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Data: 24/02/2014 09:00:00 - Autore: Emanuele Mascolo - Dott. Emanuele Mascolo - "La cessione del contratto di locazione di immobile destinato ad attività
di impresa, che avvenga con la cessione contestuale dell'azienda del
conduttore, non ha bisogno del consenso del locatore, ma deve essergli
comunicata con lettera raccomandata con avviso di ritorno (o con modalità
diverse, purché idonee a consentire la conoscenza della modificazione
soggettiva del rapporto). " E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 4067 del 20 febbraio 2014. Tutto ha avuto inizio con una opposizione all'esecuzione del precetto per il rilascio di un immobile adibito alla vendita. L'opponente dichiarava di essere subentrato nel contratto di locazione a causa della cessione di azienda. Il Tribunale, adito in primo grado, accoglieva l'opposizione e dichiarava il diritto dell'impresa opponente ad "ottenere previamente, rispetto all'esecuzione, la corresponsione
dell'indennità di avviamento, nella misura di euro 2.788,87." La Corte di Appello di Firenze, innanzi alla quale veniva proposto ricorso alla Sentenza di Primo grado, accogliendo il ricorso ha ritenuto, " che l'indennità di avviamento per la locazione di immobile ad uso
commerciale non fosse dovuta, non vi era stata "formale comunicazione della cessione
dell'azienda", ai sensi dell'art. 36 della legge n. 392 del 1978, né
risultava che il conduttore avesse "accettato detta cessione", non avendo
egli "alcun obbligo di approfondire la questione del titolo per il quale
l'appellata gli bonificava il canone locatizio"
(potendo ciò aver luogo per "un mero incarico di pagamento" o per
"accollo semplice")" giungendo alla conclusione secondo cui, " che la cessione di azienda non implicava, di per sé, la cessione del
contratto di locazione, con la conseguenza che il diritto all'indennità di
avviamento "non costituiva un credito aziendale disciplinato dall'art.
2559 c.c.." La vicenda finiva in Cassazione, che con Sentenza numero 4067 del 20 febbraio 2014, ha ricordato che esiste un orientamento consolidato in linea con quanto deciso dalla corte di appello secondo cui, "ai sensi dell'art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392,
la cessione del contratto di locazione di immobile destinato ad attività di
impresa, che avvenga con la cessione contestuale dell'azienda del conduttore,
non ha bisogno del consenso del locatore, ma deve essergli comunicata con
lettera raccomandata con avviso di ritorno (o con modalità diverse, purché
idonee a consentire la conoscenza della modificazione soggettiva del rapporto)." Ed infatti, tra le motivazioni della Suprema Corte di Cassazione che rigetta il ricorso, si legge: " tale comunicazione, se non costituisce requisito di validità della
cessione nel rapporto tra conduttore cedente e terzo cessionario, condiziona
tuttavia l'efficacia della cessione stessa nei confronti del contraente ceduto,
nel senso che essa non è opponibile al locatore sino a quando la comunicazione
non avvenga (e salva, comunque, la possibilità che il locatore vi si opponga
per gravi motivi nel termine di trenta giorni), sicché la conoscenza aliunde
della cessione da parte del locatore non rileva, a meno che egli, avendola
conosciuta, l'abbia accettata secondo la disciplina comune dettata dall'art.
1407 cod. civ. Indagine, questa, che involge un apprezzamento di fatto
riservato al giudice di merito, il quale è incensurabile in sede di
legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e sufficiente." L'articolo 36 della Legge n. 392 del 1978 prevede i casi di sublocazione e cessione del contratto di locazione e sul punto diverse sono le tesi giurisprudenziali venutesi a formare nel solco degli anni.Secondo un primo profilo. " la cessione della locazione costituisce un vero e proprio diritto, di cui è titolare il conduttore, e che a quest'ultimo, ed esclusivamente ad esso, compete il corrispondente obbligo di darne comunicazione al locatore." ( Cass. 12 giugno 1990 n. 5699). Altra tesi era quella che riteneva, invece, che" fino a quando non venga emessa, a fronte della opposizione del locatore, pronunzia di risoluzione della locazione per inadempimento, legittimato passivo rispetto a tutte le azioni concernenti l'esistenza o la durata del rapporto locativo deve considerarsi il cessionario della locazione e non il cedente ( Cass. 7 giugno 1996 n. 5305). La Sentenza della Cassazione numero 201 del 2002, sceglie la tesi " che assegna alla opposizione del locatore per gravi motivi, ai sensi dell'ari. 36 della legge n. 392 del 1978, l'effetto immediato di sospendere, nei confronti del contraente ceduto, l'efficacia della cessione della locazione sino a, quando non risulti definita, nella sede giudiziale, l'assenza dei dedotti gravi motivi, in presenza dei quali invece (quando essi siano stati accertati in giudizio ovvero siano stati riconosciuti sussistenti dal conduttore cedente) gli effetti della cessione non si saranno mai prodotti per lo stesso locatore." ( Cass. 09 gennaio 2002 n. 201) |
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