Data: 20/07/2014 10:00:00 - Autore: A.V.
La Corte di Cassazione ha depositato proprio in questi giorni una sentenza (la 16284/2014) relativa al caso in cui un matrimonio era stato dichiarato nullo perché la ex moglie era risultata affetta da bipolarismo di tipo I e per questo non in grado di fare scelte con "discrezione e giudizio".
I giudici di merito nel decidere sulla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullutà, hanno affermato che detta decisione non è contraria alle disposizioni dell'ordinamento interno che tutelano la privacy e la riservatezza delle persone.

Non serve infatti il preventivo consenso dell'interessato per il trattamento dei dati personali quando questi sono impiegati per esigenze di difesa nel giudizio "negli strétti limiti in cui ciò sia necessario".
Nel caso di specie il Tribunale ecclesiastico aveva basato la sua decisione su dichiarazioni rese dalle parti e dai testimoni, facendo anche riferimento a un documento sanitario prodotto dalla donna.
La CTU espletata inoltre era servita non tanto ad accertare l'esistenza della patologia, quanto a verificare se il disturbo bipolare avesse influito sulle sue capacità di discernimento della donna.
E così, per ottenere la dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica anche all'interno dell'ordinamento italiano, l'ex marito adiva la Corte d'appello di Catanzaro che, con sentenza del 3 agosto 2011, accoglieva la domanda (in quanto ha ritenuto sussistenti tutte le condizioni previste dall'art. 8 n. 2 della l. n. 121/85) e respingeva le eccezioni sollevate dalla moglie in merito alla presunta violazione di norme in materia di privacy.
Rivolgendosi alla Cassazione la donna ha insistito nel ritenere che il procedimento avrebbe violato le disposizioni che tutelano la privacy (in particolare gli artt. 4, 5, 11 e 24 del d.lgs. n. 196/03) e che, per questo, il Tribunale Ecclesiastico avrebbe acquisito le testimonianze e documenti provanti la sua patologia in violazione delle disposizioni in materia dell'ordinamento italiano.
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso perché le censure esulano dai limiti del sindacato di legittimità.

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