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Data: 02/04/2014 11:00:00 - Autore: Laura Tirloni
Di Laura Tirloni - Psicologa Clinica tirloni.laura@hsr.it La
persuasione, si sa, è un'arte e in quanto tale può affinarsi
col tempo e con l'esperienza, per esercitare un'influenza rilevante sul
pubblico. Può capitare, tuttavia, che nonostante si articoli con
ineccepibile accuratezza il discorso, il nostro tentativo di
persuadere chi ci ascolta fallisca miseramente. In quei casi possiamo interrogarci sulla ragione, vista l'inattaccabilità degli
argomenti, l'impeccabilità della forma e l'ottimo confezionamento
del prodotto finale. E se la colpa risiedesse proprio nella mancanza di passione? Se così
fosse, come potrebbe il pubblico coinvolgersi se i primi a non essere
trascinati emotivamente siamo proprio noi? A conferma di ciò sta il
fatto che di solito risulta piuttosto complicato persuadere gli altri rispetto
a qualcosa che non appassiona realmente anche noi. Ma come possiamo
rendere la nostra comunicazione più coinvolgente per chi ci ascolta
e per noi stessi?
I ricercatori si sono
messi all'opera per approfondire l'argomento. In uno studio di
Scherer e Sagarin (2006) si è voluto verificare in che misura la
presenza di imprecazioni in un discorso potesse contribuire a
cambiare gli atteggiamenti del pubblico. In altre parole, i
ricercatori hanno voluto verificare se una modalità non
convenzionale di persuadere attraverso l'intensità del discorso
potesse essere quella di utilizzare una giusta dose di “parole forti” o se
questa, al contrario, non rischiasse di intaccare la credibilità del
persuasore. Venne pertanto
arruolato un gruppo di 88 studenti di psicologia del Midwest,
suddivisi in tre gruppi, per assistere a tre discorsi, in uno dei
quali era presente una piccola imprecazione all'inizio della frase:
'…ridurre le tasse
scolastiche non è solo una buona idea, maledizione!
E' anche la più ragionevole per tutte le parti coinvolte'. Nel
secondo discorso, la parola “maledizione” era collocata alla
fine, mentre nel terzo non vi era alcuna imprecazione. Misurati gli
atteggiamenti degli studenti si evidenziò, come i ricercatori
avevano ipotizzato, che i soggetti erano stati più influenzati dai
due discorsi contenenti un'imprecazione, rispetto a quello che non ne
conteneva affatto. L'imprecazione,
inoltre, non aveva influenzato negativamente il pubblico, bensì
aumentato l'enfasi del discorso, che era apparso più spontaneo e
coinvolgente.
Questo modo informale di presentare un contenuto può
essere utilizzato in vari contesti e in tutte quelle occasioni in cui
si intende attirare l'attenzione su un argomento che ci sta a cuore
e che vogliamo mettere in rilievo anche per gli altri. Un esempio di
intensità legata alla persuasione oggi, in Italia, può riguardare la passata campagna elettorale di Beppe Grillo. Al di là dei
contenuti, 'alzare i toni' tra l'enunciazione di un'idea e
un'altra, ha senza dubbio contribuito a imprimere una spinta e ad
ottenere maggiore consenso verso il suo movimento.
Può essere che una
tendenza troppo marcata e reiterata verso l'imprecazione risulti pregiudicante rispetto alla credibilità, soprattutto nel lungo periodo. Ma il
pubblico è pur sempre attratto dal “pathos”, cerca il
coinvolgimento, vuole potersi emozionare e percepire la passione
nelle parole del persuasore, che in questo modo, anche nello sfogo,
risulta più umano e quindi più vicino e autentico.
Mai come in campo giudiziario, l'attività di persuasione si rivela così fondante. Pensiamo ad esempio all'arringa: se la presentazione risulta appassionata, condita da una buona dose di enfasi, pathos e perché no, qualche espressione forte, ha sicuramente più chance di apparire coinvolgente, più sentita e quindi, più convincente.
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