Data: 01/03/2014 08:50:00 - Autore: L.S.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4723 del 27 febbraio 2014, ha affermato che "in tema di licenziamento, è irrilevante, ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso, e, quindi, della sussistenza della giusta causa di licenziamento, l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale a carico del datore di lavoro, mentre ciò che rileva è la idoneità della condotta tenuta dal lavoratore a porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento della prestazione lavorativa, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del lavoratore rispetto agli obblighi assunti" Nel caso di specie la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di una lavoratrice, dipendente di un'Associazione di servizi psico-pedagogici, da ultimo con la qualifica di "tecnico della riabilitazione", licenziata per giusta causa integrata da comportamenti di sviamento della clientela consistiti nel favorire altro centro.

In particolare dall'accertamento compiuto dal Tribunale - il quale aveva valorizzato in particolare la deposizione testimoniale di una teste, che era risultata circostanziata, resa con dovizia di particolari, precisa nella descrizione dei fatti ed ampiamente riscontrata dagli altri testimoni ed informatori - era risultato che la lavoratrice aveva sviato la clientela, con riferimento in particolare a tre minori, favorendo un altro centro. Tale struttura ad avviso della Corte era effettivamente in concorrenza con il centro presso cui era dipendente la lavoratrice in quanto operava nel medesimo territorio, era dedito all'assistenza ai bambini ed ivi venivano svolti anche trattamenti da una logopedista che era anch'ella dipendente di del centro. La presenza della lavoratrice nel centro, inoltre, era stata connotata dalla partecipazione all'attività del centro, di proprietà della sorella, concretatasi in accompagnamento dei bambini e partecipazione ai corsi. Tali fatti erano idonei ad avviso della Corte a giustificare il licenziamento, in quanto ponevano le premesse per uno sviamento della clientela, ulteriore ai tre casi già verificatisi, considerato anche che la posizione della lavoratrice, a contatto con la clientela, nonché la contemporanea operatività dell'altra struttura, potevano far presumere la protrazione della condotta.

La motivazione della Corte d'appello - secondo i giudici di legittimità - è congrua in relazione a tutti gli aspetti che rilevano nella valutazione, avendo avuto riguardo alle concrete modalità dei fatti, allo sviamento di clientela in concreto arrecato, alla reiterazione e persistenza nel tempo dello stesso, alla natura delle mansioni ed al permanere della situazione di fatto che aveva determinato la condotta pregressa, che rendevano fondato il timore di reiterazione della stessa. Quanto all'assenza di danno, si tratta di un elemento che correttamente la Corte d'Appello ha ritenuto non essenziale per la valutazione della gravità della condotta.


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