi dovuti gli interessi di legge dalla decisione al saldo.
Per quanto concerne la domanda attrice di risoluzione contrattuale, detta richiesta è fondata, atteso che in sede penale sono stati accertati, e peraltro in parte riconosciuti dallo stesso convenuto, plurimi vizi, difformità ed incompletezze, la cui non imputabilità non risulta giustificata e dimostrata, integranti un grave inadempimento legittimante lo scioglimento del vincolo negoziale, con conseguente obbligo per il convenuto di restituzione dell'acconto di Euro 1.000,00, la cui materiale dazione è stata confermata dai testi e neppure esclusa dal convenuto in sede di interrogatorio formale.
Pertanto, previa declaratoria di risoluzione del contratto dedotto in causa per grave inadempimento, il convenuto va condannato al pagamento in favore degli attori, pro quota, della somma di Euro 1.000,00, senza interessi e maggior danno in difetto di specifica domanda al riguardo.
Infine, per quel che concerne le spese di lite, in considerazione del concorso del fatto colposo della vittima primaria, si ritiene che, nella fattispecie in esame, ricorrano le condizioni per disporre la loro parziale compensazione in misura di un terzo, ponendo i restanti due terzi, come da dispositivo, a carico del convenuto.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: Dichiara la responsabilità concorrente di S.L. e di M. B. nella determinazione del fatto dannoso oggetto di causa, determinando nella misura del 60% il contributo causale da ascrivere al convenuto S.L.; condanna il convenuto al pagamento in favore degli attori, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, della somma di Euro 18.000,00 ciascuno, liquidata all'attualità, oltre interessi al tasso del 2,5% dal 09.4.2010 al 04.6.2013, nonché in favore di G. XX dell'ulteriore somma di Euro 1.800,00 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, rivalutata e maggiorata di interessi nei termini indicati in motivazione, oltre gli ulteriori interessi legali dalla decisione al saldo.
Dichiara la risoluzione, per grave inadempimento, del contratto per cui è causa, e per l'effetto condanna il convenuto al pagamento in favore degli attori, pro quota, per la causale di cui in premessa, della somma di Euro 1.000,00.
Dispone la parziale compensazione delle spese di lite nella misura di 1/3, e per l'effetto condanna il convenuto al rimborso in favore degli attori, in solido tra loro, dei restanti 2/3, liquidati, secondo i parametri di cui al D.M. n. 140 del 2012, in Euro 275,00 per spese, ed Euro 5.600,00 per compenso di Avvocato, oltre accessori se e come dovuti per legge. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale. Così deciso in Bologna, il 4 giugno 2013.""
I più sentiti complimenti all'Avv. Nadia Pironaci per il successo conseguito, certamente originato da un accurato studio della tematica risarcitoria.
Ricordo che l'Osservatorio per la Giustizia Civile del Tribunale di Milano sin dal dicembre 2004 ha dedicato un apposito capitolo alla liquidazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, da intendersi comprensivo anche della sofferenza morale subita dai congiunti del decuius.
I valori a forbice adottati con le Tabelle 2013, alle quali pone mano con lodevole continuità il Dott. Damiano Spera del Tribunale di Milano, sono i seguenti:
A) da € 163.080,00 ad € 326.150,00 per la morte di un figlio a favore di ciascun genitore, per la morte di un genitore a favore del figlio e per la morte del coniuge non separatoo o del convivente a favore del coniuge/convivente sopravissuto;
B) da € 23.600,00 ad € 141.620,00 per la morte di un fratello a favore del fratello e per la morte di un nipote a favore del nonno.
Potete usufruire del form sottostante per esprimere le Vostre considerazioni al riguardo, porre dei quesiti sulla complessa materia dell'affettività e dell'irreparabilità della perdita della comunione di vita e dell'integrità del concetto moderno e concreto di famiglia. Un concetto perfettamente rispondente alla realtà che magari non piacerà all'On.le e tuttora Ministro degli Interni (nonostante la crisi kazaka) Angelino Alfano, che minaccia di far cadere il Governo se mai si porrà mano al riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso. In alternativa, potete sempre partecipare al forum dei lettori che sta diventando sempre più avvincente.
Avv. Paolo M. Storani

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