Data: 03/06/2014 12:30:00 - Autore: Licia Albertazzi

di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza n. 11809 del 27 Maggio 2014. 

Non è detto che dall'esistenza di protesti  si possa automaticamente desumere  la conoscenza dello stato di decozione di un'azienda poi fallita da parte di chi ha ricevuto dalla stessa pagamenti in epoca sospetta.

Ci sono casi infatti in cui c'è l'abitudine di accettare solo pagamenti in contanti.

Nel caso preso in esame dai giudici di Piazza Cavour, i giudici di merito avevano dichiarato l'inefficacia di pagamenti effettuati da una società a una seconda società nel c.d. “periodo sospetto”, poco prima del fallimento. 

Il caso finiva in Cassazione  dove il ricorrente lamentava che il giudice d'appello non aveva tenuto in considerazione la circostanza che la società debitrice non fosse effettivamente a conoscenza dello stato di insolvenza della sua cliente e di come fosse uso commerciale della società procedere alla vendita della merce solo a fronte di pagamento in contanti.

Secondo la Corte di Cassazione i giudici di merito si sono limitati a presumere la conoscenza in capo alla società che aveva ricevuto un pagamento in epoca sospetta semplicemente per il fatto che erano stati elevati numerosi protesti a carico della società che era stata poi dichiarata fallita.

Inspiegabilmente era stata anche negata l'ammissione dei capitoli di prova testimoniale diretti proprio a dimostrare che il bollettino protesti non era stato consultato perché vi era una vera e propria prassi aziendale che prevedeva unicamente l'accettazione di pagamenti in contanti cosa che rendeva quindi inutile assumere informazioni sulle condizioni economiche della clientela.

La sesta sezione civile della Suprema corte, ritenendo il ricorso manifestamente fondato, si è pronunciata con ordinanza spiegando che non sono sufficienti a provare la "conoscenza" di un fallimento prossimo, i numerosi protesti a carico della società poi fallita se c'è la prassi di ricevere pagamenti in contante.


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