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Data: 08/07/2014 16:35:00 - Autore: Anna Palladino di Anna Palladino Gli istituti bancari possono essere considerati responsabili per concessione abusiva del credito quando, con il proprio comportamento, hanno suscitato un incolpevole affidamento dei terzi verso l'imprenditore che si trova già in stato di decozione. In tale prospettiva la capacità e l'esperienza professionale consentono alla banca di valutare se sussistono i presupposti per il finanziamento, ed invero l'erogazione del credito, anche in seguito alle regole di “ Basilea II” ( accordo per la valutazione dei requisiti minimi di affidabilità patrimoniale). E' stato evidenziato come la concessione o il mantenimento delle linee di credito si pongano in contrasto con il principio dell'illeceità della protrazione nel tempo di un'impresa in stato di decozione, desumibile dalle norme penali che sanzionano il compimento di operazioni di grave imprudenza volte a ritardare l'apertura della procedura concorsuale ( art. 217 l.fall.) o che puniscono l'imprenditore che ricorre al credito dissimulando il proprio dissesto ( art.218 l.fall.). Si è osservato che la responsabilità delle banche è correlata proprio alla qualità di operatore professionale ed alla conseguente capacità di acquisire elaborazioni ed informazioni. L'illegittimità della continuazione dell'esercizio dell'impresa, nell'ipotesi di crisi irreversibile, appare inoltre confermata dal contenuto precettivo delle norme in cui si prevedono sanzioni penali per l'imprenditore fallito, il quale ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento ( art.217 comma 1 e 3 L.F.) o ha aggravato il proprio dissesto astenendosi dal richiedere il proprio fallimento. Il mantenere in vita le linee di credito contribuisce a creare una falsa apparenza di solidità dell'impresa con il conseguente ritardo nell'accertamento della crisi ed un ulteriore depauperamento del patrimonio dell'imprenditore: ed invero la banca, concedendo un credito, nonostante l'assenza dei presupposti, consente l'accumulo di altre perdite. La responsabilità delle banche si profila anche quando adottano una traumatica interruzione delle linee di credito verso il cliente. Nel recesso da parte della banca può verificarsi una brutale rottura del credito causando direttamente l'illiquidità dell'imprenditore ed il suo inevitabile dissesto, con conseguente possibilità per la banca di essere chiamata a rispondere sotto il profilo del risarcimento del danno non solo nei confronti del proprio cliente ma anche di terzi, quando il recesso è stato esercitato con modalità tali da stroncare definitivamente l'azienda affidata. La diligenza richiesta alla banca non è la diligenza del “bonus pater familias”, ma la diligenza del buon banchiere, dotato di specifica competenza tecnica e di specifici mezzi di valutazione delle condizioni patrimoniali del soggetto con cui essa opera. La posizione privilegiata e strategica che occupa la banca nel sistema socio-economico, comporta che la stessa sia destinataria di norme che ne disciplinano l'attività nell'interesse della collettività e la conseguente sottoposizione a controlli della Banca d'Italia e in particolare degli artt.14,56 e 57 del TUB e delle istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia, emanate ai sensi dell'art. 53 del TUB, che prevedono come criterio guida per l'autorizzazione per l'inizio delle attività, per le modifiche statutarie e per le fusioni e le scissioni. La giurisprudenza ha elaborato una serie di figure tipiche di danno da abusiva concessione di credito, come il credito rovinoso, che porta all'indebitamento del cliente ingenerando oneri finanziari tali da non consentire la prevedibile restituzione in rapporto alla sua capacità finanziaria attuale o futura o quella del finanziamento ad un'impresa priva di mezzi propri. Il credito ottenuto finisce per drogare l'attività economica del debitore, aumentando così la probabilità che l'impresa, già in decozione contragga ancora nuovi debiti e difficilmente sarà in grado di utilizzare produttivamente il capitale ricevuto, finendo invece per accollarsi un ulteriore onere finanziario, che accelererà l'erosione del patrimonio aziendale. Di certo negli ultimi anni la maggior parte delle crisi aziendali sono dovute proprio ad un sistema economico drogato, dal quale l'imprenditore non riesce più a prendere le distanze con mezzi finanziari propri. Anna Palladino - annettapalladino@libero.it
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