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Data: 22/06/2015 21:00:00 - Autore: Angelo Casella Si sta cercando di approfittare del Grande Inciucio (e tocca anche fare presto data la sua precarietà…) per mettere le mani sulla Carta Costituzionale. Un programma di demolizione di stampo piduista e oscurantista mirato a stravolgere Garanzie e Diritti fondamentali, che non a caso ricalca le linee già tracciate dal noto Licio Gelli. Del resto, tutti i vetero-fascisti ritiratisi nell'ombra dopo la Liberazione, da tempo aspettavano questo momento. E' un disegno volto ad assegnare maggior potere e più accentuato arbitrio ai vertici istituzionali, demolendo i limiti ed i controlli fissati dalla Costituzione del 1947. E' in sintonia con il progetto della finanza mondiale di imporre regole e sistemi di maggiore sfruttamento delle attività economiche, piano che necessita di accentuato potere delle istituzioni nazionali. Estremamente (e tristemente) significativo che la manifestazione tenuta a Bologna contro questo folle progetto, con personaggi del calibro di Zagrebelsky, Rodotà, Saviano ed altri, non abbia avuto la minima eco sui mezzi di comunicazione. Cose da Minculpop. 1.- Cominciamo con sottolineare che le riforme costituzionali, nonostante le furbesche dichiarazioni contrarie, non hanno nulla a che fare con i problemi del Paese, sgretolato dalla corruzione, dal decadimento morale, dallo strapotere dei partiti, dalla irresponsabile condotta dei governi che ha portato ad una crisi senza precedenti (e dalla quale non potrà mai più risollevarsi). L'interesse del Paese va da tutt'altra parte ed occupa ben altre sfere. 2.- Secondo punto. La Costituzione non è un pezzo di carta qualsiasi i cui contenuti si possono cambiare a piacimento del primo venuto. La Costituzione è un patto che interviene tra i membri di una società per organizzare una pacifica ed equilibrata convivenza. Quindi con essa vengono fissati: a) i valori considerati condivisi e quindi fondanti per la collettività; b) la tipologia e caratteristiche, sia operative, sia strutturali, dei poteri istituzionali, i connessi limiti e controlli; c) le modalità di formazione e funzionamento della rappresentanza dei cittadini; d) le garanzie ed i controlli dei diversi poteri. E' in base a questo patto che i membri della collettività accettano di obbedire alle leggi emesse dai loro rappresentanti. In altri termini, è il fondamento della legittimazione del potere “pubblico”, quello esercitato in nome e tutela dell'interesse collettivo. E' questo patto, perciò, che protegge i cittadini dall'arbitrio e dall'abuso del potere e garantisce loro il rispetto della legalità. Questo patto solenne non può evidentemente essere imposto da chi, in via precaria e casuale, occupa temporaneamente le istituzioni. 3.- Uno dei principi tecnici fondamentali (ed universali) di ogni buona Costituzione è la separazione dei poteri istituzionali ed il loro attento controllo. In proposito, è doveroso richiamare Montesquieu, per il quale: “Tutti i poteri hanno una naturale, quasi meccanica, propensione all'abuso. E' perciò fondamentale, per proteggere i cittadini, prima di tutto separare i poteri, e quindi organizzarne il controllo: non deve esservi nessuna confusione di funzioni tra i poteri e nessun potere senza contro-potere“. Nessun potere può, da solo, imporre la propria volontà. E così, il Parlamento preparerà le leggi, ma non le porrà in atto. E il governo provvederà ad imporre le leggi, ma non potrà predisporle. La Magistratura presiederà al controllo di legalità, cioè alla correttezza nella applicazione e imposizione delle leggi. Questa separazione è essenziale. “ D'altra parte – prosegue Montesquieu – se uno dei poteri ritiene che l'altro tenga un comportamento inaccettabile, deve poterlo revocare. E così il Parlamento dovrà poter mandare a casa il governo, così come il governo potrà sciogliere il Parlamento. Nei due casi, si ricorre all'arbitrato (le elezioni) del popolo, il quale deve restare la fonte unica di tutti i poteri“. In sostanza, occorre che ogni potere sia messo in condizioni di dare conto in ogni momento di ciò che fa e sia consapevole di essere costantemente controllato. Anche questo principio è fondamentale. 4.- Purtroppo, nella esperienza del nostro Paese, abbiamo dovuto constatare che la detta separazione ed i connessi controlli sono oggi completamente inesistenti a causa dell'espansione abnorme del potere dei partiti (foraggiati, si noti bene, con denaro pubblico). I partiti hanno assunto infatti una posizione dominante e univoca nella gestione della cosa pubblica. Hanno trasformato dei poteri formalmente separati nella Carta in un ributtante minestrone unico, nel quale è impossibile distinguere l'uno dall'altro, così cancellando di fatto tutte le garanzie ed i meccanismi democratici. Questo è il punto nodale sul quale intervenire. E per il quale non occorre cambiare la Costituzione, bensì semplicemente attuarla. 5.- Constatiamo di frequente che il potere legislativo si attribuisce una particolare legittimazione, in dipendenza del suffragio diretto. Tende così a proporsi come più forte degli altri. Tanto che le assemblee parlamentari, le Camere, possono assumere atteggiamenti dispotici e dittatoriali in quanto il meccanismo elettivo non costituisce un contro-potere idoneo. In Italia ciò è avvenuto di frequente con le leggi che hanno fortemente ridotto l'autonomia della Magistratura (la spina nel fianco dei politicanti corrotti) agendo sulle carriere, le nomine, i procedimenti disciplinari, il Consiglio Superiore della Magistratura, ecc. Per questo, per limitare in qualche misura almeno il potere parlamentare, sono state previste DUE Camere, perché – possibilmente – l'una corregga, mitighi e temperi l'altra (possibilità però da noi praticamente annullata dal dominante magma partitico). Il Senato, composto da persone più anziane, ha il compito di moderare la Camera dei Deputati. Pensare di abolire la seconda Camera, come si progetta, sarebbe un inaccettabile tentativo di “sbrigare” le decisioni prese dalla prima che, oltretutto, a seguito anche dell'indecente “premio di maggioranza” è oggi espressione diretta del governo. Chi afferma, come abbiamo purtroppo sentito, che il sistema bicamerale è “superato“, ove in buona fede, dice delle sciocchezze colossali. La possibilità di sciogliere le Camere, rimessa al Presidente della Repubblica, costituisce, nell'ambito dei contro-poteri istituzionali, un altro importante moderatore del potere legislativo. (Si potrebbe oggi auspicare che tale decisione venga presa di concerto con un altro potere). 6.- Ancor più sconvolgente e inaccettabile lo stravolgimento dei principi sui quali la Carta è fondata, con la ventilata introduzione del “presidenzialismo“. Le motivazioni hanno la valenza di un atto d'accusa. Si invoca, infatti, a sostegno dell'indegno progetto, la maggiore “efficienza“. Una affermazione che evidenzia la totale stupidità di chi la sostiene. E' chiaro a tutti che la massima efficienza decisionale è quella fornita dal despota, unica fonte delle decisioni. E' assiomatico che sulla scala dell'efficienza, il tiranno sia al vertice. Ma questo tipo di efficienza, nessun uomo sano di mente potrebbe desiderarla. Nel cammino dell'umanità, sono passati secoli perché, faticosamente superando la prevaricazione della classe privilegiata, si arrivasse finalmente alla democrazia, cioè, in sostanza, alpluralismo decisionale, che coinvolgesse tutto il popolo e non solo una piccola parte di esso. Pluralismo che postula e richiede delle convergenze. Attuabili quando le decisioni prospettate siano condivise. Condizione realizzabile quando dette decisioni riguardano l'interesse comune, cioè l'interesse di tutti. E sarà anche nell'interesse di tutti, proprio per tale motivo, adottare i tempi più consoni ad ogni caso specifico. Diceva Jean F.Revel (cit. da Barbara Spinelli): “Una buona Costituzione non solo associa controllo ed efficacia, ma senza sacrificarli l'uno all'altra: garantisce l'efficacia perché esiste il controllo“. “L'esecutivo onnipotente, annienta il controllo“. (Appunto…). Un Presidente autocrate e di parte può dar luogo a oscure e pericolose derive istituzionali. Il presidenzialismo è una forzatura dei meccanismi democratici: in pratica, significa governare senza il concorso del Paese. E qui è il punto. Le decisioni che attengono ai destini di un popolo debbono provenire da scelte del popolo stesso. Non possono darsi né alternative, nè attenuazioni a questo principio. 7.- Questo rigurgito di autoritarismo, inteso a stroncare ogni opposizione all'arbitrio, vorrebbe cancellare 60 anni di civiltà. Come tale, è assolutamente indecente e da rifiutare con la massima fermezza. Siamo di fronte ad un vero e proprio tentativo di colpo di Stato, agito dall'interno stesso delle istituzioni. Nessuno ha conferito un siffatto mandato e la Costituzione non appartiene ai politicanti, espressione di grumi di interesse oligarchici fondati – come ormai sappiamo tutti – su scellerati patti di scambio protezione-fedeltà-denaro, con i quali si è soffocato il Paese. La sola strada legittima per cambiare la Costituzione (ove ciò fosse necessario e non è questo il caso) sarebbe la formazione ad hoc di una apposita assemblea di eletti dal popolo, indipendenti politicamente (non legati a partiti) vincolati ad una procedura totalmente pubblica e aperta e basata sul contraddittorio. Questa gente non è stata neppure eletta, trattandosi di nominati, tratti dal pollaio dei partiti. Violando tutte le regole, si è già proceduto disinvoltamente a convocare un gruppetto di sicofanti (una specie di parodia di assemblea), definiti pomposamente “i saggi”, per “riscrivere” la Costituzione. Cosa di cui ora si fa carico il Renzi, così riecheggiando ancora l'idea che il sommo bene è affidare compiti (già peraltro definiti a priori) a sedicenti “tecnici”, che “confiscano il potere della rappresentanza nazionale” (Mitterrand). Questa gente ed i loro accoliti e mandanti, non possono toccare la Costituzione. Non è stata fatta da loro, ma perché fosse osservata e rispettata da loro. 8.- Infine ed ancora, è indispensabile ribadire e sottolineare che una Costituzione non può essere (ri)scritta dai politicanti in carica che in tal caso sarebbero, evidentemente, allo stesso tempo giudici e parti in causa. Consentire che stabiliscano essi stessi i limiti e le regole che ogni giorno sono chiamati a rispettare, induce ad una perniciosissima parzialità. Tanto più che si tratta di una banda di corrotti, di malversatori, di indagati. In fondo, sarebbe come affidare ad un peccatore incallito di riscrivere i dieci Comandamenti.
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