1. Giornalismo e privacy
Subito dopo l'esplosione di
Tangentopoli, quando le notizie sulle indagini riguardanti politici e manager
arrivavano nelle redazioni a ritmo incessante, verificarle, oltre a non essere
mai stato definito esplicitamente come un obbligo dei giornalisti, era
particolarmente difficile proprio per i ritmi serrati. Fu un'epoca di grandi
eccessi, ammessi dalla stessa categoria giornalistica, e di grandi dibattiti nelle
redazioni sull'opportunità di pubblicare o meno, in un regime di concorrenza serrata, notizie non
accuratamente verificate. Il caso esplose quando il deputato socialista Sergio Moroni
e il manager dell'ENI Gabriele Cagliari
si suicidarono. A quel punto diversi esponenti del Parlamento,
provenienti da tutti gli schieramenti, presentarono alcune proposte di legge
per porre un freno alla pubblicazione delle notizie sulle indagini. Il deputato
Giuseppe Gargani
fu chiamato a scrivere una proposta di legge che riassumesse tutte quelle
presentate.
Gargani propose di impedire la pubblicazione
delle notizie sulle indagini. La tesi di partenza era semplice: un avviso di garanzia, filtrato attraverso i quotidiani
e la televisione,
faceva apparire l'indagato come di fatto già indubitabilmente colpevole e
dunque, secondo Gargani, l'unico rimedio era evitare la pubblicazione tout
court.
La proposta di legge
incassò la reazione contraria dei giornalisti e di alcuni parlamentari, fino ad
arrivare ad un tentativo di mediazione che spostava il limite oltre il quale
fosse possibile pubblicare le notizie dalla sentenza alla fine delle indagini preliminari. Persino questa proposta,
tuttavia, incontrò perplessità anche in Parlamento. I motivi erano duplici: da
un lato i dubbi sulla legittimità di una limitazione alla libertà di stampa, dall'altra la recente
approvazione del nuovo Codice di procedura penale, risalente al 1989, che estendeva la
possibilità di cronaca sui procedimenti giudiziari.
Alla proposta Gargani
Ordine e FNSI risposero a muso duro, chiedendo che nessuna limitazione fosse
posta alla libertà di cronaca ma anche che la categoria potesse autogovernarsi.
La FNSI,
presieduta da Vittorio Roidi, e l'Ordine
dei Giornalisti, guidato da Gianni Faustini,
promossero alcune iniziative di studio sull'adozione di un codice deontologico.
La stesura del documento fu affidata ai giornalisti Sandra Bonsanti
e Angelo Agostini,
che partirono dai codici interni già approvati da Il Sole 24 ORE,
la Repubblica
e RAI. Il testo, nella prima
stesura, era già pronto nella primavera del 1993,
e fu approvato definitivamente dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei
Giornalisti l'8 luglio dello stesso anno. A quel punto il Parlamento, anche per
effetto della crisi del governo Amato I, sostituito dal governo Ciampi,
rinunciò a legiferare in materia.
La Carta
dei doveri del giornalista, che nella prima versione era un documento di dodici
pagine, è un corpus di regole deontologiche
che abbraccia tutti gli aspetti dell'attività giornalistica. Il documento si
apre con il riferimento alle basi giuridiche fondamentali della professione
giornalistica: l'articolo 21 della Costituzione e l'articolo
2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963
istitutiva dell'Ordine, specificando che:
·
la libertà d'informazione e di critica è un
"diritto insopprimibile" e un "dovere inderogabile" del
giornalista, limitato dalla "verità sostanziale", dalle norme a
tutela della personalità altrui, dalla lealtà e dalla buona fede;
·
le notizie risultate
errate devono essere rettificate;
·
i giornalisti sono
tenuti a rispettare il segreto professionale se questo è richiesto dal
carattere fiduciario delle fonti;
·
sono altresì tenuti a
promuovere la collaborazione fra colleghi, la cooperazione fra giornalisti ed
editori e la fiducia fra stampa e lettori.
Il testo è diviso in
due capitoli, uno dedicato ai principi e uno ai doveri. Quest'ultimo è
suddiviso in sette paragrafi:
·
Responsabilità del
giornalista
·
Rettifica e replica
·
Presunzione d'innocenza
·
Le fonti
·
Informazione e
pubblicità
·
Incompatibilità
·
Minori e soggetti
deboli.
2. I principi
Il giornalista deve rispettare, coltivare e
difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca
e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse, nel
rispetto della verità e con la maggiore accuratezza possibile.
Il giornalista ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante
gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro e compie ogni sforzo
per garantire al cittadino la conoscenza ed il controllo degli atti pubblici.
La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei
confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad
interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore, del governo o di
altri organismi dello Stato.
Il giornalista ha il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua
dignità e il suo diritto alla riservatezza e non discrimina mai nessuno per la
sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche.
Il giornalista corregge tempestivamente e accuratamente i suoi errori o le
inesattezze, in conformità con il dovere di rettifica nei modi stabiliti dalla
legge, e favorisce la possibilità di replica.
Il giornalista rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione
d'innocenza.
Il giornalista è tenuto ad osservare il segreto professionale, quando ciò sia
richiesto dal carattere fiduciario delle sue fonti. In qualsiasi altro caso il
giornalista deve dare la massima trasparenza alle fonti.
Il giornalista non può aderire ad associazioni segrete o comunque in contrasto
con l'articolo 18 della Costituzione.
Il giornalista non può accettare privilegi, favori o incarichi che possano
condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale.
Il giornalista non deve omettere fatti o dettagli essenziali alla completa
ricostruzione dell'avvenimento. I titoli, i sommari, le fotografie e le
didascalie non devono travisare, né forzare il contenuto degli articoli o delle
notizie.
Non deve inoltre pubblicare immagini o fotografie particolarmente
raccapriccianti di soggetti coinvolti in fatti di cronaca, o comunque lesive
della dignità della persona; né deve soffermarsi sui dettagli di violenza o di
brutalità, a meno che non prevalgano preminenti motivi di interesse sociale.
Non deve intervenire sulla realtà per creare immagini artificiose.
Il commento e l'opinione appartengono al diritto di parola e di critica e
pertanto devono essere assolutamente liberi da qualsiasi vincolo, che non sia
quello posto dalla legge per l'offesa e la diffamazione delle persone.
3. I
doveri
3.1 Responsabilità del giornalista
Il giornalista è responsabile del proprio lavoro verso i cittadini e deve favorire
il loro dialogo con gli organi d'informazione. E si impegna a creare strumenti
idonei (garanti dei lettori, pagine per i lettori, spazi per repliche, ecc.) e
dando la massima diffusione alla loro attività.
Il giornalista accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie
redazionali della sua testata, purché le disposizioni non siano contrarie alla
legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla Carta dei doveri.
Il giornalista non può discriminare nessuno per la sua razza, religione, sesso,
condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche. Il riferimento non
discriminatorio, ingiurioso o denigratorio a queste caratteristiche della sfera
privata delle persone è ammesso solo quando sia di rilevante interesse
pubblico.
Il giornalista rispetta il diritto alla riservatezza di ogni cittadino e non
può pubblicare notizie sulla sua vita privata se non quando siano di chiaro e
rilevante interesse pubblico e rende, comunque, sempre note la propria identità
e professione quando raccoglie tali notizie.
I nomi dei congiunti di persone coinvolte in casi di cronaca non vanno
pubblicati a meno che ciò sia di rilevante interesse pubblico; non vanno
comunque resi pubblici nel caso in cui ciò metta a rischio l'incolumità delle
persone, né si possono pubblicare altri elementi che rendano possibile una
identificazione (fotografie, immagini, ecc.).
I nomi delle vittime di violenze sessuali non vanno pubblicati né si possono
fornire particolari che possano condurre alla loro identificazione a meno che
ciò sia richiesto dalle stesse vittime per motivi di rilevante interesse
generale.
Il giornalista presta sempre grande cautela nel rendere pubblici i nomi o
comunque elementi che possano condurre all'identificazione dei collaboratori
dell'autorità giudiziaria o delle forze di pubblica sicurezza, quando ciò possa
mettere a rischio l'incolumità loro e delle famiglie.
3.2 Rettifica
e replica
Il giornalista rispetta il diritto inviolabile del cittadino alla rettifica
delle notizie inesatte o ritenute ingiustamente lesive.
Rettifica quindi con tempestività e appropriato rilievo, anche in assenza di
specifica richiesta, le informazioni che dopo la loro diffusione si siano
rivelate inesatte o errate, soprattutto quando l'errore possa ledere o
danneggiare singole persone, enti, categorie, associazioni o comunità.
Il giornalista non deve dare notizia di accuse che possano danneggiare la
reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica
all'accusato. Nel caso in cui ciò sia impossibile (perché il diretto
interessato risulta irreperibile o non intende replicare), ne informa il
pubblico. In ogni caso prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia
deve attivarsi per controllare se sia a conoscenza dell'interessato.
3.3 Presunzione
d'innocenza
In tutti i casi di indagini o processi, il giornalista deve sempre ricordare
che ogni persona accusata di un reato è innocente fino alla condanna definitiva
e non deve costruire le notizie in modo da presentare come colpevoli le persone
che non siano state giudicate tali in un processo.
Il giornalista non deve pubblicare immagini che presentino intenzionalmente o
artificiosamente come colpevoli persone che non siano state giudicate tali in
un processo.
In caso di assoluzione o proscioglimento di un imputato o di un inquisito, il
giornalista deve sempre dare un appropriato rilievo giornalistico alla notizia,
anche facendo riferimento alle notizie ed agli articoli pubblicati
precedentemente.
Il giornalista deve osservare la massima cautela nel diffondere nome e immagini
di persone incriminate per reati minori o di condannati a pene lievissime,
salvo i casi di particolare rilevanza sociale.
3.4 Le
fonti
Il giornalista deve sempre verificare le informazioni ottenute dalle sue fonti,
per accertarne l'attendibilità e per controllare l'origine di quanto viene
diffuso all'opinione pubblica, salvaguardando sempre la verità sostanziale dei
fatti.
Nel caso in cui le fonti chiedano di rimanere riservate, il giornalista deve
rispettare il segreto professionale e avrà cura di informare il lettore di tale
circostanza.
In qualunque altro caso il giornalista deve sempre rispettare il principio
della massima trasparenza delle fonti d'informazione, indicandole ai lettori o
agli spettatori con la massima precisione possibile. L'obbligo alla citazione
della fonte vale anche quando si usino materiali delle agenzie o di altri mezzi
d'informazione, a meno che la notizia non venga corretta o ampliata con mezzi
propri, o non se ne modifichi il senso e il contenuto.
In nessun caso il giornalista accetta condizionamenti dalle fonti per la
pubblicazione o la soppressione di una informazione.
3.5 Informazione
e pubblicità
I cittadini hanno il diritto di ricevere un'informazione corretta, sempre
distinta dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli.
I messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi
giornalistici attraverso chiare indicazioni.
Il giornalista è tenuto all'osservanza dei principi fissati dal Protocollo
d'intesa sulla trasparenza dell'informazione e dal Contratto nazionale di
lavoro giornalistico; deve sempre rendere riconoscibile l'informazione
pubblicitaria e deve comunque porre il pubblico in grado di riconoscere il
lavoro giornalistico dal messaggio promozionale.
3.6 Incompatibilità
Il giornalista non può subordinare in alcun caso al profitto personale o di
terzi le informazioni economiche o finanziarie di cui sia venuto comunque a
conoscenza, non può turbare inoltre l'andamento del mercato diffondendo fatti e
circostanze riferibili al proprio tornaconto.
Il giornalista non può scrivere articoli o notizie relativi ad azioni sul cui
andamento borsistico abbia direttamente o indirettamente un interesse
finanziario, né può vendere o acquistare azioni delle quali si stia occupando
professionalmente o debba occuparsi a breve termine.
Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze
gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da
privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo lavoro e l'attività
redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale.
Il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con
l'esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce,
l'immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela
dell'autonomia professionale.
Sono consentite invece, a titolo gratuito, analoghe prestazioni per iniziative
pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici,
sindacali o comunque prive di carattere speculativo.
3.7 Minori
e soggetti deboli
Il giornalista rispetta i principi sanciti dalla Convenzione ONU del 1989 sui
diritti del bambino e le regole sottoscritte con la Carta di Treviso per la
tutela della personalità del minore, sia come protagonista attivo sia come
vittima di un reato. In particolare:
a) non pubblica il nome o qualsiasi elemento che possa condurre
all'identificazione dei minori coinvolti in casi di cronaca;
b) evita possibili strumentalizzazioni da parte degli adulti portati a
rappresentare e a far prevalere esclusivamente il proprio interesse;
c) valuta, comunque, se la diffusione della notizia relativa al minore
giovi effettivamente all'interesse del minore stesso.
Il giornalista tutela i diritti e la dignità delle persone disabili siano esse
portatrici di handicap fisico o mentale, in analogia con quanto già sancito
dalla Carta di Treviso per i minori.
Il giornalista tutela i diritti dei malati, evitando nella pubblicazione di
notizie su argomenti medici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori
o speranze infondate. In particolare:
a) non diffonde notizie sanitarie che non possano essere controllate con
autorevoli fonti scientifiche;
b) non cita il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che
possa favorire il consumo del prodotto;
c) fornisce tempestivamente il nome commerciale dei prodotti farmaceutici
ritirati o sospesi perché nocivi alla salute.
Il giornalista si impegna comunque ad usare il massimo rispetto nei confronti
dei soggetti di cronaca che per ragioni sociali, economiche o culturali hanno
minori strumenti di autotutela.
La violazione di queste regole integranti lo spirito dell'art. 2 della legge
3.2.1963 n. 69 comporta l'applicazione delle norme contenute nel Titolo III
della citata legge.
4. Codice di
deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio
dell'attività giornalistica
Il Titolo XII del Decreto Legislativo n. 196
del 2003 si occupa del giornalismo e dell'espressione letteraria ed artistica
Miratamene, l'art. 136 chiarisce che le
disposizioni del titolo di cui sopra si applicano al trattamento:
a) effettuato nell'esercizio della professione di
giornalista e per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità;
b) effettuato dai soggetti iscritti nell'elenco
dei pubblicisti o nel registro dei praticanti di cui agli articoli 26 e 33
della legge 3 febbraio 1963, n. 69;
c) temporaneo finalizzato esclusivamente alla
pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi e altre
manifestazioni del pensiero anche nell'espressione artistica.
Il successivo art. 137 acclara che ai
trattamenti indicati nell'articolo 136 non si applicano le disposizioni del
presente codice relative:
a) all'autorizzazione del Garante prevista
dall'articolo 26;
b) alle garanzie previste dall'articolo 27 per i
dati giudiziari;
c) al trasferimento dei dati all'estero,
contenute nel Titolo VII della Parte I.
Il trattamento dei dati di cui all'art. 136 è effettuato
anche senza il consenso dell'interessato previsto dagli articoli 23 e 26.
In caso di diffusione o di comunicazione dei dati
per le finalità di cui all'articolo 136 restano fermi i limiti del diritto di
cronaca a tutela dei diritti di cui all'articolo 2 e, in particolare, quello
dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico.
Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi
noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in
pubblico.
L'art. 138 chiosa che, in caso di
richiesta dell'interessato di conoscere l'origine dei dati personali ai sensi
dell'articolo 7, comma 2, lettera a) restano ferme le norme sul segreto
professionale degli esercenti la professione di giornalista, limitatamente alla
fonte della notizia.
Altresì, l'art.
139, circa il Codice di deontologia relativo ad attività giornalistiche,
illustra la circostanza per la quale il Garante promuove ai
sensi dell'articolo 12 l'adozione
da parte del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti di un codice di
deontologia relativo al trattamento dei dati di cui all'articolo 136, che
prevede misure ed accorgimenti a garanzia degli interessati rapportate alla
natura dei dati, in particolare per quanto riguarda quelli idonei a rivelare lo
stato di salute e la vita sessuale. Il codice può anche prevedere forme
semplificate per le informative di cui all'articolo 13.
Nella fase di formazione del codice, ovvero
successivamente, il Garante, in cooperazione con il Consiglio, prescrive
eventuali misure e accorgimenti a garanzia degli interessati, che il Consiglio
è tenuto a recepire.
Il codice o le modificazioni od integrazioni al
codice di deontologia che non sono adottati dal Consiglio entro sei mesi dalla
proposta del Garante sono adottati in via sostitutiva dal Garante e sono
efficaci sino a quando diviene efficace una diversa disciplina secondo la
procedura di cooperazione.
Il codice e le disposizioni di modificazione ed
integrazione divengono efficaci quindici giorni dopo la loro pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale ai sensi dell'articolo 12.
In caso di violazione delle prescrizioni
contenute nel codice di deontologia, il Garante può vietare il trattamento ai
sensi dell'articolo 143, comma 1, lettera c).
5. Codice di
deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività
giornalistica
L'art. 25 della legge 31 dicembre 1996, n. 675,
come modificato dall'art. 12 del decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171, prevedeva
che il trattamento dei dati personali nell'esercizio della professione
giornalistica deve essere effettuato sulla base di un apposito codice di
deontologia, recante misure ed accorgimenti a garanzia degli interessati
rapportati alla natura dei dati, in particolare per quanto riguarda i dati
idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
Secondo il comma 4-bis dello stesso art.
25, tale codice era applicabile anche all'attività dei pubblicisti e dei
praticanti giornalisti, nonché a chiunque tratti temporaneamente i dati
personali al fine di utilizzarli per la pubblicazione occasionale di articoli,
di saggi e di altre manifestazioni di pensiero.
Il comma 2 del medesimo art. 25, secondo il quale
il codice di deontologia era adottato dal Consiglio nazionale dell'ordine dei
giornalisti in cooperazione con il Garante, il quale ne promuoveva l'adozione e
ne curava la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il Codice è stato approvato il 29 luglio 1998
dal Garante per la protezione dei dati personali e si compone di tredici
articoli.
L'art. 1 fissa i principi generali. Difatti, le
norme del Codice sono volte a contemperare i diritti fondamentali della persona
con il diritto dei cittadini all'informazione e con la libertà di stampa.
In forza dell'art. 21 della Costituzione, la professione giornalistica si
svolge senza autorizzazioni o censure. In quanto condizione essenziale per
l'esercizio del diritto dovere di cronaca, la raccolta, la registrazione, la
conservazione e la diffusione di notizie su eventi e vicende relativi a
persone, organismi collettivi, istituzioni, costumi, ricerche scientifiche e
movimenti di pensiero, attuate nell'ambito dell'attività giornalistica e per
gli scopi propri di tale attività, si differenziano nettamente per la loro
natura dalla memorizzazione e dal trattamento di dati personali ad opera di
banche dati o altri soggetti. Su questi principi trovano fondamento le
necessarie deroghe previste dai paragrafi 17 e 37 e dall'art. 9 della direttiva
95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea del 24 ottobre
1995 e dalla legge n. 675/1996.
L'art. 2. relativo alle banche dati di uso
redazionale e tutela degli archivi personali dei giornalisti, prevede che il
giornalista che raccoglie notizie per una delle operazioni di cui all'art. 1,
comma 2, lettera b), della legge n. 675/1996 rende note la propria
identità, la propria professione e le finalità della raccolta salvo che ciò
comporti rischi per la sua incolumità o renda altrimenti impossibile
l'esercizio della funzione informativa; evita artifici e pressioni indebite.
Fatta palese tale attività, il giornalista non è tenuto a fornire gli altri
elementi dell'informativa di cui all'art. 10, comma 1, della legge n. 675/1996.
Se i dati personali sono raccolti presso banche dati di uso redazionale, le
imprese editoriali sono tenute a rendere noti al pubblico, mediante annunci,
almeno due volte l'anno, l'esistenza dell'archivio e il luogo dove è possibile
esercitare i diritti previsti dalla legge n. 675/1996. Le imprese editoriali
indicano altresì fra i dati della gerenza il responsabile del trattamento al
quale le persone interessate possono rivolgersi per esercitare i diritti
previsti dalla legge n. 675/1996.
Gli archivi personali dei giornalisti, comunque funzionali all'esercizio della
professione e per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità, sono
tutelati, per quanto concerne le fonti delle notizie, ai sensi dell'art. 2
della legge n. 69/1963 e dell'art. 13, comma 5, della legge n. 675/1996.
Il giornalista può conservare i dati raccolti per tutto il tempo necessario al
perseguimento delle finalità proprie della sua professione.
Con l'art. 3 viene tutelato non solo il domicilio,
ma pure gli altri luoghi di privata dimora ed i i luoghi di
cura, detenzione o riabilitazione, nel rispetto delle norme di legge e dell'uso
corretto di tecniche invasive.
L'art. 4 contempla la rettifica nel
senso che, il giornalista corregge senza ritardo errori e inesattezze, anche in
conformità al dovere di rettifica nei casi e nei modi stabiliti dalla legge.
L'art. 5 regolamenta il diritto all'informazione e
dati personali.
Cioè, nel raccogliere dati personali atti a rivelare origine razziale ed
etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni
politiche, adesioni a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a
carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché dati atti a
rivelare le condizioni di salute e la sfera sessuale, il giornalista garantisce
il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto
dell'essenzialità dell'informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad
altri soggetti non interessati ai fatti.
In relazione a dati riguardanti circostanze o fatti resi noti direttamente
dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico, è fatto salvo il
diritto di addurre successivamente motivi legittimi meritevoli di tutela.
L'art. 6 si concentra sull'essenzialità
dell'informazione. Più precisamente, la divulgazione di notizie
di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della
sfera privata quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in
ragione dell'originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi
particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti.
La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve
essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo
o sulla loro vita pubblica.
Commenti e opinioni del giornalista appartengono alla libertà di informazione
nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente garantita a
tutti.
L'art. 7 si fonda sulla tutela del minore. In
particolare, al fine di tutelarne la personalità, il
giornalista non pubblica i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca, nè
fornisce particolari in grado di condurre alla loro identificazione.
La tutela della personalità del minore si
estende, tenuto conto della qualità della notizia e delle sue componenti, ai
fatti che non siano specificamente reati.
Il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come
primario rispetto al diritto di critica e di cronaca; qualora, tuttavia, per
motivi di rilevante interesse pubblico e fermo restando i limiti di legge, il
giornalista decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà
farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero
nell'interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti
dalla "Carta di Treviso".
L'art. 8 provvede alla tutela della dignità delle
persone. Salva l'essenzialità dell'informazione, il giornalista
non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in
fatti di cronaca lesive della dignità della persona, nè si sofferma su dettagli
di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o
dell'immagine.
Salvo rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e
di polizia, il giornalista non riprende nè produce immagini e foto di persone
in stato di detenzione senza il consenso dell'interessato.
Le persone non possono essere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo
che ciò sia necessario per segnalare abusi.
L'art. 9 tutela i diritto alla non discriminazione.
Nell'esercitare il diritto dovere di cronaca, il giornalista è tenuto a
rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza,
religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali.
L'art. 10. tutela, invece, la dignità delle persone
malate. Il giornalista, nel far riferimento allo stato di
salute di una determinata persona, identificata o identificabile, ne rispetta
la dignità, il diritto alla riservatezza e al decoro personale, specie nei casi
di malattie gravi o terminali, e si astiene dal pubblicare dati analitici di
interesse strettamente clinico.
La pubblicazione è ammessa nell'ambito del perseguimento dell'essenzialità
dell'informazione e sempre nel rispetto della dignità della persona se questa
riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.
L'art. 11 tutela la sfera sessuale della persona. Il
giornalista si astiene dalla descrizione di abitudini sessuali riferite ad una
determinata persona, identificata o identificabile.
La pubblicazione è ammessa nell'ambito del perseguimento dell'essenzialità
dell'informazione e nel rispetto della dignità della persona se questa riveste
una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.
L'art. 12 tutela i diritto di cronaca nei
procedimenti penali. Al trattamento dei dati relativi a
procedimenti penali non si applica il limite previsto dall'art. 24 della legge
n. 675/1996.
Il trattamento di dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui
all'art. 686, commi 1, lettere a) e d), 2 e 3, del codice di
procedura penale è ammesso nell'esercizio del diritto di cronaca, secondo i
principi di cui all'art. 5.
Infine, l'art. 13, inerente l'ambito di applicazione
e le sanzioni disciplinari, asserisce che le norme del Codice si
applicano ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti e a chiunque
altro, anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica.
Le sanzioni disciplinari, di cui al titolo III della legge n. 69/1963, si
applicano solo ai soggetti iscritti all'albo dei giornalisti, negli elenchi o
nel registro.
Dott. Agostino Saviano
Email: savago1975a@libero.it