|
Data: 28/01/2014 11:40:00 - Autore: Luana Tagliolini LUANA TAGLIOLINI - Attenzione a non gironzolare per le parti comuni dell'edificio, perché si rischia una condanna per evasione. La Cassazione ritorna su un argomento peculiare quello del risvolto penale che assume il comportamento di chi, essendo agli arresti domiciliari, passeggia in aree comuni, ad esempio, per il cortile, per le scale, oppure semplicemente varca l'uscio di casa. Chi gironzola per le parti comuni dell'edificio rischia una condanna per evasione ex art. 385 c.p. Tale articolo prevede che “chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade è punito con la reclusione da sei mesi ad un anno. ….. Le disposizioni precedenti si applicano anche all'imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se ne allontani, …..” Questa è la conclusione cui sono giunti i giudici di legittimità con la sentenza n. 47052/13. Nella fattispecie, l'imputato - che era stato afflitto dalla misura cautelare degli arresti domiciliari con divieto di allontanamento e di comunicazione con persone estranee al proprio nucleo familiare - era stato sorpreso nelle scale condominiali a parlare con un vicino. Comportamento sufficiente per essere condannato per evasione. Ed invero sostengono i giudici di legittimità “le aree condominiali in genere, ivi compresi androni del palazzo in cui è sita l'abitazione in cui è agli arresti il soggetto attivo, non possono essere considerate pertinenze dell'abitazione, non costituendo nè parte integrante nè pertinenza esclusiva di essa”. (Cass. 25 settembre 2013 n. 47052). In altre pronunce la Corte (Cfr sentenza n.30983/2007) aveva precisato che il reato di evasione sussiste per "ogni allontanamento abusivo ancorché limitato nello spazio e nel tempo”. Commette dunque reato di evasione, ogni detenuto che, trovandosi in questa condizione, "se ne allontani anche per breve tempo, recandosi in luogo diverso da quello stabilito per l'esecuzione della misura alternativa". Non si richiede, infatti, per l'integrazione del reato, un allontanamento definitivo o la mancanza dell'animus revertendi'" ma è necessario consentire "in pari tempo un agevole e pronto controllo all'autorità' di polizia sulla reperibilità degli imputati". |
|