Data: 27/02/2014 16:20:00 - Autore: Avv. Nicola Traverso

Avv. Nicola Traverso


1. Fallimento e rapporti pendenti

Gli artt. 72-83 bis della Legge fallimentare dettano la disciplina degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti. Si tratta in particolare dei contratti conclusi dal fallito prima della dichiarazione di fallimento, che risultino - al momento dell'apertura della procedura - non ancora eseguiti, totalmente o parzialmente, da entrambe le parti (art. 72, co. 1, l. fall.).

Prima della riforma del 2006-2007, la disciplina fallimentare dei contratti pendenti era articolata nella individuazione di una serie di contratti per ciascuno dei quali era previsto un diverso trattamento (sospensione, scioglimento o continuazione). Il legislatore della riforma ha voluto risolvere il problema, dettando una regola generale, che è quella della sospensione del rapporto pendente con facoltà di subentro o meno da parte del curatore, ferma restando la sussistenza di una disciplina speciale per singole figure contrattuali. Le altre due possibili soluzioni, quella della continuazione del contratto e quella dello scioglimento automatico, costituiscono delle eccezioni a quella regola generale e valgono solo per i contratti esplicitamente indicati.

La decisione del subentro (basata su una valutazione di opportunità economica, coerente con il rispetto delle ragioni di tutela del ceto creditorio e di protezione del patrimonio cristallizzato) viene presa dal curatore con l'autorizzazione del comitato dei creditori (art. 72, co. 1, l. fall.); dall'altro lato, il terzo contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a 60 giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto (art. 72, co. 2)[1].

In caso di scioglimento del contratto il terzo ha diritto ad insinuarsi al passivo per l'eventuale credito, ma non anche al risarcimento del danno (art. 72, co. 4). Questa disciplina è inderogabile, infatti sono dichiarate inefficaci eventuali clausole inserite nei contratti che facciano dipendere la risoluzione contrattuale dal fallimento (art. 72, co. 6). Va altresì sottolineato che in caso di subentro - pur nel silenzio della legge - le obbligazioni contrattuali dovranno essere integralmente eseguite anche da parte del curatore, che subentra nella medesima posizione del fallito.

Oltre che quale regola generale ex art. 72, co. 1, l. fall., la sospensione del contratto con facoltà di subentro del curatore è altresì prevista specificamente per alcuni contratti[2]. In alternativa, è previsto lo scioglimento automatico del contratto in una serie di ipotesi, nelle quali la procedura fallimentare è incompatibile con la sopravvivenza del contratto medesimo[3]. In un'ultima serie di casi il legislatore ha ritenuto compatibile la continuazione del contratto con la procedura fallimentare, prevedendo peraltro (ma non sempre) il diritto di recesso[4]. Va infine ricordato che nel caso (peraltro non frequente) di esercizio provvisorio dell'impresa in corso di fallimento, si applica una regola diversa da quelle sopra individuate, finalizzata alla continuazione dell'attività e valevole per tutti i contratti pendenti: “durante l'esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l'esecuzione o scioglierli” (art. 104, co. 7, l. fall.).


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2. Concordato preventivo e contratti in corso di esecuzione

Le riforme intervenute negli ultimi anni hanno profondamente innovato il concordato preventivo, accentuandone la natura privatistica e l'apertura all'autonomia negoziale delle parti: infatti, la proposta di concordato è oggi modulabile in un'ampia gamma di opzioni patrimoniali (trasferimento di beni e assets ai creditori o a terzi assuntori) e finanziarie (mera ristrutturazione dei debiti, costituzione di società, altre operazioni straordinarie). Fino al 2012 l'assenza di una specifica disciplina dei rapporti giuridici preesistenti nel concordato preventivo (sul presupposto dell'assenza nell'art. 169 l. fall. del richiamo all'art. 72 l. fall., nonché della diversa finalità generale del concordato, mirante alla valorizzazione dell'esercizio d'impresa e alla prosecuzione dell'attività) aveva indotto a ritenere che le regole viste sopra per il fallimento non fossero applicabili al concordato, per il quale valevano invece le regole di diritto comune, nell'ottica di una regolare prosecuzione dei rapporti negoziali.

Il D.L. 83/2012 ha infine introdotto nella legge fallimentare l'art. 169-bis, che disciplina i contratti in corso di esecuzione nell'ambito del concordato preventivo (assieme all'art. 186-bis commi 3-4-5 e all'art. 182-quinquies, comma 4 l.fall. per l'ipotesi di concordato con continuità aziendale). È consentito oggi al debitore, col ricorso introduttivo, di chiedere al Tribunale (o, dopo il decreto di ammissione, al Giudice Delegato) di essere autorizzato a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data di presentazione del ricorso. Sempre su richiesta del debitore, può essere autorizzata anche la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.

Sussiste un sostanziale accordo in dottrina e in giurisprudenza circa il contenuto della categoria “contratti in corso di esecuzione” di cui all'art. 169-bis l.fall., che ricomprende tutti i rapporti pendenti alla data di presentazione del ricorso (anche in caso di concordato con riserva), già perfezionati, ma non ancora compiutamente eseguiti né dall'uno né dall'altro contraente, non diversamente da quanto già previsto in tema di fallimento dall'art. 72 l.fall., che parla di “rapporti pendenti” alla data di dichiarazione di fallimento[5].

Al contrario, in presenza di un contratto compiutamente eseguito da una delle parti, non vi sarebbe un contratto pendente, bensì soltanto un credito ad una prestazione vantato da una parte contrattuale verso l'altra (nel caso di adempimento da parte del contraente in bonis, nasce un credito concorsuale per la controprestazione dovutagli; all'opposto, nel caso di adempimento del contraente fallito/concordatario, nasce un credito di quest'ultimo, da soddisfarsi per l'intero).

Il legislatore ha dunque adottato una soluzione di compromesso. Pur prevedendo come regola generale la prosecuzione dei contratti pendenti, è stato concesso al debitore di sciogliersi da contratti eccessivamente penalizzanti, che potrebbero ostacolare la ristrutturazione aziendale: ogni qual volta il debitore, per rispettare l'impegno negoziale precedentemente assunto, fosse costretto a esporsi a costi maggiori rispetto ai benefici, potrà chiedere di essere autorizzato allo scioglimento del contratto in corso di esecuzione ovvero a sospenderne provvisoriamente l'esecuzione.

Quanto ai creditori in bonis, a fronte dello scioglimento o della sospensione dei contratti, essi hanno diritto a un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento, che sarà soddisfatto come credito anteriore al concordato (quindi in “moneta concorsuale”). Conseguentemente, e da altro punto di vista, i creditori concorsuali non dovranno sopportare i costi prededucibili derivanti dalla prosecuzione del contratto o dal suo inadempimento in corso di procedura.

Il legislatore ha inoltre previsto una serie di contratti, per i quali non trovano applicazione le summenzionate norme (art. 169-bis, co. 4 l.fall.): rapporti di lavoro subordinato, contratti preliminari di compravendita trascritti, contratti di finanziamento destinati a uno specifico affare, contratti di locazione immobiliare.

Infine, la riforma del 2012 ha introdotto una specifica disciplina  per il caso di concordato con continuità aziendale. Il nuovo art. 186-bis, co. 2, l.fall. dispone che – fermo restando quanto previsto dal summenzionato art. 169-bis – i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura di concordato, sanzionando con l'inefficacia eventuali patti contrari.

Va evidenziato però che la regola già prevista per il fallimento dall'art. 72, co. 6 è stata estesa al concordato preventivo solo per l'ipotesi del concordato con continuità aziendale di cui all'art. 186-bis, co. 3: pertanto, se da un lato l'imprenditore in concordato con continuità può liberamente valutare l'opportunità di sciogliersi dai contratti e può sospenderne gli effetti, dall'altro lato il terzo contraente non può liberamente sciogliersi dai contratti in corso per effetto dell'apertura della procedura concorsuale, ed eventuali clausole contrattuali contrarie sono inefficaci. Pare condivisibile l'opinione secondo cui tali effetti non sono limitati alla risoluzione del contratto in senso stretto, ma vanno estesi anche alle clausole che consentono il recesso del contraente in bonis: altrimenti, lo scopo della legge sarebbe frustrato[6].


3. I contratti pendenti nel concordato preventivo con riserva

Come noto, l'art. 161, co. 6 l.fall. ha introdotto la possibilità per il debitore di depositare il ricorso, contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci degli ultimi tre esercizi, con riserva di presentare la proposta, il piano e la documentazione necessaria entro un termine fissato dal giudice (da 60 a 120 giorni, prorogabile per altri 60); con possibilità di deposito nello stesso termine, in alternativa e con la conservazione degli effetti del ricorso fino all'omologazione, di una domanda ai sensi dell'art. 182-bis, co. 1 (accordo di ristrutturazione dei debiti).

Dottrina e giurisprudenza si sono chieste se la nuova disciplina dei rapporti pendenti di cui all'art. 169-bis l.fall. sia applicabile anche alla domanda di concordato con riserva[7]. Secondo una prima lettura, la delicatezza dell'autorizzazione allo scioglimento, nonchè l'indubbia irreversibilità dei suoi effetti, dovrebbero condurre a posizioni sostanzialmente negative, con limitate aperture alla sola richiesta di sospensione dei contratti pendenti, maggiormente compatibile con una fase in cui molto poco si conosce sulla situazione del debitore[8]. Altra lettura della disposizione non ne ha escluso pregiudizialmente l'applicabilità al preconcordato, purchè sia delineato almeno il tipo di concordato in via di presentazione e rappresentata l'incidenza del contratto in corso sulla gestione dell'impresa[9].

Tuttavia, pare ineludibile il dato letterale dell'art. 169-bis, che fa riferimento in generale al “ricorso di cui all'art. 161”, senza possibilità di escludere il ricorso ai sensi del comma 6 del medesimo art. 161 (concordato con riserva)[10]. Ciononostante, le suddette obiezioni paiono meritevoli e fondate nella sostanza, conseguentemente sarà necessario che il debitore che intenda chiedere l'autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dei contratti pendenti offra adeguate informazioni al Tribunale[11]: va infatti negata la possibilità di concedere un'autorizzazione (soprattutto allo scioglimento) “al buio”.

Come si è già accennato, l'art. 186-bis, co. 3 l.fall. (in tema di concordato preventivo con continuità aziendale) dispone l'inefficacia delle clausole che prevedano la risoluzione dei contratti pendenti per effetto della domanda di concordato: non sussistendo particolari ostacoli interpretativi o sostanziali all'applicabilità del concordato preventivo “con riserva” anche all'ipotesi del concordato con continuità, si propende per l'estensione dell'inefficacia delle clausole risolutive espresse anche al primo, nonostante tale sanzione sia prevista espressamente solo per il secondo[12].

Inoltre, si sottolinea che l'applicabilità della suesposta regola dell'inefficacia anche ai concordati preventivi senza continuità è oggetto di dibattito in dottrina e non si rinvengono orientamenti consolidati nella giurisprudenza di merito: da un lato (per sostenerne l'applicabilità) si valorizza la chiara collocazione del baricentro dei rapporti pendenti in capo al debitore in procedura (così come accade simmetricamente per il curatore nell'ambito del fallimento)[13]; dall'altro lato, al contrario, si evidenzia la natura eccezionale della norma rispetto alla generale applicazione delle clausole contrattuali comportanti la risoluzione contrattuale in caso di ammissione di uno dei contraenti al concordato preventivo[14].

Sempre a questo proposito, si evidenzia infine che, mentre il dato letterale sembrerebbe prima facie deporre per l'inapplicabilità al concordato preventivo senza continuità aziendale dell'inefficacia delle clausole risolutive espresse (la regola è infatti inserita nel comma 3 dell'art. 186-bis, espressamente dedicato ai concordati con continuità aziendale), d'altra parte tale espressa sanzione di inefficacia potrebbe risultare superflua (e quindi valere per tutti i tipi di concordato preventivo, con o senza continuità), in considerazione del generale impianto normativo stabilito dall'art. 169-bis (fatto salvo dal primo comma dell'art. 186-bis), che – richiamando senza distinzioni tutto l'art. 161 – si basa sul presupposto della generale prosecuzione dei rapporti pendenti, prevedendo come ipotesi eccezionali la sospensione e lo scioglimento[15].

Avv. Nicola Traverso

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[1] Sono comunque sottratti alla facoltà di scelta del curatore: i contratti con effetti reali, ove la prestazione sia stata eseguita (art. 72, co. 1); quelli per i quali sia stata avviata prima del fallimento azione di risoluzione, regolarmente trascritta ove previsto (art. 72, co. 5); i preliminari di immobili trascritti ad uso abitativo o imprenditoriale (art. 72, co. 8).

[2] Preliminari di compravendita immobiliare (art. 72, co. 7); leasing con fallimento dell'utilizzatore (art. 72 quater, co. 1); vendita con riserva di proprietà in caso di fallimento del compratore (art. 73); contratti ad esecuzione continuata o periodica (art. 74); mandato in caso di fallimento del mandante (art. 78, co. 3).

[3] Ad esempio per via dell'intuitus personae (particolare rilevanza della qualità del soggetto contraente): contratti di borsa a termine (art. 76); associazione in partecipazione (art. 77); conto corrente, anche bancario, e commissione (art. 78, co. 1); mandato, in caso di fallimento del mandatario (art. 78, co. 2). Una disciplina particolare è inoltre prevista per l'appalto (art. 81) e per i contratti relativi ad immobili da costruire.

[4] Preliminare di vendita di immobile ad uso abitativo o imprenditoriale (art. 72, co. 8); leasing in caso di fallimento del concedente (art. 72 quater, co. 4); affitto di azienda (art. 79); locazione di immobili (art. 80); assicurazione (art. 82); edizione (art. 83).

[5] LAMANNA F., La nozione di “contratti pendenti” nel concordato preventivo, Il Fallimentarista, 7/11/2013; CENSONI P.F., La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, Crisi D'Impresa e Fallimento, 11/3/2013, pp. 1-5; BOZZA G., I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, Il Fallimento 9/2013, pp. 1123-1124. Nella giurisprudenza di merito, tra le tante si cita Trib. Vicenza, 25/6/2013, da www.ilcaso.it.

Pongono alcuni fondati interrogativi riguardo al carattere più ampio della categoria “contratti in corso di esecuzione” rispetto a “contratti pendenti” CANEPA F., I contratti pendenti nel “nuovo” concordato preventivo e il trattamento dei debiti per i leasing, Italia oggi, 4/10/2012, p. 4; e FABIANI M., Per una lettura costruttiva della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo, Crisi d'Impresa e Fallimento, 11/3/2013, 5-7. Nella giurisprudenza di merito, si segnala la recente pronuncia di Appello Genova, 10/2/2014, che evidenzia la maggiore ampiezza della categoria di cui all'art. 169-bis, comprensiva anche dei contratti nei quali una parte abbia già eseguito la propria prestazione.

[6] ARATO M., Speciale Decreto Sviluppo. Il concordato con continuità aziendale, Il Fallimentarista, 3/8/2012, p. 8; CANEPA F., I contratti pendenti, cit., p. 6.

[7] Per una chiara ricostruzione degli orientamenti a riguardo, si rinvia a PATTI A., Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato tra prosecuzione e scioglimento, Il Fallimento, 3/2013, pp. 271-273. Si veda anche BOZZA G., I contratti in corso di esecuzione, cit., pp. 1129-133, e il ricco apparato di note: l'Autore, pur constatando il maggioritario orientamento della giurisprudenza a favore dell'applicabilità dell'art. 169-bis l.fall. al concordato con riserva, esprime un'articolata serie di dubbi su tale approdo interpretativo.

[8] Trib. Pistoia, 30/10/2012; Trib. Vicenza, 25/6/2013, Trib. Monza 16/1/2013, da www.ilcaso.it. Si rinviene anche un isolato pronunciamento di Trib. Verona, 31/10/2012, che nega tout court l'applicabilità della facoltà di sospensione/scioglimento al preconcordato.

[9] Trib. Mantova, 27/9/2012; Trib. Bologna, 26/4/2013; Trib. Piacenza, 5/4/2013, Trib. Roma, 20/2/2013, Trib. Udine, 25/9/2013, da www.ilcaso.it.

[10] Appello Genova, 10/2/2014; Appello Venezia, 20/11/2013; Trib. Genova, 4/11/2013; Trib. Modena, 30/11/2012, da www.ilcaso.it

[11] In questo senso anche PATTI A., Rapporti pendenti nel concordato preventivo, cit., e CENSONI P.F., La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti, cit., p. 10-16. 

[12] Correttamente PATTI A., Rapporti pendenti nel concordato preventivo, cit., p. 272-273, rileva il doppio rinvio contenuto nell'art. 186-bis, co. 3 all'art. 169-bis, e da questo all'intero art. 161, che al sesto comma prevede in concordato preventivo con riserva.

[13] Così PATTI A., Rapporti pendenti nel concordato preventivo, cit., p. 273.

[14] Così NARDECCHIA G.B., Art. 169 bis, in LO CASCIO G., Codice Commentato del fallimento, II ed., Milano, 2013.

[15] In questo senso CENSONI P.F., La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti, cit., pp. 12.


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