|
Data: 28/02/2014 13:20:00 - Autore: Sabrina Caporale
Corte di Cassazione, Sezione II Civile,
sentenza 7 novembre 2013 – 21 febbraio 2014, n. 4196.
«Osserva il
Collegio che tipicamente intesa, la quietanza è il documento cui si riferisce
l'art. 1199 c.c.: sotto la rubrica "diritto del debitore alla
quietanza", esso obbliga "il creditore che riceve il pagamento"
a "rilasciare quietanza", su richiesta e a spese del debitore. In
disparte la quietanza "con imputazione", tipizzata dall'art. 1195
c.c., per cui si distinguono figure di quietanza variamente atipiche, (…)"liberatoria"
o "a saldo", ove, alla dichiarazione di ricevuto pagamento, il
creditore aggiunge una dichiarazione di liberazione del debitore, una
dichiarazione di avvenuto saldo, [quietanza] "a stralcio",
"nulla più a pretendere", e simili; quietanza "anticipata",
ove la dichiarazione di ricevuto pagamento è sottoposta all'implicita
condizione che il pagamento stesso avvenga in un determinato futuro, nella
presupposizione dell'evento, comune alle parti del rapporto obbligatorio;
quietanza "di favore" o "di comodo", ove la dichiarazione
di ricevuto pagamento, scientemente non veridica, è frutto di un accordo volto
a creare un'apparenza di solutio (ad esempio, per consentire al debitore di
vantare solvibilità presso terzi od esercitare il regresso verso un
coobbligato)».
«La
pluralità di significati che può assumere il termine "quietanza" e la
riferibilità del concetto a fattispecie di diversa natura giuridica
costituiscono oggetto di diatriba quanto al regime di impugnazione e di prova.
La Corte di legittimità ha aperto un ventaglio di soluzioni per una casistica
eterogenea, che annovera, oltre alla quietanza tipica, fattispecie nelle quali
la purezza della dichiarazione di scienza viene sacrificata in nome di finalità
ulteriori. (… ) Per la quietanza tipica, tuttavia, la definizione
confessoria è indiscussa, per cui il creditore che, rilasciando quietanza al
debitore, ammette il fatto del ricevuto pagamento rende confessione
stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria, ai sensi degli artt.
2733 e 2735 c.c., e non può impugnare l'atto se non provando, a norma dell'art.
2732 c.c., che esso è stato determinato da errore di fatto o da violenza; non
gli è sufficiente, quindi, provare l'elemento oggettivo della non veridicità
della dichiarazione di ricevuto pagamento, ma occorre che egli provi, altresì,
l'elemento soggettivo dello stato di errore o di coartazione che lo determinò
al rilascio (Cass. 7 dicembre 2005 n. 26970).
Nella quietanza "a saldo", la dichiarazione liberatoria, se
intesa come ricognizione negativa di debito, implica relevatio ab onere
probandi, ai sensi dell'art. 1988 c.c., ovvero, se intesa come rinuncia o
transazione, attiva la corrispondente disciplina negoziale. Circa la
simulazione della quietanza, resta da chiarire che nel rapporto interno tra
creditore quietanzante e debitore favorito, l'ammissione della prova
documentale e l'esclusione della prova testimoniale - l'applicazione, quindi,
degli artt. 1417, 2722 e 2726 c.c., anziché dell'art. 2732 c.c., di cui alla
pronuncia delle Sezioni Unite (sent. 13 maggio 2002, n. 6877) - risponde alla
logica del c.d. conflitto di prove, non essendovi motivo di estendere alla
collisione tra scrittura e scrittura la regola che previene la collisione tra
scrittura e testimonianza».
|
|