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Data: 12/02/2014 11:00:00 - Autore: Sabrina Caporale Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, ordinanza 19 novembre 2013 – 4 febbraio 2014, n. 2364.
"La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio". Tale misura protettiva si compone di un duplice accertamento rimesso al giudice del merito (Cass. 2006/13584; Cass. 2009/9628; Cass. 2010/4866; Cass. 2011/22332), il primo concernente la sussistenza di una infermità o di una menomazione fisica o psichica (requisito soggettivo) e il secondo riguardante l'incidenza di tali condizioni sulla capacità del soggetto di provvedere ai propri interessi (requisito oggettivo)”. Questo, quanto si legge nella recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, emessa in tema di amministrazione di sostegno. Con sentenza della Corte d'Appello dell'Aquila, veniva respinto il reclamo proposto ex art. 720 bis cpc, avverso il provvedimento del Tribunale di Sulmona, in funzione di giudice tutelare, con il quale era stata disposta l'amministrazione di sostegno in favore di un anziano signore e in cui veniva affidato l'incarico di amministrazione di sostegno ad un soggetto estraneo alla famiglia. “Il giudice di secondo grado, valutato il materiale probatorio assunto nel precedente grado di giudizio, rilevava che il suddetto, affetto da ipoacusia, da difficoltà nell'articolazione della parola e da sindrome parkinsoniana, era privo di qualsiasi autonomia, dipendendo per tutti gli incombenti quotidiani (acquisti, alimentazione, igiene personale) e amministrativi (ritiro della pensione, contatti con le banche e con gli uffici pubblici) dai propri familiari. Si precisava [peraltro] che tali patologie incidevano gravemente sulla capacità dello stesso soggetto di orientarsi nel tempo e nello spazio e di relazionarsi con persone estranee ai suoi parenti”. Tali i motivi, per cui i giudici dell'appello, ritennero di non poter accogliere “la richiesta dei reclamanti di revocare la misura protettiva dell'amministrazione di sostegno e che non potesse trovare accoglimento neanche quella di nominare amministratore di sostegno il figlio di quest'ultimo, a causa della violenta contrapposizione esistente tra i membri della famiglia, perdurata per tutto il tempo del giudizio e culminata in denunce penali”. Cosicché, giunti in Cassazione, il ricorso veniva rigettato. «Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, poiché si cerca di indurre questa Corte ad un sostanziale riesame del materiale probatorio raccolto nei precedenti giudizi, non consentito al giudice di legittimità, il quale ha la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito (ex multis Cass. nn. 23726 del 2009; 15693 del 2004; 2357 del 2004; 12467 del 2003; 16063 del 2003)». Peraltro, a ben vedere, «la Corte d'Appello, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, ha preso in considerazione la documentazione medico-sanitaria menzionata nel presente ricorso per cassazione, richiamandola espressamente nel provvedimento impugnato. (…) La decisione quindi non è stata assunta sulla sola base dell'accertata infermità fisica, ma sulla incidenza di questa ultima sull'idoneità del soggetto a gestire i propri interessi, tenuto conto della complessiva condizione psico-fisica del soggetto da assistere e di tutte le circostanze caratterizzanti la fattispecie». |
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