Data: 16/04/2014 11:40:00 - Autore: Gerolamo Taras

di Gerolamo Taras - Non si può certamente dire che le norme procedimentali del nostro sistema giuridico, siano  di facile e lineare interpretazione. In sede di applicazione, sulla stessa norma possono formarsi diverse correnti di pensiero ed interpretazioni spesso diametralmente opposte. E' abbastanza evidente che, il cittadino che si imbatte in queste distorsioni del sistema, va incontro a pesanti limitazioni del  diritto ad una tutela, effettiva, rapida ed efficace, della sua posizione giuridica. Spesso le correnti di pensiero possono prosperare e, di fatto, prosperano per la confusa e contraddittoria formulazione della norma. Le distorsioni di questo sistema  ed i conseguenti disagi per gli interessati, si potrebbero evitare attraverso una migliore formulazione delle regole, e, se del caso, attraverso la loro modifica in sede legislativa.

Di sicuro c'è che il caso che sto tentando di esporvi, ha messo a dura prova la mia approssimativa preparazione giuridica. Se non dovessi riuscire ad essere intelligibile, potete leggere la sentenza n.  03586/2014 del 1° aprile 2014 della Sezione Quarta del  TAR Lazio, che analizza esaurientemente la regola dell' alternatività tra diversi rimedi giurisdizionali.

 

La d.ssa L. che aveva partecipato al concorso per dirigente Archivista di Stato, era stata esclusa dalla selezione perché, pur avendo superata la prova scritta, non aveva raggiunto il punteggio minimo previsto per poter superare la prova orale.

Contro tale esclusione aveva  inizialmente, proposto  ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, impugnando la “graduatoria attestante l'esito delle prove orali, la valutazione ed esplicazione delle stesse” il decreto di nomina dei componenti della Commissione (in violazione dell'art.4 del d.P.R. n.272 del 2004 che non consente, di nominare dei dirigenti di seconda fascia legati da rapporto d'impiego con l'amministrazione, quali commissari “esperti di comprovata qualificazione nelle materie oggetto del concorso); non aveva invece impugnato  “l'approvazione finale degli atti del concorso in quanto non  ancora adottata”.

- successivamente,con ricorso presentato davanti al TAR aveva impugnato  il decreto ministeriale 26.1.2009 di approvazione della graduatoria di merito del concorso sostenuto, oltre  gli stessi atti già impugnati, con censure di differente tenore, col rimedio straordinario sopra indicato).

 

Nel giudizio di fronte al Tribunale Amministrativo si sono costituiti l' Amministrazione, ed i vincitori del concorso, eccependo l'inammissibilità del ricorso giurisdizionale per violazione della regola dell'alternatività di cui all'art. 8 del d.P.R. n.1199 del 1971.

 

Il TAR pur con motivazioni diverse da quelle addotte dalla difesa ha ritenuto il ricorso inammissibile, seguendo le  ultime pronunce giurisprudenziali sulla concreta applicazione  del principio dell' alternatività.

 

Innanzitutto, ha chiarito il TAR, le due impugnative (nelle distinte sedi straordinaria e giurisdizionale) avverso gli atti della medesima procedura concorsuale vengono, solo in parte, a coincidere. Con precisione è identica tanto la contestazione di “tutti i verbali della commissione giudicatrice del medesimo concorso e tutti provvedimenti resi dalla medesima commissione”, quanto quella relativa al decreto di nomina dei componenti della Commissione (la cui invalidità coinvolgerebbe tutti gli atti successivamente adottati); mentre tale coincidenza non si registra con riguardo alla “graduatoria” (in quanto, in sede amministrativa si è inteso fare riferimento alla graduatoria interna della Commissione, mentre, in sede giurisdizionale, si è, fatto riferimento al decreto ministeriale di approvazione della stessa).

Col rimedio giurisdizionale si è impugnato quindi anche un atto successivo (il d.m. del 26.1.2009) a quelli (già) avversati in sede amministrativa (atti presupposti).


Evidenzia  il TAR che, citando il Consiglio di Stato  ( sentenza n.4650/2013 del 18.9.2013 della sez. VI) “ la proposizione di due ricorsi nelle due diverse sedi costituisce una scelta consentita dalla legislazione vigente, e la pendenza delle due controversie nelle due distinte sedi giudiziarie non può indurre l'organo giudicante a vanificare la tutela chiesta dall'interessato: in linea di principio, il ricorso straordinario proposto avverso l'atto presupposto non può essere dichiarato improcedibile in considerazione del fatto che l'atto consequenziale è impugnato innanzi al Tar, e viceversa il Tar non può dichiarare inammissibile il ricorso ad esso proposto, in considerazione del fatto che l'atto presupposto è stato impugnato nella sede straordinaria”;

 - ………Come ha osservato la Corte Costituzionale nella … ordinanza n. 432 del 2005, nell'ordinamento non vi è una regola che consenta al Tar di decidere nel suo complesso la controversia riguardante le impugnazioni (proposte nelle due sedi e in assenza di trasposizione) dell'atto presupposto e di quello consequenziale. Una regola che preveda l'attrazione ipso iure della complessiva controversia innanzi allo stesso giudice (come ha evidenziato la citata ordinanza della Corte Costituzionale) rientra tra le varie possibilità rimesse alle scelte del legislatore (che potrebbe anche decidere di concentrare la sede decidente innanzi al giudice adito per primo, attribuendo in tal senso un potere di rimessione al giudice adìto per secondo) e non è stata introdotta nemmeno dal codice del processo amministrativo”>>.

 << i giudici amministrativi, sia nel giudizio straordinario in unico grado che nel giudizio articolato nei due gradi del plesso Tar-Consiglio di Stato devono comunque ispirarsi al principio di effettività della tutela e non giungere a conclusioni processuali penalizzanti per chi – per ragioni di per sé insindacabili, attinenti o meno alla esigenza di non far scadere i termini di impugnazione – ha inteso avvalersi di entrambi i rimedi di tutela, per impugnare atti tra loro connessi dal legame caratterizzante l'atto presupposto e l'atto consequenziale.”

Quando ciò si verifica:

<<… a) il giudice che decide sull'atto presupposto può decidere per primo e sulla legittimità di questo, non potendo contestare la sussistenza di uno specifico e perdurante interesse del ricorrente (derivante dalla pendenza del giudizio proposto avverso l'atto consequenziale);

b) il giudice che decide sull'atto consequenziale può decidere per primo e sulla legittimità di questo, e disporne quindi l'annullamento quando risultino suoi vizi propri…

Tali regole comunque vanno integrate con il principio della alternatività.

L'art. 8 del d.P.R. n.1199 del 1971 “quando l'atto sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non è ammesso il ricorso straordinario da parte dello stesso interessato” subordina l'operatività della regola dell'alternatività alla condizione che sia lo stesso atto ad essere gravato (ovviamente dalla stessa persona) nelle due distinte sedi. Allorquando ciò accade, nessun rilievo può assumere la circostanza che le doglianze prospettate siano di differente tenore; l'unico ricorso ammissibile è quello azionato per primo e, l'alternatività opera anche se le questioni prospettate sono solo in parte, ovvero per niente, coincidenti con quelle successivamente sviluppate nella distinta sede.

La regola dell' alternatività non opera invece quando il provvedimento impugnato in sede giurisdizionale è distinto da quello oggetto del precedente ricorso straordinario.

Anche nel caso di atti tra loro connessi dal legame caratterizzante l'atto presupposto e l'atto consequenziale, nulla esclude che l' interessato possa impugnare  l'atto presupposto in sede  straordinaria e successivamente l'atto conseguente in sede giurisdizionale (e viceversa) con censure coincidenti oppure differenti. Tuttavia “le censure ritualmente proposte avverso l'atto presupposto innanzi al primo giudice vanno comunque solo da questi decise, anche se sono riproposte in sede di impugnazione dell'atto consequenziale” … per il principio della alternatività non vi è e non può esservi uno ‘spostamento' dei poteri decisori, sicché solo il giudice ritualmente già adito per primo avverso l'atto presupposto può decidere sulla sussistenza o meno dei suoi vizi (pur se riproposti con il secondo ricorso).  In sostanza  la regola dell'alternatività … non consente, allo stesso soggetto, l'impugnativa del medesimo atto (in questo caso l'atto presupposto) per alcuni profili nella sede amministrativa e per altri nella successiva sede giurisdizionale, rendendo ammissibile solo il ricorso azionato per primo anche se le questioni prospettate sono solo in parte, ovvero per niente, coincidenti con quelle successivamente sviluppate nella distinta sede.

 

Pertanto, l'impugnativa proposta in sede giurisdizionale avverso il decreto di approvazione della graduatoria, investendo un atto diverso da quelli già gravati in via amministrativa è ammissibile ma, solamente, con riguardo alle doglianze che investono direttamente ed autonomamente l'atto consequenziale. Circostanza quest' ultima che, peraltro, non ricorre, secondo i giudici, nel caso in esame. In questo caso, infatti,  il decreto di approvazione della graduatoria (unico atto non avversato col precedente rimedio amministrativo) non è impugnato per vizi propri ( gli unici che sarebbero stati consentiti nella sede giurisdizionale) ma solo in via derivata (e cioè solo per vizi derivanti da quelli propri di atti e provvedimenti già precedentemente gravati in sede amministrativa, pur se per profili di doglianza del tutto diversi).


Di conseguenza il ricorso viene dichiarato:

- inammissibile con riguardo all'impugnativa degli atti già gravati in sede straordinaria: i verbali della commissione giudicatrice del concorso, tutti provvedimenti resi dalla medesima commissione ed il decreto di nomina dei componenti della commissione giudicatrice;

- inammissibile anche con riguardo all'impugnativa dell'atto di approvazione della graduatoria concorsuale: ma tanto, non per le considerazioni prospettate dai contro interessati ma, in quanto detto atto non è stato aggredito per vizi suoi propri (es. incompetenza del dirigente che lo ha sottoscritto, etc.) ma solo per vizi derivanti da atti presupposti già gravati in altra sede.  


Occorre rilevare che il Consiglio di Stato, in sede di ricorso straordinario, aveva espresso parere negativo all' accoglimento dell' impugnativa.


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