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Data: 03/03/2014 10:30:00 - Autore: Raffaella Diviccaro L'art 1337 c.c. stabilisce che “le parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto devono comportarsi secondo buona fede” mentre l'art 1338 c.c. prevede che “la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per aver confidato, senza sua colpa nella validità del contratto”. Gli interpreti sono concordi nell'assegnare alla buona fede di cui all'art 1337 c.c. il significato di buona fede in senso oggettivo. Si è affermata, in dottrina, la tesi che qualunque comportamento sleale, tenuto nella fase precedente alla conclusione del contratto, possa essere fonte di responsabilità precontrattuale. Un primo obbligo comportamentale è previsto direttamente dalla legge all'art 1338 del codice civile il quale impone alla parte che, in fase precontrattuale, conosce o dovrebbe conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, di risarcire il danno patito dall'altra parte per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto. La norma ha l'obiettivo di salvaguardare la libertà dei soggetti che sono in procinto di concludere un contratto, evitando la circostanza che le parti siano coinvolte nella stipulazione di un contratto invalido. Secondo l'interpretazione prevalente l'art 1338 c.c. va applicato a tutti i casi in cui il contratto stipulato difetti di un requisito di efficacia o sia addirittura considerato inesistente. Da un punto di vista soggettivo la parte è tenuta al risarcimento se sussistono gli estremi del dolo, cioè sia consapevole del difetto del contratto che si accinge a stipulare o, della colpa, cioè sia stata negligente perché utilizzando l'ordinaria diligenza avrebbe potuto conoscere la causa di invalidità. Lo spazio precontrattuale viene meno una volta che effettivamente si realizzi l'incontro di volontà, che si esprimerà nella stipula del negozio ed è indubbio che tale spazio, individua un ambito che qualifica un tipo specifico di responsabilità, diversa da ogni altra: probabilmente non qualificabile come contrattuale, per l'inesistenza di un'obbligazione inadempiuta, ma tuttavia nemmeno riconducibile tout court in quella extracontrattuale, alla luce della stessa incertezza della natura della posizione soggettiva lesa di carattere assoluto, ma comunque collegata a relazioni intersoggettive ed interpersonali di probabili futuri contraenti. Le situazioni soggettive dei futuri contraenti possono essere lese con condotte che assumono in alcuni contesti anche rilievo penale (reato di truffa), per cui non vi è solo la violazione di obblighi ma anche di “doveri” vincolanti per tutti e imposti anche nell'interesse pubblico. Da ciò discende il non facile inquadramento di siffatta responsabilità nella tradizionale bipartizione contrattuale/extracontrattuale e la ricerca di categorie intermedie in cui poter inquadrare queste condotte, sempre più spesso poste in essere nelle relazioni tra i soggetti dell'ordinamento. In uno stato democratico come il nostro, la libertà contrattuale delle future parti è sempre tutelata, ma le regole di correttezza che disciplinano i comportamenti secondo buona fede, vanno osservate sin dalla fase antecedente alla conclusione del vincolo contrattuale e persino in quella dei primi contatti necessari a chiarire il rapporto che i soggetti intendono costituire (si pensi in questo contesto alla problematica scaturita dalla pubblicità ingannevole sempre più utilizzata). Se l'ordinamento giuridico è qualcosa che “non è ma si fa”, in accordo con l'ambiente sociale storicamente condizionato, proprio per opera assidua di interpretazione, gli interpreti hanno il compito di esaminare il contenuto della norma, come elaborata nel contesto storico e di individuare il senso ed il contenuto delle disposizioni, dettate con gli art 1337 e 1338 c.c. nel contesto giuridico ma anche socio-economico attuale in cui l'incremento dei mezzi di comunicazione comporta l'aumento esponenziale dei contatti tra i consociati, così come tra utenti-consumatori ed operatori del mercato in grado di offrire beni e servizi, e di rischi per i cittadini più deboli o più esposti alla manipolazione e all'inganno di figure dominanti (vuoi perché economicamente più forti, vuoi perché soggetti pubblici). L'evoluzione interpretativa esprime, nel diritto vivente, i principi per cui “ il rapporto tra la legge e la sua interpretazione non è quello che corre tra una realtà e il suo specchio, ma quello che corre tra il seme e la pianta e perciò la legge vive solo con la sua interpretazione e applicazione che d'altra parte non è affatto mera sua dichiarazione, ma creazione di diritto, tuttavia caratterizzata dalla sua continuità col dato dal quale prende le mosse”. La teoria dell'interpretazione ha appunto il compito di renderci coscienti di come il diritto realmente si sviluppi nella sua interpretazione pur conservando un elemento di continuità col dato dal quale prende le mosse. |
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