Data: 24/06/2014 18:03:00 - Autore: Abg. Francesca Servadei
Abg. FRANCESCA SERVADEI - francesca.servadei@libero.it

Stalking è un termine usato molto spesso nel gergo comune, ma non tutti ne conoscono il vero significato, tanto meno la sua origine. Letteralmente significa “fare la posta”, quindi controllare assiduamente comportamenti ed abitudini di una determinata persona. Le sue origini si rintracciano nell'America degli anni ‘70, quando, giornalisti statunitensi adottarono questo termine attribuendogli il significato di ‘ perseguitare gli essere umani', individuandone due condotte: la prima consistente nel tallonamento di personaggi famosi ad opera di fotografi e poi di persone con problemi mentali e la seconda condotta rappresentata dai delitti seriali. La diffusione di questi comportamenti fu tale che dopo più di un decennio, su proposta del giudice  John  Watson, nello stato della California fu emanata una specifica normativa, inserita nella sezione 646.9 del Codice penale delgi Stati Uniti, per contrastare questo fenomeno, fenomeno che successivamente assunse dimensioni mondiali. Infatti anche Paesi come il Regno Unito e la Germania dovettero far fronte alla diffusione e la gravità di tali comportamenti; il Regno Unito, nel 1997, emanò il “Protection from harassment act”, mentre in Germania fu la riformulazione, nel 2007, dell'articolo 238 del Codice penale tedesco ad osteggiare queste condotte e proprio dall'esperienza tedesca attinge il Legislatore italiano, inserendo l'articolo 612 bis al Codice penale; norma, introdotta con il Decreto Legge del 23 febbraio 2009, “Misure urgenti un materia di pubblica sicurezza e di contrasto alla violenza sessuale, nonchè  in tema di atti persecutori”, convertito in Legge 23 aprile 2009, num. 38 e modificata nell'agosto del 2013 con il Decreto Legge 93/2013 “ Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”.

Con il Decreto Legge 11/2009, e sue successive modifiche, si è voluto colmare non tanto un vuoto legislativo, bensì un sistema di protezione rappresentato dal reato ex art. 660 del Codice penale, rubricato “Molestia o disturbo alle persone” e quindi inadatto a fronteggiare condotte riconducibili agli atti persecutori; infatti a tal proposito, nella relazione parlamentare si afferma che la citata contravvenzione risulta essere inadeguata a contrastare condotte traducibili in insistenti e ripetuti atti e che quindi si è avvertita la necessità di creare una norma che, contestualmente, ampliasse ed anticipasse la tutela della vittima; come si comprende, proprio da questi lavori, quindi, si è avvertita l'esigenza di introdurre una fattispecie normativa ad hoc tesa a garantire una specifica, esatta e soprattutto idonea protezione al bene giuridico, quale la libertà morale, tutela, perciò non garantita ai sensi dell'articolo 660 del Codice penale.

La condotta tipica degli Atti persecutori implica una continua ed insistente ricerca di vicinanza con l'atra persona; vicinanza consistente in contatti ovvero comunicazioni malvolute, in quanto provocano a chi li subisce (e quindi non vive tali relazioni!) disagio, depressione, angoscia, panico al punto di cambiare le proprie abitudini di vita; trattasi di una persistente ripetizione di comportamenti soffocanti tali da ledere il bene giuridico protetto dalla norma, ossia la libertà  morale e non a caso il Legislatore ha voluto collocare tale figura di reati nel Libro II, TITOLO XII, sez.III, rubricata Dei delitti contro la liberà morale, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma è costituito proprio dalla libertà morale.

Gli atti persecutori consistono in condotte vessatorie tali da far provare alla vittima un senso di mortificazione incidendo quindi sull'autonomia della persona.

Nel reato in esame la relazione tra agente e vittima è a senso unico, ossia priva di ogni tratto di scambio e quindi di condivisione.

Nel reato di cui all'articolo 612 bis del Codice penale, quale reato di danno, è evidente il carattere abituale, ossia affinché possa sussistere la condotta penalmente rilevante è necessario che più atti la integrino, quindi non è sufficiente la ripetizione sporadica nel tempo di determinate condotte.

Gli atti persecutori si configurano in molestie o minacce.

La molestia è suscettibile di un ampio campo semantico: essa può manifestarsi in molti modi, basti pensare che trattasi di una figura di reato a forma libera; per quanto concerne invece la minaccia consiste nel prospettare un male ingiusto e futuro, la cui attuazione dipende dalla volontà del soggetto agente, assumendo la forma diretta, indiretta, implicita, ovvero esplicita.

Le minacce e le molestie di cui tratta l'articolo 612 bis non necessariamente devono essere della stessa tipologia, sussistendo quindi anche un carattere eterogeneo della condotta, nonché si può verificare una alternanza delle une e delle altre; minacce o molestie che si traduco in lettere contenenti frasi minatorie, lettere anonime, comunicazioni telefoniche, missive ricattatorie od offensive. E' lecito affermare che i comportamenti tipizzati, quali minaccia o  molestia si possono concretizzare anche in atteggiamenti, quali appostamenti, fastidiose ed ossessive presenze, stazionamenti presso l'abitazione, presso scuole ovvero presso edifici di abituale frequentazione della vittima, collocamento presso l'abitazione della vittima di oggetti, spedizione di oggetti o di alimenti presso l'abitazione della vittima, ovvero presso il luogo di lavoro della stessa; tutte queste condotte che di per se non integrano un illecito penale, invece laddove siano caratterizzate dalla reiterazione in un lasso di tempo non lontano l'uno dall'altro e che generino nella vittima/ persona offesa un senso di angoscia, ansia, depressione o panico tale da ingenerare un cambiamento nelle sue abitudini di vita, integrano le fattispecie di cui all'articolo 612 bis del Codice penale; della reiterazione si è espressa la Sezione V della Corte di Cassazione, con sentenza 10388 del 2012, con la quale ha affermato che la tipicità delle condotte persecutorie è contraddistinta dalla reiterazione delle stessa, perciò affinché si configuri il reato di cui all'articolo 612 bis del Codice penale è necessario porre in essere la realizzazione di “una condotta frazionata in una pluralità di comportamenti tipici, sia omogenei, che eterogenei, che si succedono nel tempo”.

Una particolare attenzione deve essere rivolta agli effetti delle condotte summenzionate, quali: a) il grave e perdurante stato di ansia e di paura; b) il fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva; c) l'alterazioni delle proprie abitudini di vita; da ciò se ne desume che il verificarsi dei disturbi di cui alla lettera a), b) e c) comporta il verificarsi della fattispecie incriminatrice, pertanto affinché si commetta il reato di cui all'articolo 612 bis del Codice penale è necessario la sussistenza del nesso tra le condotte minacciose o moleste ed il verificarsi dei disturbi citati dai quali ne derivano, conseguentemente, cambiamenti nelle abitudini di vita della persona offesa; disturbi che, in sede processuale dovranno essere accertati, mediante apposita certificazione medica, dal Pubblico Ministero quali elementi di prova. È lecito osservare che tale accertamento non risulta più necessario. Infatti, la Suprema Corte, già con sentenza 16864 del 2011 aveva sostenuto la non necessità della dimostrazione clinica dello stato di disagio psicologico vissuto dalla persona offesa. Tale orientamento è stato recentemente confermato dalla Sezione V della Corte di Cassazione, la quale con sentenza del 19 maggio 2014, n. 20531, ha statuito che perché si possa configurare l'ipotesi incriminatrice , non è necessario l'accertamento della patologia essendo invece sufficiente che gli atti, quali minacce o molestie, siano stati tali da destabilizzare la quiete ovvero l'equilibrio psicologico della vittima.

Gli eventi quali il perdurante e grave stato di ansia o di paura, il fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto e le alterazioni delle abitudini di vita, sono di tipo alternativo, pertanto, è sufficiente il verificarsi anche di un solo di essi perché si compia l'atto persecutorio, senza escludere che tale fattispecie si verifichi anche in presenza di due degli effetti ovvero addirittura di tutti e tre gli effetti descritti nella norma. Per quanto riguarda il grave e perdurante stato di ansia e di paura trattasi di un effetto di natura psicologica, il quale, dato il suo carattere così astratto ha sollevato problematiche con il principio di tassatività e determinatezza; problematiche però ben presto superate dal parere del Consiglio Superiore della Magistratura, il quale, con il parere sul Decreto 11/2009, pronunciandosi circa l'accertamento della situazione soggettiva della parte lesa, si è espresso in senso positivo non ravvisando alcun contrasto in termini di indeterminatezza ed anzi sostenendo il rispetto della disposizione normativa con quanto previsto all'articolo 25 della Carta Costituzionale.

Per quanto invece concerne il fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva, effetto anche questo di natura psicologica, è d'obbligo soffermare l'attenzione su tre aspetti, quali: 1) “ il fondato timore”, 2) i soggetti nei confronti dei quali il timore o la paura si prova, e 3) la “relazione affettiva”.

Il fondato timore implica qualcosa di oggettivamente provato che deve però incontrate la sensibilità morale o psichica della vittima.

I soggetti ai quali il Legislatore si riferisce sono quelli indicati ai sensi dell'articolo 307, IV comma, del Codice penale e quindi gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini dello stesso grado, gli zii ed i nipoti, non comprendendo però gli affini quando sia morto il coniuge e non vi sia discendenza, mentre per quanto riguarda la relazione affettiva essa si riferisce a tutti quei rapporti interpersonali caratterizzati da un sentimento che non necessariamente si traduce in una relazione amorosa, essendo quindi anche improntato sulla amicizia.

L'ultimo effetto, costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, implica il costringimento psichico alla luce del quale la vittima tende a modificare le proprie abitudini di vita; esso consiste in un evento materiale rappresentato da cambiamenti incisivi nello stile di vita, comportamenti questi attuati proprio per fronteggiare la condotta del soggetto agente. Con riferimento a quest'ultimo aspetto significativa è stata la pronuncia della Corte di Cassazione con sentenza 20993/2012, con la quale, la V sezione penale, ha statuito che i cambiamenti nello stile di vita della vittima importano qualsiasi tipo di modificazione incisiva e prolungata per una considerevole durata nel tempo nella abituale vita della vittima. Le modificazioni possono consistere nel non frequentare più i soliti luoghi di ritrovo, quali ristoranti, bar, parchi, ovvero cambiare costantemente utenza telefonica, o percorrere strade diverse per recarsi al posto di lavoro.

Da quanto sopra evidenziato e lecito osservare che la figura di reato in questione deve essere “presa con nel pinze”: ciò che può tubare Tizio non è detto che turbi Caio, in quanto le condotte del soggetto agente devono essere in stretto rapporto con la sensibilità della persona alla quale sono dirette.

 Il soggetto agente è il persecutore o come meglio identificato nel lessico comune stalker: carnefice , ma anche vittima di se stesso; trattasi di individui dalla personalità assai debole, che idealizzano la loro preda-vittima quale centro del proprio interesse, ponendo nei loro confronti atteggiamenti ossessivi sempre alla ricerca del controllo, del possesso e della sorveglianza. Lo strumento penale non sempre è sufficiente a reprimere la sua condotta, quindi a questo è spesso affiancato quello medico finalizzato al superamento del disagio. Nella maggior parte dei casi trattasi di un soggetto border-line, ossia quel soggetto che alterna comportamenti seduttivi a quelli persecutori; solitamente nell'età infantile ha compreso che per ottenere attenzioni deve soddisfare e compiacere la persona alla quale è più legato affettivamente, controllandone quindi con stati angosciosi, i comportamenti. Nell'età adulta la richiesta d'amore è la risposta al rifiuto di quella persona a lui particolarmente significativa. Strumento utilizzato dallo stalker, quale controllo sulla persona, è la coercizione al fine di amore, utilizzando metodi quali comportamenti minacciosi o molesti. L'allontanamento della persona tanto desiderata provoca uno stato delirante ove l'altro, che sia di sesso maschile o femminile, diventa il pensiero ossessivo, sino a d arrivare all'omicidio al fine di riscattarsi.

Nel corpo normativo del Codice penale, con il Decreto 11 del 2009, è stata riconosciuta una particolare tutela nei confronti della donna in stato di gravidanza; all'uopo è necessario affermare che, la Legge 66 del 1996, recante norme contro la violenza sessuale, apportando modifiche al Codice citato, nelle aggravanti ai sensi dell'articolo 609 ter non prevedeva alcuna forma di tutela nei confronti della donna in stato di gravidanza; mancanza priva di giustificazione dal momento che la Legge ora citata fa della tutela della donna il suo principale obiettivo; dopo ben 17 anni, e più precisamente con il Decreto Legge numero 93 del 2013, “ Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”, è stata colmata questa lacuna normativa; infatti con l'articolo 1 del citato Decreto è stato introdotto il numero 5ter) dell'articolo 609ter relativo alle circostanze aggravanti per il reato della Violenza sessuale,  prevedendo quindi l'aggravante della pena della reclusione dai sei a ai dodici anni, se il fatto è commesso “nei confronti di donna in stato di gravidanza”; in questo modo è stata superata quell'assenza di previsione che non sarebbe dovuta persistere nella Legge num. 66/1996, la quale  pone la donna il suo principale obiettivo di tutela.  

Per quanto riguarda il delitto degli Atti persecutori, ex articolo 612 bis, a danno di donna in stato di gravidanza, esso comporta un aumento della pena fino alla metà, ma tale aumento perché possa essere ascritto al reo dipende dal fatto che lo stato di gravidanza  sia visibile, ciò significa che, sussiste il rischio di non applicare il suddetto aumento nella caso di donna che si trovi nei primi mesi di gestazione, ovvero di quella donna che, per la propria corporazione fisica, non presenta ictus oculis, i segni di uno stato avanzato di gravidanza.

L'articolo 612 bis del Codice penale prevede il seguente regime sanzionatorio: la pena della reclusione dai sei mesi ai cinque anni, aumentata laddove il soggetto agente sia il coniuge anche separato o divorziato, ovvero da persona che ha ovvero abbia avuto una relazione affettiva con la vittima, o nel caso in cui il reato è stato commesso attraverso strumenti informatici o telematici. Inoltre, la pena è aumentata fino alla meta nel caso in cui gli atti persecutori siano compiuti nei confronti di una donna in stato di gravidanza, ovvero tali condotte siano state poste in essere nei confronti di un minore o di  una persona affetta da una minoranza fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata ovvero progressiva, tale da rendere non solo difficoltoso l'apprendimento, ma anche relazioni ed inserimenti in ambito lavorativo in modo da determinare nel soggetto uno svantaggio sociale o di emarginazione, nonché il fatto sia compiuto mediante l'utilizzo di armi o da persona travista; altresì è previsto un aumento di pena a carico del soggetto che abbia ricevuto dal questore un ammonimento, così come indicato al III comma dell'articolo 8 del Decreto num. 11 del 2009.  

Per quanto riguarda la procedibilità, trattasi di reato a querela di parte, la cui proposizione può essere effettuata nel termine di sei mesi;  si procede d'ufficio nel caso in cui il reato sia commesso a danno di minore, di persona affetta da handicap ai sensi dell'articolo 3 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, nel caso in cui l'ammonimento del persecutore non abbia sortito alcun effetto, ovvero nel caso in cui ci sia una connessione con altro delitto per il quale  si procede d'ufficio.

Una particolare attenzione deve essere soffermata sulla remissione della querela e sulla irrevocabilità . Per quanto concerne la remissione essa può essere effettuata solo processualmente, quindi in udienza, innanzi ad un Giudice, il quale verificherà non solo la spontaneità di quanto rimesso, ma valuterà anche l'assenza o meno di probabili condizionamenti o forzature sulla persona offesa; tale modalità, però, potrebbe in un qualche modo inibire la volontà della vittima, in quanto significherebbe non solo ritornare sui propri passi in pendenza di un giudizio, ma anche provare, nei confronti dell'organo giudicante, un senso di timore reverenziale tale da frenare il proposito di rimettere la querela.

Non poche critiche ha suscitato la decisione della irrevocabilità della querela. Trattasi di una irrevocabilità condizionata: ossia affinché la querela sia irrevocabile, le minacce  reteirate, volte quindi a far vivere alla vittima gli eventi di cui al I comma dell'articolo 612 bis del Codice penale, devono essere gravi ovvero poste in essere mediante modalità indicate ai sensi dell'articolo 339 del Codice penale. La scelta del Legislatore di introdurre, per il reato degli Atti persecutori, l'irrevocabilità è stata dettata dall'osservanza del principio stabilito nella Convenzione di Istanbul, ratificata dal Parlamento con Legge 27 giugno 2013, n. 77, in merito alla quale è necessario assicurare la prosecuzione del giudizio penale anche nel caso in cui la persona offesa abbia ritrattato l'accusa ovvero ritirato la querela.

Il Decreto numero 11 del 2009, come si è detto, non solo ha modificato il Codice penale introducendo l'articolo 612bis, ma ha apportato significative modifiche anche al Codice di procedura penale. Infatti, in materia di misure cautelari personali il Legislatore, inserendo l'articolo 282 ter, Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa,  ha disciplinato che, con relativo provvedimento, il Giudice dispone all'imputato il divieto di avvicinarsi ovvero mantenere una determinata distanza dai luoghi di abituale frequentazione dalla persona offesa; nonché ha disposto, alla luce di ulteriori esigenze di tutela, non solo la impossibilità di conferire con prossimi congiunti della persona offesa o di coloro che hanno con la stessa una relazione affettiva, ma anche di mantenere, con i soggetti sopraccitati una determinata distanza; per queste misure, in virtù di esigenze lavorative, “il giudice può prescrivere relative modalità e può imporre limitazioni. I provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo sopra citato sono comunicati non solo alle autorità di pubblica sicurezza, ma anche alla persona offesa ed ai servizi socio-assistenziali del territorio, secondo quanto è disposto dall'articolo 282 quater del Codice di procedura penale.    

In materia di incidente probatorio, laddove si proceda, oltre per i reati indicati all'articolo 392 del codice di rito, anche per il reato di Atti persecutori, è possibile richiedere incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minore di età ovvero anche alla persona offesa maggiorenne anche laddove non sussistano i presupposti per la richiesta di incidente probatorio; altresì, alla luce di quanto è disposto ai sensi dell'articolo 398, V bis comma, il Giudice, laddove fra “le persone interessate all'assunzione della prova, vi siano minorenni” può stabilire le modalità per svolgere l'incidente probatorio, decidendo anche di eseguirlo in un luogo che non sia l'aula del Tribunale; le relative dichiarazione, delle quali dovrà essere redatto un verbale in forma riassuntiva, dovranno essere documentate con apposite strumentazioni fonografiche o audiovisive.

In ambito dibattimentale, secondo quanto è disposto dall'articolo 498, comma  IV ter, anche per il reato di stalking, laddove la vittima sia un minore ovvero un maggiorenne infermo di mente, l'esame dei citati soggetti, può essere effettuato, su richiesta dello stesso ovvero del difensore, attraverso uno specchio munito di impianto citofonico.

Di rilevante importanza sono anche le modifiche apportate al Codice di procedura penale con il Decreto Legge numero 93 del 2013, “ Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”, in modo particolare si ricorda l'articolo 380 bis del Codice di rito ove è stata aggiunta la lettera lter ), la quale consente agli ufficiali nonché agli agenti di polizia giudiziaria di procedere all'arresto obbligatorio in flagranza per il reato di cui all'articolo 612 bis Codice penale.

I Decreti sopra citati non sono solo finalizzati a dettare norme sostanziali e processuali, ma sono finalizzati anche ad attuare una ulteriore tutela nei confronti della donna mediante programmi ben definiti. A tal propositi il Decreto 11/2009 disciplina che le forze dell'ordine, il personale medico, nonché le istituzioni pubbliche, laddove  siano informati dalla vittima di aver subito il reato ai sensi dell'articolo 612 bis ( l'art. 11 del citato Decreto enumera anche altre figure di reato) hanno l'obbligo non solo di dare alla vittima le informazioni riguardanti l'esistenza di centri antiviolenza, ma anche di adoperarsi per far si che la vittima sia messa direttamente in contatto con tali centri qualora la stessa lo richieda; altresì è stato

istituito un numero verde volto all' assistenza psicologica e giuridica e, su richiesta

della persona, avvisare le competenti autorità di atti persecutori.

Il “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” adottato dal Ministro delegato per le pari opportunità, che copre le annualità dal 2014 sino al 2020, ha lo scopo di contrastare ogni fenomeno di violenza contro le donne che può arrivare sino all'omicidio, oggigiorno definito come femminicidio, mediante la sensibilizzazione, all'interno delle scuole di ogni grado, della figura femminile educando gli studenti al rispetto della stessa.  

L'articolo 612bis del Codice penale è stato oggetto di critiche, in quanto veniva contestato la violazione del principio di determinatezza delle fattispecie penali. Tali critiche sono state definitivamente superate dalla sentenza 172/2014 pronunciata dalla Corte Costituzionale. La Corte ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice di merito, con la quale veniva lamentata la indeterminatezza del citato articolo con il principio espresso nel II comma dell'articolo 25 della Costituzione. In particolare la Consulta, a sostegno della propria pronuncia, ha affermato che dal momento che il Legislatore nel descrivere le condotte indicate ai sensi dell'articolo 612 bis del Codice penale, non abbia adottato una dettagliata ed analitica elencazione dei comportamenti sanzionati, non implica di per sé un vizio di indeterminatezza, purchè mediante una interpretazione teleologica, precisa si giunga ad un chiaro, comprensibile ed esatto significato di quanto indicato nella norma; è lecito affermare che il principio di determinatezza ammette anche formule elastiche delle quali il Legislatore trovandosi nella “ impossibilità pratica di elencare analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee a ‘giustificare' l'inosservanza del precetto e la cui valenza riceva adeguata luce dalla finalità incriminatrice e dal quadro normativo su cui essa si innesca”.

Inoltre la Consulta ha sostenuto che il concetto di reiterazione, espresso nell'articolo 612 bis del Codice penale, chiarisce che le condotte devono essere necessariamente almeno due al fine di provocare gli eventi alternativi.

Gli Atti persecutori è un reato punibile esclusivamente a titolo di dolo, in quanto nella mente dello stalker deve coesistere il momento volitivo e rappresentativo dell'azione. 

Abg. FRANCESCA SERVADEI - francesca.servadei@libero.it
STUDIO LEGALE SERVADEI, CORSO GIACOMO MATTEOTTI NUM. 49,  ALBANO LAZIALE (ROMA) TEL 069323507- CELL. 3496052621

Tutte le notizie