Data: 09/04/2014 12:30:00 - Autore: Gerolamo Taras

di Gerolamo Taras - Il Cittadino che presenta un' istanza ad una Pubblica Amministrazione ha diritto ad una risposta, sia positiva che negativa, rispetto alla pretesa avanzata. Ma, ancora di più, l' Amministrazione deve  dare una risposta, anche nel caso in cui si sia già espressa negativamente sulla stesso argomento. Di fronte all' inerzia dell' Ente pubblico, all' interessato, non resta che rivolgersi al Giudice Amministrativo per ottenere l' accertamento dell' obbligo dell' Amministrazione di provvedere, e nei casi stabiliti dall'art. 31 comma 3 del c.p.a., anche la pronuncia della fondatezza della pretesa. Le conseguenze, per il Soggetto pubblico inadempiente, sono molto gravi ed espongono i funzionari a responsabilità sia civili che penali. In questo caso l' omissione è costata 1500 euro di spese processuali, cui devono aggiungersi gli accessori di legge e  l'onorario per il patrocinatore del Comune (normalmente una causa “leggera” davanti al TAR non viene a costare meno di 5.000 euro).

Il caso portato all' attenzione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna.

RFI spa aveva chiesto ad un  Comune della Provincia di Cagliari, di adottare tutti i provvedimenti necessari per la soppressione dei passaggi a livello ferroviari esistenti nel territorio comunale. Il Comune non aveva dato seguito all' istanza in quanto, già in un  altra occasione, si era  pronunciato negativamente su analoga pretesa della ricorrente.

 

Di qui il ricorso al TAR della Società, con la richiesta dell' accertamento dell' illegittimità del silenzio mantenuto dall' Ente sull' istanza presentata e dei provvedimenti conseguenti.

Il TAR (sentenza n.  00246 del 1° aprile 2014) accogliendo,  in parte,  il ricorso presentato da R.F.I. s.p.a. ha  dichiarato l'illegittimità del silenzio serbato dal Comune sull' istanza presentata  e  l' obbligo per l' amministrazione di provvedere, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione della  sentenza. Il Tribunale ha, quindi, nominato, per il caso di ulteriore inadempimento, un  commissario ad acta “che dovrà  provvederà sull' istanza nel successivo termine di 30 giorni, decorrente dalla comunicazione, a cura di parte ricorrente, della scadenza del termine assegnato all' amministrazione per provvedere”.

Secondo il Giudice Amministrativo, infatti, in base all'art. 2, comma 1, della L. 7/8/1990 n. 241: “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.

 

Quindi, per la Pubblica Amministrazione, il dovere di pronunciarsi sussiste anche quando la domanda sia, per ipotesi, manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata.

“Per consolidata giurisprudenza,  l'obbligo della Pubblica Amministrazione di provvedere su un'istanza è configurabile, a prescindere dall'esistenza di una specifica disposizione normativa che lo imponga, ogni qual volta in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sia riscontrabile in capo al privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni di quest'ultima”.

Il TAR, “pur in assenza di una specifica norma che sancisca un obbligo di provvedere, ha riconosciuto alla ricorrente un'aspettativa qualificata a conoscere le determinazioni di quest'ultima sulla richiesta formulata, in considerazione dei rapporti intercorsi con l'intimata amministrazione, in occasione dell'attività preordinata alla realizzazione dei lavori ferroviari, eseguiti nel territorio comunale”.

Non è stata, invece, accolta la domanda rivolta ad ottenere una pronuncia sulla fondatezza della pretesa, atteso che, ai sensi dell'art. 31, comma 3, del c.p.a., quest'ultima è consentita “solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione”, condizioni queste reputate assenti nella fattispecie.


Tutte le notizie