Data: 03/07/2014 16:00:00 - Autore: Roberto Cataldi
di Roberto Cataldi - Il caldo è arrivato e nella maggior parte degli uffici cominciano a girare condizionatori che sparano aria condizionata a tappeto mandando in collasso gli impianti energetici e causando raffreddori e bronchiti estive di ogni genere. 

Nonostante le lamentele dei più "bacchettoni", la moda dell'infradito e degli shorts non lascerà indenni gli uffici e in molti saranno pronti a sfoggiare le novità della collezione primavera estate.

Ma cosa accade nei Tribunali? Non si capisce bene perché ma le aule di giustizia ancora oggi sono considerate un po' più "sacre" di un qualsiasi altro ufficio pubblico. E li le temperature si abbasseranno ancor di più. I motivi del freddo, a volte polare, all'interno di alcune aule, potrebbero essere molteplici, ma uno di questi sembrerebbe dovuto al fatto che nei Tribunali l'abbigliamento estivo è considerato "off-limits", indecoroso, osceno!
Si crede, senza un ragionevole motivo, che sia offensivo del buon gusto, anche quell'abbigliamento che oramai fa parte di una società ben più evoluta nei costumi di quanto non lo siano alcuni frequentatori delle aule di giustizia.
Cosa c'entra il freddo? Forse si vuole evitare che qualche avvocato si tolga la giacca e soprattutto si vuol dissuadere le avvocatesse, dal presentarsi in abiti troppo succinti. 

Mi torna alla mente così un episodio verificatosi qualche anno fa nel tribunale di Torino dove un giudice aveva esposto un cartello sulla porta dell'aula su cui c'era scritto: "Si ricorda a tutti che per partecipare alle udienze occorre avere un abbigliamento decoroso del quale non fanno parte canottiere, minigonna, shorts, abiti tipo sottoveste, ciabatte". Inutile dire che gli avvocati non gradirono affatto quello che suonava come un rimprovero.
Insomma c'è una sorta "galateo" in Tribunale secondo cui gli avvocati dovrebbero vestire sempre con giacca e cravatta, ma nelle torride settimane di Luglio e di Agosto, questo potrebbe comportare qualche problemuccio anche perché, è vero che nelle aule farà fresco, ma in qualche modo il tribunale va pur sempre raggiunto e certi passaggi continui dal caldo al freddo sono sconsigliati persino dal Ministero della Salute.
Che l'abito non faccia il monaco è risaputo, ma nelle aule dei tribunali il concetto sembra tenuto nel scacco da una sorta di credenza arcaica da cui sembra davvero difficile sottrarsi. 

Certo, a parte il caldo estivo, potrebbe aver contribuito a inasprire la "pena" della giacca a tutti i costi, una moda di nuova generazione che negli ultimi anni ha contraddistinto lanciatissimi negozi fashion delle grandi città e che ha scandalizzato i più "puritani". 

Spesso nei tribunali alcuni magistrati hanno una vera e propria fobia verso l'abito estivo che giudicano indecoroso soltanto perché un pò troppo alla moda. E non so fino a che punto questa convinzione tragga origine da una riflessione individuale o da un'eredità  culturale che non hanno mai voluto mettere in discussione. Sta di fatto che proprio sulla base di pregiudizio irrazionale, basano la loro condanna "morale" nei confronti della libertà dei costumi dimostrando così, come scriveva Nietzsche, di essere "spiritualmente limitati".
Ma a questo punto quello che dovremmo chiederci è se ha davvero senso, con tutti i problemi che affliggono la giustizia in Italia, preoccuparsi di come vestono gli avvocati.

Oggi abbiamo a che fare con un sistema giudiziario caratterizzato da una lentezza disarmante e da un incremento di errori spesso grossolani, da una scarsa attenzione verso le parti e da una preoccupante superficialità nel decidere le controversie. E in questo scenario ciò che è davvero indecoroso è puntare il dito contro un avvocato che vuole semplicemente vestire in modo da sentirsi a proprio agio.

Forse sarebbe meglio comprendere, che il vero decoro di un avvocato non è quello che può emergere dall'abito che indossa ma quello che dimostra dalla correttezza del suo lavoro, dalla professionalità con cui affronta il contenzioso, da come sa mostrare rispetto verso le parti e i propri avversari.
E a chi fosse ancora convinto che la possibilità di scegliere liberamente come vestirsi sia contrario al decoro, vorrei ricordare le parole di Émilie du Châtelet: chi raccomanda agli altri di soffocare i propri desideri non conosce affatto il cammino della felicità.
Roberto Cataldi

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