Data: 06/03/2014 11:00:00 - Autore: L.S.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4916 del 3 marzo 2014, ha ricordato che "il lavoratore che lamenti la violazione, da parte del datore di lavoro, dell'obbligo di osservare, nell'espletamento di una procedura concorsuale per la promozione ad una qualifica superiore, criteri di correttezza e buona fede in ordine allo svolgimento delle procedure e al rispetto della "par condicio" fra gli aspiranti (e, in particolare, il principio di obiettività e trasparenza, da cui deriva la necessità di motivare la scelta di un candidato piuttosto che un altro), chiedendo il risarcimento dei danni derivantigli dalla perdita della possibilità di conseguire la promozione (perdita di "chance"), ha l'onere di provare anche gli elementi atti a dimostrare, pur se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, la possibilità che egli avrebbe avuto di conseguire la promozione, non avendo diversamente nessun interesse processuale ad una dichiarazione di illegittimità di una procedura concorsuale alla quale sia indifferente".  

Nel caso in esame - si legge nella sentenza - la declaratoria di illegittimità consegue alla mancata indicazione degli elementi atti alla valutazione richiesta, elementi che il ricorrente avrebbe dovuto richiamare come già dedotti ed allegati nelle fasi del merito. Peraltro, non si indicano neanche i criteri di valutazione stabiliti dal bando di concorso, né quest'ultimo risulta depositato o indicato come prodotto tra i documenti allegati alla produzione di parte del giudizio di merito, pur costituendo la lex specialis sulla cui base dovevano essere vagliati i titoli che avrebbero giustificato, ove messi in relazione con quelli del collega, una maggiore probabilità di conseguire la promozione di quella ritenuta dal giudice del merito. 

Con riguardo, poi, al dedotto danno esistenziale - affermano i giudici di legittimità - la sentenza della Corte Territoriale, è in linea con quanto reiteratamente sancito dalla Corte di legittimità che ritiene "conglobata tale voce di danno nell'omnicomprensivo danno biologico, pena la duplicazione illegittima di poste di danno sostanzialmente corrispondenti. Ed invero, il danno biologico ha natura non patrimoniale, e dal momento che il danno non patrimoniale ha natura unitaria, è corretto l'operato del giudice di merito che liquidi il risarcimento del danno biologico in una somma omnicomprensiva, posto che le varie voci di danno non patrimoniale elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) non costituiscono pregiudizi autonomamente risarcibili, ma possono venire in considerazione solo in sede di adeguamento del risarcimento al caso specifico, e sempre che il danneggiato abbia allegato e dimostrato che il danno biologico o morale presenti aspetti molteplici e riflessi ulteriori rispetto a quelli tipici".


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