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Data: 27/04/2014 09:00:00 - Autore: Licia Albertazzi di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 9204 del 23 Aprile 2014. L'esperienza delle aziende in house ha radici comunitarie: l'espressione “in house providing” si riscontra per la prima volta nel libro bianco della Commissione Europea del 1998, nel quale si definisce il concetto degli appalti in house come quelli “aggiudicati all'interno della pubblica amministrazione, ad esempio tra amministrazione centrale e locale o, ancora, tra un'amministrazione e ed una società interamente controllata”. Ecco dunque affiorare anche nel nostro ordinamento il concetto di “autoproduzione”: una società a cui vengono affidati produzione e gestione di servizi pubblici senza ricorrere al procedimento ordinario di evidenza pubblica (c.d. affidamento diretto) e che costituisce quindi una sorta di longa manus dell'amministrazione dotata di caratteristiche ben precise: la costituzione da parte di un ente pubblico e la totale partecipazione pubblica; il “controllo analogo” esercitato dall'amministrazione nei confronti della società aggiudicataria (come se quest'ultima fosse un soggetto interno); la realizzazione dell'attività prevalente della società in house nei confronti dell'ente aggiudicante o di altri controllanti. Queste caratteristiche sono state delineate per la prima volta nella sentenza della Corte di Giustizia Europea n. C-107-98 del 18 Novembre 1999 (Teckal s.r.l., richiamata anche dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento delle politiche comunitarie n. 12727 del 19 Ottobre 2001) relativamente alla problematica della tutela dei principi di libero mercato e sono stati ribaditi nella sentenza n. C-573-07 del 10 Settembre 2009. La circostanza che tali società siano sottoposte a regime particolare rispetto alle altre s.p.a. non fa venire meno la loro natura privatistica. Ciò significa che i rapporti di lavoro instaurati al suo interno hanno il medesimo carattere, compreso l'aspetto legato alle ricadute previdenziali. La Suprema Corte, nella sentenza in oggetto, evidenzia come una società per azioni, costituita da Comuni adicenti per la gestione in forma associata delle funzioni inerenti l'edilizia residenziale pubblica, deve comune versare all'Inps tutti i contributi dovuti, ivi compresi quelli “minori”. Contributi per malattia, assegni familiari, maternità; tutti questi devono essere versati dal datore di lavoro. Le in house restano comunque società private soggette a particolare controllo dell'ente pubblico costituente. |
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