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Data: 20/04/2014 12:00:00 - Autore: Gerolamo Taras di Gerolamo Taras - I dipendenti di datori di lavoro, pubblici o privati, possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, …. un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. L' art. 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come modificato dal Decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119 d.lgs., riconosce il beneficio al coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'art. 4 comma 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o, al ricorrere di determinate circostanze, al padre o alla madre anche adottivi, ai figli conviventi o ad uno dei fratelli o sorelle conviventi (comma 5) Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa (5 ter). Presupposto per l' attribuzione del beneficio (tranne che per i genitori) come si vede, è la convivenza del lavoratore con il soggetto con handicap grave. L INPS e il Dipartimento della funzione pubblica sono più volte intervenuti, al fine di chiarire il concetto di convivenza. L' esatta delimitazione del concetto di convivenza risponde anche all' esigenza di fare salvi i diritti del portatore di handicap e del soggetto che lo assiste e, al tempo stesso, alla necessità di contenere possibili abusi o un uso distorto del beneficio. Per l' INPS (il messaggio n. 19583 del 2.9.2009) con il termine "convivenza" si deve fare riferimento, in via esclusiva, alla residenza, luogo in cui la persona ha la dimora abituale, ai sensi dell'art. 43 cod. civ., non potendo ritenersi conciliabile con la predetta necessità la condizione di domicilio né la mera elezione di domicilio speciale previsto per determinati atti o affari dall'art. 47 c.c". In altri termini, al concetto di convivenza, sono ricondotte tutte quelle situazioni in cui, sia il disabile che il richiedente hanno la residenza nello stesso Comune, allo stesso indirizzo, stesso numero civico, ma non necessariamente nello stesso appartamento. Su quest' ultimo concetto il Dipartimento della funzione pubblica (circolare n. 1 del 3.02.2012) precisa tuttavia che: "il diritto al congedo è subordinato per tutti i soggetti legittimati, tranne che per i genitori, alla sussistenza della convivenza. Il requisito è provato dagli aventi diritto mediante la produzione di dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 d. P.R. n. 445 del 2000, dalle quali risulti la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia della coabitazione (art. 4 del d.P.R. n. 223 del 1989)". Una eccezione è prevista per l'ipotesi in cui la dimora abituale non coincida con la dimora temporanea: "il requisito della convivenza potrà ritenersi soddisfatto anche nei casi in cui sia attestata, mediante la dovuta dichiarazione sostitutiva, la dimora temporanea, ossia l'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all'art. 32 del d. P.R. n. 223 del 1989, pur risultando diversa la dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile".
Tutto ciò richiamato Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima- sentenza n. 00261/2014 del 02/04/2014) ha respinto il ricorso presentato da un vigile del fuoco per l'annullamento del provvedimento del Ministero dell' Interno che gli revocava il beneficio del congedo straordinario;
Con istanza datata 16.09.2011 il ricorrente aveva chiesto ed ottenuto dall' Amministrazione di poter fruire di congedo straordinario retribuito, per l'assistenza del proprio padre, riconosciuto portatore di handicap in situazione di gravità. Durante la fruizione del congedo, il ricorrente, aveva però trasferito la propria residenza anagrafica dal Comune di Q. al Comune di D. al fine, espressamente dichiarato, di usufruire dei benefici e delle agevolazioni fiscali previsti dalla legge per l'acquisto della prima casa. Il sig. D.A. come avrebbe dovuto, non ha dato comunicazione al Comando di appartenenza del cambio di residenza ma, addirittura, nelle more del completamento degli accertamenti disposti d'ufficio per la verifica della sussistenza dei requisiti richiesti per il congedo, ha prodotto, una dichiarazione sostitutiva nella quale dichiarava di essere residente non già a D. bensì a Q. A seguito dei disposti accertamenti d'ufficio, ed una volta acquisito il certificato di emigrazione del dipendente dal Comune di Q. al Comune di D. la Direzione Centrale del Ministero, con provvedimento n. 237 del 07.01.2013, aveva revocato il congedo straordinario usufruito dal ricorrente a decorrere dalla data del cambio di residenza. Con il medesimo atto l'Amministrazione ha comunicato al dipendente che avrebbe disposto nei suoi confronti la decadenza dal diritto a qualsiasi trattamento economico per un periodo corrispondente. Il provvedimento è stato impugnato dal dipendente dichiarando di aver diritto al congedo previsto dall'art. 42 comma 5, del d.lgs. 151/2001 "in ragione della stabile convivenza con il genitore disabile nella casa sita in Q. a prescindere dalla effettiva residenza anagrafica risultante dai registri della popolazione residente". Ragionamento non seguito dai Giudici: I requisiti oggettivi per il riconoscimento del congedo, secondo quanto specificato nel punto 6 della circolare dell'INPS n. 32 del 06.03.2012, "costituiscono oggetto di accertamento d'ufficio previa indicazione da parte dell'interessato degli elementi indispensabili per il reperimento dei dati inerenti la residenza anagrafica ovvero l'eventuale dimora temporanea. In alternativa all'indicazione degli elementi di cui sopra, l'interessato ha facoltà di produrre una dichiarazione sostitutiva ai sensi del d. P.R. 445/2000". "Ne consegue che il dipendente non può accedere al beneficio, o eventualmente vi decade, ogniqualvolta emerga, in sede di verifica, una discrepanza tra residenza effettiva e quella dichiarata o, in alternativa, l'assenza dell'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea".
I provvedimenti adottati dall'Amministrazione, a seguito dell' accertamento della situazione di fatto, devono considerarsi, pertanto, come conseguenza inevitabile delle stesse dichiarazioni fatte dal ricorrente che ha continuato a dichiarare di essere residente in Q. attestando un dato non corrispondente al vero. Per quanto riguarda il recupero delle somme erroneamente corrisposte dall' Amministrazione, ritenuto dal ricorrente illegittimo per difetto di motivazione, il TAR osserva che: Secondo l'orientamento, ormai consolidato, della giurisprudenza il recupero di somme erroneamente corrisposte è atto pienamente doveroso: soddisfacendosi - con esso - un interesse pubblico "in re ipsa", non occorrendo, pertanto, che venga esplicitata alcuna motivazione particolarmente dettagliata, in quanto, in ogni caso, l'interesse, proprio dell'intera collettività nazionale, alla cessazione di un indebito esborso di pubblico denaro deve considerarsi prevalente rispetto a quello - privato - che vi risulti contrastante (Cons. Stato, Ad. Plen. 30.09.1993, n. 11).
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