Data: 17/04/2014 18:00:00 - Autore: Avv. Francesco Verdebello

1. Definizione di ordinanza contingibile ed urgente.

Il D. Lgs. 267/2000 (T.U. delle leggi sul'ordinamento degli enti locali) riconosce al Sindaco il potere di emettere tali misure sia all'art. 50 che all'art. 54. Mentre l'art. 50 circoscrive l'ambito di applicazione di tali misura allaematerie settoriali delle emergenze sanitarie e dell'igiene pubblica a carattere locale, l'art. 54, n. 4, con una disposizione di più ampio respiro, dispone “Il Sindaco, quale ufficiale di Governo, adotta, con atto motivato provvedimenti, anche contingibili ed urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”.

Dal disposto letterale, si evince la mancanza di una definizione positiva di ordinanza contingibile ed urgenza (c.d. ordinanza extra ordinem).

Tale lacuna è stata colmata dalla dottrina che l'ha definita “Atto a contenuto atipico che l'amministrazione, sulla base di specifiche previsioni legislative. è abilitata ad adottare per fronteggiare situazioni eccezionali, anche derogando alla disciplina di rango primario ma pur sempre nel rispetto della Costituzione e dei principi generali dell'ordinamento, ivi compresi i principi generali del diritto dell'Unione europea”.

Il carattere della contingibilità indica un fatto imprevedibile, eccezionale o straordinario che mette in pericolo la sicurezza e l'incolumità pubblica, rispetto al quale i mezzi giuridici ordinari appaiono inidonei ad eliminarli.

Il carattere dell'urgenza indica la presenza di un pericolo imminente che deve essere fronteggiato immediatamente.

Benché la congiunzione “e”, qualora interpretata letteralmente, induca a ritenere i due requisiti su indicati come cumulativi, la Cassazione, con sentenza a Sezioni Unite n. 8203/2005, ed il Consiglio di Stato VI Sez., con pronuncia del 2011, hanno qualificato i due aggettivi in termini di alternatività, sicché sarebbe sufficiente la presenza o dell'uno o dell'altro presupposto.

Un altro carattere proprio dell'ordinanza extra ordinem è quello della atipicità contenutistica, vale a dire l'idoneità della suddetta misura ad intervenire su un numero indefinito e non predeterminato di situazioni

 2. Riconducibilità nell'alveo della pubblica incolumità delle esigenze connesse alla circolazione stradale.

In coerenza con il carattere della atipicità, ai sensi del decreto del Ministro dell'Interno del 5 agosto 2008 (art. 1), si è precisato che  “per incolumità pubblica si intende l'integrità fisica della popolazione e per sicurezza urbana un bene pubblico da tutelare, attraverso attività poste a difesa, nell'ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di viabilità dei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale

L'art. 2 dello stesso decreto chiarisce che “il sindaco interviene per prevenire e contrastare:

lett. d) le situazioni che costituiscono intralcio alla viabilità pubblica o che alterano il decoro urbano”.

 3. Ulteriori presupposti di legittimità cui è subordinata l'emanazione dell'ordinanza con tingibile ed urgenza sono:

·        il rispetto del principio di proporzionalità. L'emanazione delle ordinanze extra ordinem è illegittima laddove venga dimostrato che la P.A. avrebbe potuto adottare misure ordinarie diverse, con un minor sacrificio degli interessi dei privati o comunque dei soggetti coinvolti ma parimenti efficaci. (C. Stato, 15 aprile 2003, n. 1990). Con sentenza n. 4812/2008, il Consiglio di Stato ha chiarito che il rispetto del principio di proporzionalità si traduce nel potere di sacrificare anche interessi giuridicamente protetti di soggetti determinati, entro ragionevoli limiti temporali ed oggettivi e con il rispetto di rigorose garanzie sostanziali (rispetto principi generali dell'ordinamento) e formali (motivazione) nonché adeguata istruttoria. Nel rispetto di tali condizioni, il potere di ordinanza sindacale si può svolgere con relativa ampiezza;

·        l'obbligo di adeguata motivazione: proprio perché si tratta di atti che costituiscono una deviazione dall'ordinario potere di ordinanza riconosciuto al Sindaco, alla base dell'emanazione dell'ordinanza extra ordinem vi deve essere un adeguato supporto motivazione non solo di tipo estrinseco, vale a dire di esteriorizzazione della causa del pericolo e/o dell'eccezionalità dell'evento ma anche di tipo intrinseco, ovvero corredato da un'adeguata istruttoria, sulla base dei dati tecnici in possesso dell'amministrazione, da condursi secondo un accertamenti fondato su prove concrete e non su mere presunzioni (T.A.R. Umbria, 29 agosto 2013, n. 451: in senso conforme: Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 giugno 2012, n. 3490);

·        il rispetto dei principi generali dell'ordinamento e del diritto dell'Unione europea

E' possibile che tali provvedimenti possano derogare addirittura a norma di rango primario, purché nel rispetto dei principi costituzionali e di quelli del diritto dell'Unione europea, stante il primato di tale diritto sugli ordinamenti nazionali.

4 Presupposti di legittimità controversi dell'ordinanza sindacale contingibile ed urgente.

·        Necessità di un evento nuovo ed imprevedibile  (Tar Veneto, Sez. I, 19 gennaio 2007, n. 148). In senso contrario, T.A.R. Veneto Sez. II n. 406/2013; Cons. Stato, Sez. V, 19 settembre 2012, n. 4968; T.A.R. Campania, NAPOLI, Sez. I, 21 giugno 2005, n. 8328), secondo cui ciò che conta è l'effettiva esistenza di una situazione di pericolo imminente al momento dell'adozione dell'ordinanza, essendo ininfluente tanto la prevedibilità dell'evento dannoso, quanto il fatto che la situazione emergenziale sia sorta in epoca precedente.

·        Delimitazione temporale dell'ordinanza extra ordinem

Si per Tar Veneto Venezia n. 1673/2011; Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5721/2002 e Corte Cost. n. 127/1995). No per Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6169/2003.

 5. Definizione di strada vicinale ad uso pubblico

Ai sensi dell'art. 3, comma 1, punto 52, D. Lgs. n. 285/1992, si definisce strada vicinale “la strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico”. Dal disposto letterale, si evince chiaramente che ai fini dell'emissione di un'ordinanza extra ordinem avente ad oggetto attività di manutenzione di una strada, rileva non tanto la natura giuridica pubblica o privata della strada in questione, quanto la sua destinazione ad un utilizzo pubblico da parte della collettività.

La prova dell'assoggettamento ad uso pubblico, per giurisprudenza costante, può essere desunta non solo sulla base di elementi formali quali mappe catastali o specifiche convenzioni tra privato proprietario della strada e pubblica amministrazione ma anche e soprattutto da una serie di indici fattuali che denotano la destinazione ad uso pubblico della strada quali, a titolo meramente esemplificativo,

·        La peculiare conformazione dell'assetto viario locale, caratterizzato dalla presenza di assi viari su cui si aprono vicoli ciechi;

·        L'incontestata assenza di limitazioni all'accesso di pedoni e veicoli;

·        La presenza di opere urbanizzative (servizi di acquedotto, fognatura, illuminazione;

·        Lo svolgimento, anche per tale vicolo dei servizi comunali di spazzatura e raccolta rifiuti;

·        L'incontestata assunzione a carico dell'amministrazione comunale dei lavori di manutenzione.

Alla luce di tali elementi, sussistono gli estremi che qualificano la presunzione di assoggettamento ad uso pubblico, in termini di gravità, precisione e concordanza dei convergenti indici fattuali e quindi il corretto inquadramento di un vicolo come strada privata ad uso pubblico, evidenziati come necessari ai fini della qualificazione in chiave pubblicistica (Cass. Civ., Sez. II, 9 novembre 2009, n. 23705, che fa riferimento, tra l'altro, proprio all'attività di manutenzione effettuata dall'ente, all'inclusione della toponomastica cittadina con attribuzione di numerazione civica e, infine, alla mancanza di elementi validi a sostegno del contrario assunto sulla natura privata della strada medesima).

In assenza di dimostrazione da parte dell'interessato della non sussistenza di tali elementi, sussiste la destinazione pubblica della strada privata (Consiglio di Stato, n. 5596 del 25 novembre 2013).

 6. Sull'applicabilità dell'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento con riferimento all' esercizio dei poteri di urgenza della P.A..

La regola generale stabilita dalla legge n. 241/90 è il carattere obbligatorio della preventiva comunicazione di avvio del procedimento a tutti i soggetti, pubblici e privati, interessati e coinvolti ne procedimento.

Tuttavia, l'art. 7, comma 1 della legge n. 241/90 esonera la P.A. procedente dal comunicare l'avvio del procedimento quando “sussistono ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del provvedimento”. Il comma 2 del medesimo articolo fa salva, altresì, “la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima dell'effettuazione delle comunicazioni, provvedimenti cautelari”.

Con riferimento alle ordinanze contingibili ed urgenti emesse dal Sindaco quale Ufficiale del Governo, è stato chiarito che le stesse non devono essere precedute da comunicazione dall'avviso dell'avvio della comunicazione di avvio del procedimento di cui all'art. 7 della legge n. 241/90 (Consiglio di Stato, Sez. II, 15 marzo 2011, n. 1169; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5058/2006; Tar Campania Napoli, Sez. V, n. 1706/2012; Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II, n. 245/2012; Tar Umbria, n. 159/2011).

Tuttavia, è stato altresì precisato che l'urgenza che giustifichi la omessa comunicazione deve essere qualificata, cioè tale da non consentire la comunicazione senza che ne risulti compromesso il soddisfacimento dell'interesse pubblico cui il provvedimento finale è rivolto. La sussistenza delle particolari esigenze di celerità che giustificano l'esclusione dalla comunicazione deve, inoltre, essere congruamente documentata nella motivazione del provvedimento, non potendo essere solo asserite, ma dovendo essere obiettive, concrete ed attuali. (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5061/2000; Tar Sardegna, Sez. II, n. 557/2012; Tar Campania, Napoli, Sez. V, n. 4924/2010).

Ad ogni modo, preme precisare che anche nella ipotesi in cui si ritenesse sussistente l'obbligo di comunicazione anche per tali tipologie di procedimenti, ai sensi dell'art. 21 octies, comma 2, l. 241/90, il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione di avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

In tali casi, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4192/2013 ha precisato che “l'art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/90, il quale pone a carico dell'amministrazione e non del privato l'onere di dimostrare, in caso di mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, che l'esito di quest'ultimo non poteva essere diverso, va interpretato nel senso che, onde evitare di gravare la P.A. di una probatio diabolica, il privato non può limitarsi a dolersi della mancata comunicazione di avvio, ma deve quantomeno indicare o allegare anche gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione e, solo dopo che abbia adempiuto a tale onere di allegazione che la norma pone a suo carico, l'amministrazione risulta gravata del ben più consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato”.

 7. Sul potere di custodia ex art. 2051 c.c. in capo alla P.A. in caso di lavori di manutenzione della strada vicinale.  

Ai sensi dell'art. 2051 c.c., “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. Il generale principio della responsabilità del custode del bene prescinde dalla qualifica formale assunta dallo stesso, sia esso proprietario, usufruttuario, enfiteuta, conduttore ecc… sicché la qualità di proprietario del bene oggetto di custodia non implica, di per sé, l'attribuzione della qualifica di custode dello stesso qualora, in base alla risultanze del caso concreto, emerga che il potere di fatto sulla res sia esercitato da altro soggetto, indipendentemente dal titolo.

Con specifico riferimento alle strade vicinali private ad uso pubblico, il Giudice di Pace di Teano, con sentenza del 23.04.2007, ha precisato che:  “relativamente alla legittimazione passiva  soggetto tenuto alla manutenzione delle strade vicinali utilizzate in modo prevalente ovvero in via esclusiva dalla collettività, la cui proprietà appartiene ancora al privato … (è) l'ente pubblico territoriale che, avendone ottenuta la consegna, esercita sulla stessa un potere di fatto, per cui è obbligato a gestirla in modo da evitare ogni prevedibile pericolo che possa derivare per il pubblico degli utenti …”.

Tanto, peraltro, vale indipendentemente dalla previa emissione di un'ordinanza contingibile ed urgente, sicché l'emanazione di tale provvedimento rafforza ancora di più il potere di fatto esercitato dalla P.A. sulla strada vicinale.  


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