Data: 27/04/2014 10:00:00 - Autore: Laura Tirloni

Di Laura Tirloni - Esiste una correlazione tra ricchezza e comportamenti etici scorretti? Qual'� la classe sociale che mostra pi� probabilit� di incorrere in comportamenti etici scorretti? Alcuni potrebbero essere intuitivamente portati a pensare che sia la classe socio-economica pi� svantaggiata quella pi� propensa ad attuare comportamenti moralmente inadeguati, ma succede davvero questo? Il ricercatore Paul Piff dell'Universit� di Berkeley, California (2012) ha avviato una ricerca ipotizzando che sarebbero proprio gli individui appartenenti a uno status socio-economico alto, quelli maggiormente propensi ad attuare le azioni pi� immorali. Secondo l'autore, infatti, le maggiori risorse a disposizione, l'agiatezza economica e il senso di libert� e di indipendenza che da essa ne conseguono, sfocerebbero in comportamenti improntati al proprio benessere e focalizzati sul s�, senza riguardo per le conseguenze sugli altri. L'ipotesi da verificare era dunque se tali soggetti, motivati dall'avarizia, potessero con pi� facilit� abbandonare i principi morali per raggiungere scopi personali.

Il comportamento dei soggetti in esame � stato pertanto osservato in un contesto naturale (come ad esempio la guida in auto), e in un contesto sperimentale, ovvero � stato loro chiesto di valutare diverse situazioni etiche e di dire come si sarebbero comportati in situazioni simili. E' stata quindi analizzata la tendenza all'avarizia come possibile spinta a comportarsi in modo scorretto.

I risultati della ricerca hanno confermato che il comportamento degli individui di stato sociale pi� alto risultava meno etico in entrambe le situazioni, rafforzando cos� le ipotesi di partenza. Gli individui in esame, mostravano infatti uno stile di guida pi� spericolato e poco rispettoso delle norme del codice della strada e fornivano anche risposte che esprimevano una sostanziale noncuranza e svalutazione dei principi morali (una sorta di �il fine giustifica i mezzi� per intenderci). E' possibile che tali soggetti possiedano una minore percezione dei rischi connessi alle proprie azioni e un minor senso di dovere morale rispetto al prossimo, derivanti proprio dalla consapevolezza di avere a disposizione maggiori risorse per rimediare alle conseguenze dei loro atti. Inoltre, la sensazione di minore dipendenza dagli altri e la spiccata focalizzazione sul s� riscontrate in questi soggetti potrebbero favorirne la tendenza a considerare l'avarizia come un valore positivo e funzionale al raggiungimento del proprio benessere, anche se a discapito di quello degli altri (Kraus, Piff et al, 2011).


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