Data: 23/06/2014 15:00:00 - Autore: Alfonsina Biscardi

(di Alfonsina Biscardi)  La contestazione delle clausole di un mutuo e la difesa rispetto a decreti ingiuntivi e procedure esecutive  promosse da Istituti di Credito in caso di inadempimento del cliente mutuatario  si basano, essenzialmente, su alcune fondamentali questioni che impegnano, con sempre maggiore frequenza, i giudici di merito.

In primo luogo, � ampiamente discussa la modalit� di verifica dell'eventuale usurariet� dei tassi di interesse  corrispettivi e di mora che sono stati pattuiti nel contratto. Inoltre, si dibatte in merito alla illegittimit� del sistema di ammortamento alla francese. Non mancano, poi, casi in cui si rileva la indeterminatezza e/o indeterminabilit� dell'oggetto del contratto per effetto dell'equivoca pattuizione degli interessi. N� va dimenticata la questione relativa al superamento dei limiti di finanziabilit�.

La giurisprudenza di merito pi� recente ha preso posizione su ciascuna di tali problematiche.

Con riferimento alla verifica dell'usurariet� dei tassi � noto che, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n.350 del 2013, si � diffusa la tesi secondo la quale, nel caso in cui la semplice somma aritmetica degli interessi corrispettivi e di mora pattuiti, superi la soglia fissata dai decreti ministeriali, le relative clausole sarebbero nulle e il cliente sarebbe tenuto a restituire alla banca,  solo il capitale.

La giurisprudenza di merito prevalente, finora, non sembra sia orientata  a condividere tale interpretazione della sentenza n.350. Infatti, fatta salva un'ordinanza del Tribunale di Rovereto del 30 dicembre 2013 e una sentenza del Giudice di Pace di Domodossola del 2 maggio 2014, non risulta che ci siano stati altri provvedimenti che abbiano confermato la correttezza del metodo della somma aritmetica degli interessi corrispettivi e di quelli di mora ai fini della verifica dell'usurariet�. Peraltro, i provvedimenti appena citati non argomentano l'opzione a favore del metodo della somma aritmetica, limitandosi a rinviare  a quanto stabilito dalla citata sentenza  della Corte di Cassazione.

Sono, invece, pi� numerosi i provvedimenti nei quali diversi giudici di merito hanno esaminato criticamente la sentenza n.350 sostenendo che, in realt�, essa non avrebbe sancito un principio di diritto innovativo ma si sarebbe limitata a ribadire la necessit� di sottoporre a verifica di usurariet�, non solo gli interessi corrispettivi, ma anche quelli di mora pattuiti nel contratto.

In particolare, sul punto si sono pronunciati il Tribunale di Milano (ordinanze del 28 gennaio 2014 e del  22 maggio 2014), il Tribunale di Napoli ( ordinanze del 28 gennaio 2014 e del 15 aprile 2014, sentenza dell'11 maggio 2014), il Tribunale di Brescia (ordinanza del  16 gennaio 2014), il Tribunale di Trani (ordinanza del 10 marzo 2014), Il Tribunale di Verona (sentenza del 30 aprile 2014 con ampia e dettagliata motivazione)  e il Tribunale di Treviso (ordinanza dell'11 aprile 2014).

Secondo i citati provvedimenti, la somma aritmetica dei tassi corrispettivi e di mora non � praticabile, attesa la diversa natura giuridica delle due tipologie di interessi. L'unica ipotesi in cui tale sommatoria pu� configurarsi ai fini della verifica dell'usurariet� del mutuo � quella in cui, in caso di inadempimento, l'istituto di credito calcoli il tasso di mora sull'intera rata scaduta, costituita da capitale ed interessi corrispettivi. In tal caso, peraltro, potrebbe configurarsi anche un fenomeno anatocistico che, per�,  in base alla delibera CICR del 2000, � legittimo se  espressamente previsto con apposita clausola (in tal senso si veda, per tutte, la sentenza della Corte di Cassazione Sezione I n. 11400 del  22 maggio 2014).

Escludendo la possibilit� che si addivenga alla sommatoria degli interessi corrispettivi e di mora,  il Tribunale di Padova con ordinanza  dell' 08.05.2014 ha sostenuto che quando i soli  interessi di mora, separatamente considerati rispetto a quelli corrispettivi, al momento della pattuizione superano il tasso soglia, non sono dovuti e la loro usurariet� rende indebiti anche gli interessi corrispettivi non usurari, in virt� della ratio punitiva della disciplina  antiusura. In altri termini, basterebbe l'accertamento dell'usurariet� dei soli interessi di mora pattuiti nel contratto per fare in modo che il cliente mutuatario sia tenuto a restituire esclusivamente il capitale.

Altri provvedimenti di merito, invece,  (Tribunale di Milano ordinanza del 28 gennaio 2014;  Tribunale di Trani, ordinanza del 10 marzo 201 e Tribunale di Napoli  ordinanza del 28 gennaio 2014), escludono tale possibilit� e sostengono che, qualora il solo tasso di mora pattuito nel contratto si rivelarsi usurario, sono comunque dovuti gli interessi corrispettivi. 

Infine, alcuni provvedimenti hanno precisato che � da escludere a priori l'usurariet� degli interessi di  mora laddove il contratto preveda una  clausola di salvaguardia con la quale, cio�, � stabilito che essi saranno sempre adeguati al limite della soglia. (Tribunale di Napoli ordinanze dell' 8 gennaio 2014  e del  04 giugno 2014).

Ad ogni modo, non si pu� ignorare che manca un parametro di riferimento validamente utilizzabile per la verifica dell'usurariet�. Infatti, attualmente, nella determinazione del tasso soglia, in base alle istruzioni della Banca d'Italia, non si tiene conto del tasso di mora.

Come si � detto, un'altra questione sottoposta ai giudici di merito con riferimento ai mutui � costituita dalla presunta illegittimit� del sistema di ammortamento alla francese che produrrebbe anatocismo. Ebbene, a tal proposito va rilevato che l'orientamento gi� espresso dal Tribunale di Benevento con  sentenza n.1936  del 19 novembre 2012 e da quello di Milano con  sentenza del 30 ottobre 2013, � stato recentemente confermato dal Tribunale di Pescara con  sentenza del 10 aprile 2014 e da quello di Treviso con sentenza dell' 11 aprile 2014, gi� citata con riferimento alla questione dell'usurariet�. Peraltro, il Tribunale di Milano, con  sentenza del 05 maggio 2014, rinviando alle risultanze della perizia e ricostruendo l'iter argomentativo del consulente, ha escluso nuovamente  che nell'ammortamento alla francese sia insito il fenomeno anatocistico e che esso sia, di per s�, illegittimo.

Il Tribunale di Milano con sentenza del 30 ottobre del 2013, poi, ha affrontato un caso in cui l'oggetto del contratto di mutuo risultava indeterminato e/o indeterminabile a causa della oggettiva equivocit� della clausola con cui era disciplinata la modalit� di determinazione degli interessi corrispettivi a tasso variabile. In base a tale sentenza il contratto di  mutuo  formulato in modo tale da non consentire una univoca ricostruzione del piano di ammortamento e delle modalit� di determinazione del tasso di interessi (ci� accade soprattutto nei mutui a tasso variabile dove, peraltro, il piano di ammortamento allegato � puramente orientativo), � nullo ai sensi dell'art.1419 c.c. e trova applicazione il tasso legale ai sensi dell'art.1284 c.c..

 

Con riferimento specifico al credito fondiario, che � definito dall'art.38 I comma del Testo Unico in materia Bancaria (TUB) come  l'operazione avente ad oggetto la �concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili� si pone il problema del superamento del limite di finanziabilit� che la Banca d'Italia, in conformit� delle deliberazioni del CICR, ha determinato in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da realizzare sugli stessi. L'attuale limite massimo di finanziabilit� � fissato dalla delibera del CICR del 22 aprile 1995 (e dalle conseguenti istruzioni applicative di Banca d'Italia) nell'80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sui beni medesimi. E' prevista anche la possibilit� di elevare tale percentuale al 100% attraverso il rilascio di garanzie integrative.

L'importo finanziato, dunque, in linea generale, non deve superare il limite dell'80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire su di essi.

Il valore dei beni ipotecati e, quindi, del credito ipotecario, in base alla  Direttiva 2000/12/CE � �determinato da un perito in base ad un prudente apprezzamento della futura negoziabilit� dell'immobile stesso tenendo conto degli aspetti durevoli a lungo termine dell'immobile, delle condizioni normali e locali del mercato, dell'uso corrente dell'immobile e dei suoi appropriati usi alternativi�  Accade, tuttavia, che il perito incaricato dalla Banca non sempre si ponga nell'ottica prudenziale richiesta dalla Direttiva europea, sovrastimando l'immobile ipotecato  o il costo delle opere da realizzare e determinando un valore del credito ipotecario superiore a quello effettivo. Pertanto, in tali casi, l'importo finanziato finisce col superare l'80% del valore dei beni ipotecati o delle opere da realizzare.

Gli effetti del superamento del limite di finanziabilit� non sono pacifici. Infatti, il  Tribunale di Venezia, con sentenza del 26 luglio 2012, ha mostrato di condividere quanto statuito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 9219 del  1� settembre 1995,  e ha statuito che, qualora attraverso apposita stima si  dimostri l'avvenuto superamento del limite di finanziabilit�, il mutuo � nullo ai sensi dell'art.1418 c.c. per violazione di norma imperativa, essendo la disciplina del credito fondiario, posta a tutela, non solo degli interessi del ceto bancario, ma anche dell'interesse al corretto funzionamento del sistema bancario e, di conseguenza, al regolare andamento dell'economia. Secondo la sentenza in esame, quindi, la determinazione dell'importo massimo finanziabile attiene alla struttura del contratto di credito fondiario.

Tuttavia, la Corte di Cassazione con sentenza n. 26672 del 28 novembre 2013 ha respinto tale ricostruzione affermando che dalla violazione del limite di finanziabilit� pari all'80% del valore dell'immobile, non possa discendere la nullit� del contratto di mutuo fondiario.
La Corte, infatti, ha rilevato che non si pu� configurare  un'ipotesi di nullit�  per contrariet� del contratto a norme imperative in difetto di espressa previsione, posto che la disposizione imperativa non incide sul sinallagma contrattuale ma investe esclusivamente il comportamento della banca tenuta ad attenersi al limite prudenziale stabilito dall'art 38, comma secondo, del TUB e dalla circolare del CICR del 1995.  Il superamento del limite, dunque, comporterebbe solo la violazione di norme di buona condotta e l'irrogazione delle sanzioni previste dall'ordinamento bancario, senza ingenerare una causa di nullit�, parziale o meno, del contratto di mutuo.


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