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Data: 28/01/2014 18:00:00 - Autore: Sabrina Caporale “L'art. 269 c.c., nella vigente formulazione non pone alcuna limitazione in ordine ai mezzi con i quali può essere provata la paternità naturale e, così, consente che quella prova possa essere anche indiretta ed indiziaria, e possa essere raggiunta attraverso una serie di elementi presuntivi (…)”.
E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 1279 del 22 gennaio 2014, emessa all'esito di un procedimento vertente in materia di dichiarazione e prova della paternità naturale. Il ricorrente, erede legittimo di colui del quale si accertava lo status controverso, lamentava l'utilizzo -ai fini della prova della paternità - di elementi meramente indiziari e presuntivi. La Cassazione investita della vicenda, così concludeva. “Deve ribadirsi che l'art. 269 c.c., nella vigente formulazione non pone alcuna limitazione in ordine ai mezzi con i quali può essere provata la paternità naturale e, così, consente che quella prova possa essere anche indiretta ed indiziaria, e possa essere raggiunta attraverso una serie di elementi presuntivi che, valutati nel loro complesso e sulla base del canone dell'id quod plerumque accidit, risultino idonei, per la loro attendibilità e conlcudenza a fornire la dimostrazione completa e rigorosa della paternità. In particolare, nell'ambito di queste circostanze indiziarie sono utilizzabili come elementi di giudizio il tractatus e la fama (consistendo il primo nell'effettivo rapporto fra l'asserito genitore e la persona a cui favore si chiede la dichiarazione giudiziale di paternità, nel senso che il padre l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, all'educazione e all'istruzione, e la seconda nella manifestazione esterna di tale rapporto nelle relazioni sociali), essendo gli stessi indicativi d quel possesso di stato di figlio naturale, al quale già il testo dell'abrogato art. 270 c.c. attribuiva l'idoneità a dimostrare la paternità naturale (Cass., Sez. I, 5 agosto 1997, n. 7193; Cass. , aprile 2008, n. 10007)”. Di alcuna rilevanza, pertanto, i motivi di doglianza spiegati avverso la sentenza della Corte d'Appello; la quale al contrario, merita di essere confermata, perché “con motivazione adeguata, logicamente coerente ed immune da vizi giuridici, ha esaminato i diversi elementi acquisiti valutandoli singolarmente, in correlazione tra loro e nel contesto anche storico – sociale di rifermento; pervenendo alla corretta affermazione nell'ambito dell'indicata ampiezza dei mezzi di prova consentita dal richiamato art. 269, comma 2, c.c., del rapporto di filiazione per cui è processo”. |
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