Data: 26/06/2014 10:00:00 - Autore: Marina Crisafi

È legittimo l'impiego di un minore come bagnino, se in possesso di regolare brevetto che sottintende all'idoneità psicofisica richiesta dalla legge penale. È quanto ha stabilito la terza sezione penale della corte di Cassazione, con sentenza n. 19848 del 14 maggio 2014, accogliendo il ricorso del titolare di uno stabilimento balneare, ritenuto colpevole in primo grado della contravvenzione di cui agli artt. 81 cpv. 8 comma e 26 comma 2 della l. n. 977/1967, per aver assunto due minori con le mansioni di bagnino senza averli sottoposti a preventiva visita medica, al fine di stabilirne l'idoneità psicofisica all'attività lavorativa cui sarebbero stati adibiti. 

Rilevava, in particolare, la Corte che la l. n. 977/1967, all'art. 8, n. 1 (come modificato da ultimo dall'art. 2 del d.lgs. n. 262/2000) prevede che “i bambini nei casi di cui all'art. 4, comma 2, e gli adolescenti possono essere ammessi al lavoro purché siano riconosciuti idonei all'attività lavorativa cui saranno adibiti a seguito di visita medica", imponendo, come affermato anche da pacifica giurisprudenza (cfr. ex multis n. 5746/2006) che l'idoneità non possa ridursi ad una “mera certificazione dello stato di buona salute” ma debba avere portata più ampia, ricomprendendo un giudizio di idoneità del minore al lavoro, effettuato dal Servizio Sanitario Nazionale, il cui mancato rispetto, e non già le modalità di effettuazione, integra un sanzione penale.

Nel caso di specie, sottolinea la Corte, i minori impiegati nella struttura balneare erano in possesso di regolare “certificato di abilitazione all'esercizio del mestiere di bagnino”, rilasciato dalla Società Nazionale di Salvamento, ente morale cui spetta la competenza al rilascio di apposito brevetto, previo accertamento del possesso di “idonee condizioni psicofisiche”. 

Pertanto, essendo muniti di regolare “brevetto di bagnino di salvataggio”, logico corollario, secondo la S.C., è che entrambi i minori avessero “già superato favorevolmente la visita medica finalizzata proprio ad accertarne l'idoneità psicofisica alla particolare attività lavorativa a cui sono stati adibiti”, per cui ha accolto il ricorso dichiarando che "il reato non sussiste”. 


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