Data: 19/06/2014 11:00:00 - Autore: Avv. Valeria Mazzotta
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Con la sentenza n. 170/2014, la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164, nella parte in cui non prevedono che la sentenza di rettificazione dell'attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore. Di conseguenza, la dichiarazione di illegittimità viene estesa anche all'art. 31, co. 6 d.lgs. 150/2011, che sostanzialmente replica il testo dell'art. 4 l. 164/1982.

Ad essere colpita dalla dichiarazione di incostituzionalità è l'assenza, nella legge sul transessualismo, della previsione di poter mantenere in vita una convivenza registrata: la violazione che si concreta è quella dell'art. 2 della Costituzione secondo cui la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo anche nell'ambito delle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. In tal senso, richiamando la nota sentenza 138/2014 Corte. Cost. , l'unione omosessuale,  intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, viene annoverata nell'ambito delle formazioni sociali meritevoli di tutela, e alla medesima viene riconosciuto il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri.

Nel richiamare il proprio precedente, la Consulta coglie tuttavia l'occasione per escludere che la coppia omosessuale possa ottenere riconoscimento solo nelle forme del matrimonio.

Anzi, esclude il contrasto del disposto normativo citato con l'art. 29 Cost., proprio nella misura in cui la nozione di matrimonio, per il nostro ordinamento, presuppone la diversità di sesso tra i coniugi.

In pratica, dunque, la Consulta nega che due persone, sposate, ma divenute dello stesso sesso, possano tener in vita in loro matrimonio, pur esortando il legislatore a intervenire per regolare gli effetti della loro unione.

Il divorzio automatico nel caso di cambio di sesso durante il matrimonio resta, ma è illegittimo, secondo i Giudici, che si passi da una situazione di piena tutela giuridica, laddove il matrimonio sia in essere, ad un vuoto legislativo, allorchè, intervenuto il mutamento di sesso, la coppia, che pure, come nel caso di specie, voglia conservare il rapporto in essere, si trovi invece ad essere, per lo Stato, un nulla, privo di qualsivoglia tutela giuridica.

Conclude quindi la Corte Costituzionale invitando il legislatore ad intervenire in modo sollecito, introducendo con normativa ad hoc una forma di convivenza registrata che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia che intenda rimanere tale.

La sentenza in esame non ha quindi soddisfatto il mondo omosessuale, che aveva riposto nella decisione della Corte Costituzionale l'aspettativa di un indiretto riconoscimento del rivendicato diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso: anzi, la decisione rappresenta un passo indietro rispetto a quella precedente del 2010. Non si può che auspicare un intervento legislativo che, quantomeno, colmi l'attuale lacuna normativa.

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