Data: 12/04/2014 11:00:00 - Autore: Avv. Silvia Delcuratolo

a cura dell'Avv. Silvia Delcuratolo - Bari -

 Quando sia accertato che le immissioni di fumo, rumore e odori, provenienti dal vicino, sono intollerabili, il giudice deve ordinare la cessazione delle stesse e condannare chi le effettua al risarcimento dei danni causati.

Infatti, in tal caso il giudice non può, ritenendo prevalenti le esigenze della produzione, proprie di chi effettua le immissioni, imporre al proprietario di sopportarle dietro indennizzo, in quanto il giudizio di bilanciamento tra le esigenze della produzione e quelle della proprietà può essere fatto soltanto in presenza di immissioni ai limiti della normale tollerabilità.

 Nel caso di specie, la proprietaria di un appartamento aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale la Società che esercitava attività di ristorazione nei locali sottostanti la sua abitazione.
La proprietaria in questione aveva, in particolare, chiesto al Tribunale di ordinare alla suddetta Società la cessazione delle immissioni intollerabili di fumo, rumore e odori e di risarcire i danni causati.
Il Tribunale aveva accolto solo parzialmente la sua domanda, ritenendo prevalenti le esigenze della produzione (facenti capo alla Società) su quelle della proprietà (facenti capo alla signora proprietaria), e, quindi, aveva imposto alla proprietaria dell'appartamento di sopportare le immissioni, riconoscendole un indennizzo pari a lire 12.000.000, senza, quindi, ordinare alla Società la cessazione della condotta e rigettando la richiesta di risarcimento dei danni.

La proprietaria dell'appartamento ha impugnato la sentenza del Tribunale dinanzi alla Corte d'Appello, che però - pur avendo accertato che le immissioni di fumo, rumore e odori erano nel caso di specie intollerabili - aveva confermato la sentenza del Tribunale.

La proprietaria dell'appartamento non si è arresa e ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, che, con sentenza n. 8094 del 07/04/2014, le ha dato ragione e ha accolto il ricorso.

In particolare, la Cassazione ha fornito la corretta interpretazione dell'art. 844 del codice civile, secondo il quale "Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà.".

La Cassazione, in proposito, ha stabilito che, quando sia accertato che le immissioni di fumo, rumore e odori sono intollerabili, si versa in una situazione di illiceità, cosicché il giudice non può effettuare un giudizio di bilanciamento tra le esigenze della produzione e le ragioni della proprietà e, quindi, non può disporre un indennizzo a carico di chi effettua le immissioni intollerabili, bensì deve ordinare la cessazione delle immissioni e condannare chi le effettua al risarcimento del danno.
Infatti, secondo la Cassazione, l'art. 844, secondo comma, cod. civ. prevede il giudizio di comparazione tra le esigenze della produzione e le ragioni della proprietà soltanto per il caso di accertate immissioni ai limiti della normale tollerabilità: soltanto in tale ipotesi, infatti, la legge consente di imporre al proprietario l'obbligo di sopportare le immissioni, ove ciò sia funzionale alle esigenze della produzione, eventualmente previa corresponsione di indennizzo.
Secondo la Cassazione, dunque, la Corte d'appello ha errato nel ritenere di poter effettuare il giudizio di bilanciamento in presenza dell'accertamento di immissioni intollerabili.


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