Data: 07/07/2014 16:00:00 - Autore: A.V.
Dott. Antonella Lucia FaiellaE-mail: engineeringstudioresearch@gmail.com


Sono circa due secoli che si parla di sicurezza sul lavoro e studiosi di tutti gli indirizzi hanno attivamente operato per risolvere le problematiche inerenti prima con introduzione di norme tecnico – prescrittive come i Decreti Presidenziali a metà del secolo scorso sino ad arrivare agli attuali Sistemi Gestionali del Rischio ma, a mio modesto parere, credo che la evoluzione delle teorie e degli studi abbiano perso di vista l'obbiettivo primo di tanto lavoro “a tavolino” e cioè il lavoratore e la sua personalità, il suo essere e comportarsi, il suo reale diritto ad essere tutelato e anche di tutelarsi. Io penso che bisognerebbe stare un po' sui cantieri e sulle officine, a contatto con lavoratori e lavorazioni e ben vengano disposizioni cogenti o di organizzazione manageriale del rischio ma che vengano realmente applicate da tutti gli attori a tutti i livelli tenendo presente sempre che l'obiettivo vero e unico è la tutela psicofisica dell'attore finale, il lavoratore.


Sono cresciuta nei cantieri edili per oltre trenta anni iniziando come manovale, poi ferraiolo, muratore, carpentiere in legno quindi geometra e poi ingegnere sono passata ai cantieri navali ed alle officine elettroniche, elettromeccaniche e meccaniche dalle grandi macchine utensili sino alle bilanciatrici elettrodinamiche e ai turbopropulsori marini della Fiat- Avio e devo dire che il pericolo è sempre in agguato dalle operatività più semplici alle più complesse e a nulla valgono disposizioni, esperienza, data – book operativi ecc. ecc. senza il reale comportamento in sicurezza del lavoratore.


Penso che il lavoratore non ha solo bisogno di una reale informazione e formazione sulla sicurezza ma anche di un mirato addestramento alla mansione perché spesso incidenti mortali sappiamo che avvengono per imperizia operativa nella propria mansione o per utilizzo in mansione non propria e in questi due ultimi casi è ovvio che l'operatore è esposto a pericoli a lui sconosciuti ed un primo intervento anche di coscienza dei preposti e dei dirigenti dovrebbe essere di controllo della efficace utilizzazione del lavoratore per le mansioni per cui è stato infine addestrato.


Spesso i comportamenti di pericolo derivano da troppa sicurezza del lavoratore del tipo “a me non succede mai niente ! ” o “proprio a me deve succedere ?” o “ ho sempre lavorato così !” ecc. e quante volte si sentono in cantiere e in officina frasi simili ? e per attenuare queste cause di infortunio ci vuole la responsabilità in primis del lavoratore che deve essere invogliato a tutelare la salute sua e dei suoi colleghi che si possono infortunare per sua colpa ma anche di chi a tutti i livelli gestisce le lavorazioni ed è per questo che io non sono contraria alle sanzioni.


Spesso i comportamenti di pericolo derivano dalla inesperienza e quanti giovani muoiono per avere utilizzato un muletto o un trattore contenti di trovarsi finalmente fuori dalla precarietà lavorativa e volendo dimostrare le loro “capacità lavorative” e la loro volontà di lavorare al Datore di Lavoro.


Si parla di Analisi dei Rischi in tutte le salse e di tutte le misure ma alla fine si hanno ragazzi che perdono la vita perché veri accorgimenti di tutela non erano presenti e lo vediamo con i frequenti incidenti mortali all' ILVA di Taranto, nell' Arsenale Militare di Taranto, nei cantieri cittadini come ultimamente un operaio è morto a Taranto in un cantiere edile per errate manovre della gru e sto parlando solo della mia città dove la disoccupazione è alle stelle e si è pronti a qualsiasi sacrificio e rischio pur di portare la pagnotta a casa. Molti lavoratori sanno i pericoli che incorrono ma non possono farci niente o per paura di ritorsioni datoriali o perché in caso contrario la lavorazione non può essere effettuata, si lavora anche in “officine” buie e umide al limite senza DPI, con i piedi o le ginocchia nel terreno bagnato con fili di tensione a 220 che passano tra le gambe ed esalazioni di gas che bruciano i polmoni e gli occhi, si lavora al margine della illegalità e senza accorgimenti reali di tutela della salute e sicurezza sul lavoro ma basta lavorare e “portare la pagnotta a casa”.


I comportamenti pericolosi possono derivare da molteplici cause anche concomitanti e non è certo l'esperienza che rende immuni anzi abbassa il livello di attenzione e il senso del pericolo come per l'ingegnere morto due anni fa precipitando dal bacino navale Benedetto Brin dell' Arsenale di Taranto eppure era un collega certo preparato e sicuro nelle sue mansioni.


Si può continuare per tanto ancora purtroppo , gli studi hanno portato ad un incremento degli accorgimenti ed indirizzi normativi comportamentali, prescrittivi, gestionali ma alla fine gli infortuni e specie quelli mortali rimangono ma gli esperti di settore ( sociologi, psicologi, medici, magistrati, ricercatori universitari, ingegneri ecc. ) non possono più di tanto perché alla fin fine è dove è presente l'accadimento o il danno che bisogna porre l'attenzione per cui sono i preposti e cioè gli ingegneri, gli architetti, i geometri e i periti dei cantieri e delle officine i veri artefici della reale tutela dei lavoratori e di questo loro stessi possono darmene atto, sono loro a contatto degli operai, sono loro che li conoscono e sanno i loro problemi, il loro modo di operare e le loro reali capacità e possono accorgersi di situazioni pericolose nei loro comportamenti e quindi per mio modesto parere sono i primi che devono responsabilizzarsi ed essere responsabilizzati dal datore di lavoro.

I corsi tecnici sulla sicurezza e salute sul lavoro hanno il valore che trovano, probabilmente è solo un business visto il moltiplicarsi di disposizioni normative che vanno ad abrogare altre appena emanate o vanno a correggerle e l'obbligatorietà in testa ( ed in tasca !) ai tecnici di andare subito a seguire aggiornamenti costosissimi quando un ingegnere o un architetto se si vuole aggiornare, deontologicamente corretto, ha i livelli di studio tali da sapere leggere ed anche interpretare di per se una normativa tecnica o una legge.


Ora si parla di “Beaviur Based Safety”, di “near miss” di “ human performance”, di “safety attitude”, di “Fire Safety Engineering” ma il problema della tendenza a “0” degli infortuni non si è certo risolto anzi !!!!

Per quanto già detto e per studi personali ed esperienza acquisita in campo, penso che gli interventi a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori debbano essere attuati sul posto di lavoro con una organizzazione del lavoro mirata sia alle definizioni delle responsabilità in capo a tutti gli attori e sia con procedure di vario livello sino alle istruzioni operative in modo da pianificare tutto il lavoro.


Una catena produttiva va dai prodotti primi sino al prodotto finale passando per i diversi stadi operativi nei quali il management già interviene individuando i cosi detti “punti critici” che possono riferirsi a guasti del sistema, a sicurezza degli alimenti, a sollecitazioni delle macchine composte ecc. ecc. , la tecnica manageriale ha diverse tecnologie previsionali in questo campo e la Quality Engineering insegna e quindi perché non applicare questi metodi ?


Una catena di produzione può essere suddivisa in anelli produttivi, sottoprocessi, aventi le solite caratteristiche di ingresso e di uscita e in ognuno di questi sotto processi possono essere individuati pericoli caratteristici sui quali focalizzare l'attenzione con l'aiuto della statistica infortuni aziendale, delle statistiche di settore dell' INAIL, delle indicazioni dell' ISPESL o dei produttori delle macchine e/o degli elementi primi utilizzati nella produzione e , importantissimo, anche dei “near miss” aziendali , tutte informazioni che possono aiutare a individuare dei punti critici di pericolo dovuti a comportamenti prevedibili o a pericolosità della produzione e delle liste di controllo mirate a che

gli eventi infortunistici non avvengano.


Da praticona passo a qualche esempio :

MANUTENZIONE DI UNA TURBINA A GAS ENDOTERMICA: Sappiamo benissimo che la

tecnologia di questo motore è tale da renderlo sofisticato nelle prestazioni ed altamente

costoso e pertanto il suo insediamento è tutelato da pericolo di incendio anche per le alte

temperature presenti nel suo interno specie nella camicia e nel buster. In applicazioni

terrestri per generazione di energia elettrica, nelle centrali termo elettriche, gli spazi a

disposizione permettono di operare in sicurezza in modo più agevole da parte dei tecnici

addetti alla manutenzione ma quando gli spazi sono limitati come in un sistema di

propulsione navale o di propulsione aeronautica ( il Concorde utilizza una TAG LM 2500

della General Electric ) i problemi di rischio della sicurezza e della salute dei tecnici

manutentori diventano reali. Per non danneggiare la TAG e per tutelare l'ambiente

circostante da un danneggiamento della stessa, questa viene contenuta in una camera

provvista di sensori rilevatori di fumo e di fiamme che, in caso di incendio, ne interrompono

in funzionamento e attivano il sistema automatico di spegnimento a CO2 o ad Alon

bloccando contemporaneamente le aperture di accesso alla camera stessa se non è stato

prima disattivato il sistema elettrico dall'esterno della camera. Il sistema dei sensori è così

sofisticato che può generare falsi allarmi che possono fare scattare le difese automatiche a

motore fermo e, per questo motivo, molti morti ci sono stati imprigionati nella camera con

impossibilità di uscire per il blocco automatico delle aperture e la contemporanea

immissione di CO2 sulla turbina. In questo caso si conoscono i pericoli potenziali della

macchina e si sa che bisogna disattivare il sistema di allarme prima di entrare per le

manutenzioni e quindi l'errore umano può consistere o nello scordarsi di disattivare il

sistema o nella erronea attivazione dello stesso da parte di un collega all'esterno della

camera. Il primo errore può essere eliminato con istruzioni precise tra cui l'obbligo di

disattivazione allarme prima dell'ingresso in camera e il secondo errore può essere

eliminato con la l'obbligo di operare almeno in coppia con un tecnico dentro la camera e

uno esterno alla stessa vicino le pulsantiere per evitare la riattivazione del sistema di

allarme.

EQUILIBRATURA ELETTRODINAMICA : Sappiamo che le parti rotative di grandi motori e

macchine ( turbine a vapore dei turbo alternatori, rotori di macchine elettriche ecc.) col

tempo hanno bisogno di una riequilibratura per eliminare vibrazioni che ne possono

inficiare il funzionamento corretto e per fare questo c'è bisogno di provarli a velocità di

funzionamento a regime con masse aggiuntive fino a ridurre le vibrazioni se non annullarle.

I tecnici preposti a questo impiego sono già protetti dalle defense appositamente

progettate e realizzate dai costruttori della macchina operatrice ma si osserva che, spesso,

incuranti delle emissioni di allarme della macchina stessa, molti lavoratori applicati in altre

mansioni, parlo di grandi officine ovviamente, passano tranquilli non curanti del pericolo

che corrono in quanto queste grandi macchine equilibratrici, per motivi funzionali, non

possono presentare defense continue su 360 gradi e quindi proiezioni di masse equilibratrici

li possono investire e si è osservato in molti casi che non indossano neanche il casco. In

questo caso il pericolo potenziale è per l'ambiente circostante la macchina operatrice e i

lavoratori possono essere tutelati per esempio vietando loro il passaggio nel raggio

considerato pericoloso della macchina e obbligandoli comunque all'utilizzo del casco e

degli occhiali in officina.

USO DI TRABATTELLI : Non entro nel merito dell'utilizzo del trabattello secondo gli indirizzi

del fabbricante che è obbligo del datore di lavoro informare e addestrare gli operai ma sulla

azione pericolosa di quelli che o per fretta o per errata sicurezza nelle loro possibilità

circensi o per altra causa non bloccano le ruote, non allargano la base, non controllano la

verticalità del ponteggio, non rispettano i carichi ammessi dal fabbricante, si arrampicano

scimmiescamente dall'esterno del ponteggio, non rispettano le indicazioni riguardanti

l'eventuale aggancio dei piani del ponteggio alla struttura fissa, rimangono sul ponteggio

mentre il collega li spinge sulle ruote per fare più presto il lavoro, non realizzano il

parapetto all'ultimo pianerottolo perché forse si sentono un po' equilibristi,

intelligentemente agganciano la loro eventuale imbracatura anticaduta alla struttura

provvisionale ecc. ecc. In questo caso, a mio modesto avviso, i comportamenti pericolosi

dei lavoratori possono essere combattuti oltre che con la formazione e l'addestramento,

con una istruzione operativa rivolta all'operaio che fissi punto per punto le azioni da

compiere in sicurezza e quelle da evitare in modo che sia obbligato a seguire l'indirizzo

datoriale e, di pari passo, una lista di controllo riservata al preposto con l'obbligo di

verificare l'esattezza delle operazioni messe in atto dai lavoratori.

PONTEGGI E LAVORI IN ALTEZZA: Molto è stato fatto con l'introduzione del PIMUS Piano

di Montaggio Uso e Smontaggio dei Ponteggi ), con l'applicazione delle reti anticaduta, con

gli ancoraggi e i sistemi di ancoraggio dei dispositivi anticaduta individuali ma si continua a

morire sui cantieri edili per cadute dall'alto e perché questo massacro ? In parte si osserva

una resistenza inspiegabile da parte del lavoratore ad indossare in primis l'imbracatura anti

caduta e poi ad agganciarla come sicuramente predisposto dal CSP (Coordinatore della

Sicurezza nella Progettazione) ma, a mio modesto parere, c'è anche carenza di attenzione

da parte sia del CSE Coordinatore della Sicurezza nella Esecuzione), sia del preposto alla

direzione tecnica lavori e sia dei colleghi del lavoratore in comportamento a rischio. Qui si

può dire, scrivere e legiferare quanto si vuole ma probabilmente non basta e bisogna

responsabilizzare i lavoratori a verificare i propri comportamenti e quelli dei colleghi e

questo potrebbe essere ottenuto addestrando gli operai in sedute nelle quali ognuno deve

giudicare gli errori commessi dagli altri così da educarli al confronto e alla autodiagnosi.

Come si può dedurre da quanto sopra scritto se in una catena produttiva si individuano i punti

critici di pericolo e, per ognuno di questi punti, vengono individuate tutte le figure responsabili a

tutti i livelli dal Datore di Lavoro all'ultimo manovale e queste figure vengono indotte con

procedure, piani operativi, istruzioni mirate ad operare in sicurezza ed in modo sinergico,

probabilmente riusciremo, tutti insieme, a diminuire questa ignobile mattanza di vite umane.

 

Dr. Antonella Lucia Faiella Ph.D, MS, MBA , P.Eng UK

(Mechanical, Civil and Environmental Engineer UK)

MSE, MSPE, MABE, MIIE, MIET, MASSE, MIQA, MCQI

Quality Charter Professional

Quality and Safety Auditor

Tel.cell. 3314430636antonellalucia@hotmail.it

In Italia : Membra AIAS ( Associazione Professionale Italiana

Sicurezza, Salute, Ambiente e Energia )

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