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Data: 15/02/2014 11:00:00 - Autore: Sabrina Caporale Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza 20 novembre 2013 – 28 gennaio 2014, n. 1762. “In forza del principio di unitarietà del danno non patrimoniale, è ormai acquisito che non è ammissibile nel nostro ordinamento l'autonoma categoria di "danno esistenziale", in quanto, ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell'art. 2059 c.c., con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una non consentita duplicazione risarcitoria; ove, invece, si intendesse includere nella categoria i pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, la stessa sarebbe illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili alla stregua del menzionato articolo”. Non nuova l'odierna pronuncia della Cassazione, che già in passato ha più volte ribadito il principio. Significativa, in particolare, la sentenza n. 26972 dell'11/11/2008, ove viene eliminato qualsiasi dubbio interpretativo ancora esistente, circa la risarcibilità del danno non patrimoniale e così anche di quello esistenziale. “Non è ammissibile – afferma la Cassazione - pensare ad un autonoma categoria di danno esistenziale. Laddove, infatti, esso sia causato da un fatto illecito lesivo di un diritto della persona costituzionalmente garantito , il danno esistenziale costituisce né più né meno che un ordinario danno non patrimoniale, risarcibile ex art. 2059 c.c”. Il danno non patrimoniale, più in generale, è risarcibile solo nelle ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso dalla legge nonché in quelle ipotesi in cui la risarcibilità del danno non patrimoniale, pur essendo espressamente previsto dalla legge, è ammessa sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito violato in modo grave un diritto alla persona direttamente tutelato dalla Costituzione. Nella stessa linea si muove la Cassazione con l'odierna sentenza. Ciò è vero a maggior ragione, aggiunge - laddove come nel caso di specie, un risarcimento al danno non patrimoniale alla persona sia già stato riconosciuto e, nella specie, “personalizzato” con una «ulteriore erogazione correlata alla particolare intensità della sofferenza e dell'incidenza psicologica del trauma su un ragazzino in età di sviluppo e privo dell'equilibrio della persona adulta».
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