Proviamo a fare due conti.
In questi giorni in cui imperversa, sul fronte forense, la polemica e si chiede la
sospensione del procedimento di approvazione del regolamento di
attuazione dell'art.21 commi 8 e 9 L. n.247/2012, emanato dal Comitato
dei Delegati della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense
nella seduta del 31 gennaio 2014, pubblico le aliquote aggiornate INPS
Gestione Separata per proporre un raffronto, in ordine al carico
contributivo imposto dai due enti. Premessa: anteriormente alla riforma forense
l'obbligo dell'iscrizione alla Cassa Forense era previsto esclusivamente
a carico dei professionisti con redditi al di sopra dei 10 mila euro.
A cura di Gabriella Filippone - Richiamo pertanto qui alcuni punti della lettera inviata in data odierna, su iniziativa degli Avvocati Mario Antonio Stoppa e Marco Pellegrino, al Ministro Giovannini, soggetto competente
all'approvazione del regolamento di attuazione ex art.21 commi 8-9 L.
247/2012, emanato dal Comitato dei Delegati il 31.01.2014 (per leggere il contenuto della missiva inviata al Ministro Giovannini vedi: nocassaforense.blogspot.it ).
Prima
dell'entrata in vigore del regolamento in esame, i contributi dovuti
dagli iscritti a regime ordinario per ogni anno di iscrizione alla Cassa
si distinguevano in contributo soggettivo (per il 2013 €.2.700,00),
integrativo (per il 2013 €.680,00) e di maternità (per il 2013
€.132,00); nel medesimo periodo le agevolazioni per i
professionisti a basso reddito prevedevano una contribuzione ridotta
comprensiva di due soli contributi, soggettivo e maternità, pari a circa
€ 1.500,00 per i primi cinque anni di iscrizione.
Con l'entrata in
vigore del nuovo regolamento le dette agevolazioni sono state
modificate; non si ravvisano però ipotesi di esenzione o proporzionalità
per i redditi molto bassi come invece da più parti si auspicava.
Difatti, secondo le nuove disposizioni, se confermate, il contributo
soggettivo minimo per i redditi superiori a €.10.300 è ridotto alla metà
(1/2) per i primi 6 anni di iscrizione alla Cassa, mentre per i
professionisti percettori di redditi professionali ai fini IRPEF
inferiori a € 10.300,00 è previsto:
a) la riduzione ad ¼ del solo
contributo minimo soggettivo limitatamente all'arco temporale relativo
ai primi otto anni di iscrizione alla Cassa; b) il pagamento integrale del contributo di maternità;
c) la conferma dell'esenzione dal pagamento del contributo integrativo
per i primi 5 anni di iscrizione all'Albo, con l'aggiunta della sua
riduzione nella misura del 50% per il successivo quadriennio ove la
primitiva iscrizione sia avvenuta entro il compimento del 35 anno di
età.
Vi è poi che coloro i quali, al di sotto dei €.10.300 euro di
fatturato, si avvarranno del periodo di contribuzione agevolata, avranno
riconosciuto un periodo di contribuzione di sei mesi in luogo
dell'intera annualità sia ai fini del riconoscimento del diritto a
pensione sia ai fini del calcolo della stessa.
L'avvocato neo iscritto e rientrante nel regime agevolato si troverà a
versare circa 850,00 i primi cinque anni e circa 1200 (salvo
aggiornamenti in peius) nei successivi sino all'ottavo anno, per poi
tornare a versare “quasi” integralmente il contributo ordinario (circa
€.3.700,00 attuali), come a ben sperare in una ripresa della economia e
un exploit dei redditi che neppure il più ottimista degli economisti
oggi intravede.
Nei fatti avverrà che un iscritto alla cassa dell'età di 30 anni dopo i
primi 8 anni di versamenti ridotti di circa € 850,00 l'anno e i restanti
27 anni con una contribuzione integrale di circa €.3.700,00 avrà
diritto a conseguire una pensione a 65 anni dell'importo mensile
verosimilmente pari alla pensione sociale, mentre per un professionista
iscrittosi a 35/40 anni, le aspettative pensionistiche sono chiaramente
peggiori!
La Cassa Forense dovrebbe fornire ad ogni iscritto le proiezioni
pensionistiche generate da questo ingiusto sistema previdenziale, senza
nascondersi dietro semplici slogan.
Costringere chi ha un reddito basso a farsi carico di un contributo
fisso seppur edulcorato al “minimo”, rappresenta una violazione
del principio di proporzionalità e progressività contributiva previsto
dall'art.53 Cost.; rappresenta un chiaro tentativo di determinare già oggi
ex lege una classe di avvocati che beneficerà di un contributo da
pensione sociale, ben al di sotto della soglia di povertà!
Ad oggi il legislatore continua a considerare
disoccupato chiunque percepisca un reddito inferiore a € 4.800,00 e non
si comprende come si possa obbligare un avvocato tecnicamente
disoccupato al pagamento di contributi in misura maggiore al reddito
dichiarato, pena la cancellazione dall'albo.
Detta cancellazione confligge altresì con i principi costituzionali
italiani ed europei che prevedono la libertà di iniziativa economica, la
libera concorrenza, senza alcuna discriminazione e l'accesso alla
professione previo superamento del solo esame di stato quale unico
presupposto per ottenere l'abilitazione.
Il regolamento scarica le conseguenze del calo del fatturato della
professione sulle fasce più deboli utilizzando l'escamotage della
contribuzione obbligatoria, pena la cancellazione dall'albo. Sarebbe
invece opportuno mantenere una soglia di esenzione per i
redditi bassi ed una imposizione contributiva fondata sul criterio della
proporzionalità al reddito prodotto. (vedi: No alla Cassa Forense Obbligatoria )
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