Data: 23/07/2014 14:00:00 - Autore: Abg. Francesca Servadei
Abg. Francesca Servadei 
francesca.servadei@libero.it

L'articolo 609 bis del Codice penale è il risultato della fusione di due norme abrogate con la Legge 15 febbraio 1996, num. 66: articolo 519 C.p., rubricato “ Della violenza carnale” e l'articolo 521 C.p. rubricato “ Atti di libidine violenti”. Da un'attenta analisi del primo comma del novellato articolo è lecito soffermare l'attenzione sul concetto di atto sessuale, costrizione  nonché sul profilo oggettivo della costrizione stessa e quindi violenza, minaccia ed abuso di autorità.

Per atto sessuale  il Legislatore del 1996 ha ricompresso tutte quelle condotte poste in essere dal soggetto agente finalizzate a compiere una atto sessuale contro la volontà della persona offesa, ricomprendendo  quindi, nell'inciso in esame, quanto era riportato nell'articolo 519 e 521 del Codice penale; tale scelta legislativa è stata dettata da una duplice necessità: evitare che la vittima, durante il momento processuale rivivesse la violenza subita, nonché lo stillicidio di domande alle quali la stessa era sottoposta.

 È lecito osservare che l'Atto sessuale di cui tratta l'articolo 609 bis del Codice penale, non deve essere considerato in senso stretto, bensì in senso lato: tale considerazione deriva dal fatto che il Legislatore del 1996 ha intenzionalmente collocato tale fattispecie nella sezione II del Libro II, rubricato Dei delitti contro la libertà personale ove il  bene giuridico è la libertà sessuale, quindi sono punibili ai sensi del citato articolo tutti qui comportamenti che ledono l'autodeterminazione della libertà sessuale della persona; da ciò ne deriva  che con l'inciso in esame non si intende sanzionare solo quei comportamenti relativi alla congiunzione carnale, bensì anche comportamenti  quali palpeggiamenti, i cosiddetti ‘baci rubati', toccamenti; in definitiva affinché si configuri l'atto sessuale è necessario che le condotte  del soggetto agente siano indirizzate  verso le zone erogene e che siano tali da compromettere la libera autodeterminazione del soggetto passivo  nella propria sfera sessuale attraverso comportamenti caratterizzati dalla costrizione, ( I comma - azione diretta), ovvero  abusando delle condizioni di inferiorità fisica ovvero psichica della vittima (  II comma, num. 1 – violenza attraverso  induzione ) e mediante la sostituzione di persona ( II comma, num. 2 – violenza per induzione).

Alla luce di tali considerazioni la Sezione III della  Corte di Cassazione con sentenza num. 44480 del 26/09/2012, ha ritenuto la sussisteza del reato di Violenza sessuale nel bacio dato sulla guancia; tale pronuncia è il risultato di un consolidato orientamento della giurisprudenza, la quale sostiene che lo sfioramento sulla guancia altrui a persona non consensiente integra la fattispecie di cui all'articolo 609 bis, del Codice penale, in quanto si tratta di una azione insidiosa sulla guancia considerata dalla Suprema Corte come zona erogena, quindi parte del corpo nella quale si ha una più intensa reattività o eccitabilità sessuale  del soggetto che viene stimolato

Tra gli elementi costitutivi della fattispecie in esame emerge il dissenso della persona offesa; a tal proposito è opportuno affermare che l'erroneo convicimento che  l'altra persona sia consenziente integra gli estremi dell'errore sul fatto di cui all'articolo 47, I comma, del Codice penale.

Per quanto concerne il dissenso della persona offesa è lecito affermare che non sempre laddove ci sia assenso non si configuri la violenza sessuale; a tal proposito è importante ricordare una recente pronuncia della Corte di Cassazione – 15 novembre 2013, num. 45931- con la quale la Suprema Corte ha ravvisato violenza ex articolo 609 bis del Codice penale, nel caso in cui la vittima abbia prestato consenso all'atto sessuale, temendo che nei suoi confronti vengano poste in essere altre violenze da parte del suo compagno, conoscendo comportamenti violenti dello stesso; con tale pronuncia la Corte di Cassazione ha voluto sottolineare lo stato di paura psicologica vissuta e subita dalla donna, la quale, pur di evitare  future ingiurie, prepotenze e soprafazioni, ha assecondato il compagno.

Soggetto agente è chiunque, quindi trattasi di un reato comune e per di più ad esecuzione personale; soggetto passivo è la persona vivente, in caso contrario si tratterebbe di una diversa figura di reato quale  vilipendio di cadavere, sanzionato ai sensi dell'articolo 410 del Codice penale.

Una particolare attenzione deve soffermarsi sulla persona offesa qualora essa sia coniuge, infatti lo status di coniuge non esula assolutamente la configurabilità del reato; ciò deriva dal fatto che la violenza sessuale a danno del coniuge non presenta connotazioni diverse rispetto a  quelle previste nei confronti di altri soggetti: l'essere marito o moglie non legittima l'altro a compiere atti sessuali  senza il reciproco consenso, in quanto il rapporto di coniugio, ove vi sia violenza che si traduce  nel possesso, è sintomo di un comportamento penalmente rilevante; a tal proposito è lecito osservare che  il D. L. 14 agosto 2013, nu.93, convertito in Legge 15 ottobre 2013, num. 119, ha modificato l'articolo 609 ter del Codice penale, aggiungendo come aggravanti  il numero 5) quater il quale prevede un inasprimento della pena  anche laddove il colpevole sia il coniuge a prescindere che sia separato ovvero divorziato.  

È lecito osservare che a distanza di  quasi vent'anni  dalla formulazione dell'articolo 609 bis del Codice penale, il concetto di Atto sessuale ha ampliato sempre più il raggio di applicazione camminando di pari passo non solo  con  lo sviluppo  tecnologico, ma anche con quello dei nuovi mezzi di comunicazioni interattivi. A  tal proposito è opportuno ricordare come la Suprema Corte  ha ravvisato la condotta di Violenza Sessuale  anche mediante via chat ;  la Cassazione penale, sezione III, sentenza num. 19033 del  02/05/2013, confermando quanto aveva pronunciato la Corte di Appello di Roma, ha ravvisato tale condotta nel soggetto agente che dopo aver chattato con minorenni, nascondendo la propria identità,  le costringeva, mediante minaccia ad inviare foto o video che ritraevano le stesse non solo denudate, ma anche in pose indecenti. L'elemento oggettivo della minaccia emergeva dalla tracciabilità delle conversazioni fornite dal mezzo telematico alla luce del quale era emerso che il soggetto agente intimoriva le minori minacciandole che se non avessero assecondato le sue richieste, quanto in suo possesso sarebbe stato divulgato; mentre l'elemento soggettivo era configurato dalla intimazione psicologica quale strumento di pressione  volto ad incidere sulla sfera morale  della persona offesa e tale da costringere la stessa a subire atti sessuali, riuscendo quindi a far sorgere  nella vittima la  paura di un concreto pregiudizio.        

Per completezza espositiva è lecito affermare che data la minore età delle persone offese  è stato ascritto al reo non solo il delitto di Violenza sessuale, ma anche quello di Detenzione di materiale (pedo)pornografico,  ex articolo 600 quater del Codice penale,nonchè il vincolo della continuazione ex articolo 81 codice penale, le Circostanze aggravanti di cui all'articolo 609 ter, comma 1 num. 1 e l'aggravante di cui all'articolo 61, num.11, relativamente all'abuso di autorità o relazioni domestiche.

Per violenza  si intende ogni forma di forza fisica anche se questa non è alla sua massima espressione di brutalità, ma atta a prevalere su quella della vittima.

La minaccia consiste in un male ingiusto e futuro proiettato non necessariamente sulla persona offesa, ma anche nei confronti di soggetti ad essa vicino e finalizzato a costringere la vittima al compimento di una atto sessuale.

Affinchè sussuta violenza ovvero minaccia è  sufficiente che essa sia tale da annullare la volontà della persona offesa

L'abuso di autorità implica che il soggetto agente faccia leva sulla propria posizione di superiorità nei confronti della vittima a prescindere dal tipo di rapporto soggetto agente – vittima;  con tale concetto è superato l'ormai abrogato articolo 520 del Codice penale che limitava l'abuso di autorità al caso in cui il soggetto agente fosse un pubblico ufficiale i cui atti ( congiunzione carnale)  fossero posti in essere nei confronti di una persona arrestata ovvero detenuta o nei confronti di persona di cui ha la custodia ovvero ne ha l'affido alla luce di un provvedimento emanato dall'Autorità competente; trattasi quindi di una strumentalizzazione del proprio ruolo alla luce del quale ne deriva implicite forme di violenze o di minacce

Violenza, minaccia ed abuso di autorità devono essere connotati dal carattere della coercizione, ossia seria e grave   costrizione che può manifestarsi in forme fisiche ovvero psichiche; le prime con comportamenti materiali, i secondi invece incutendo nella vittima paure ed angosce.

Il secondo comma dell'articolo 609 bis del Codice penale riguarda la violenza sessuale tramite induzione, prevedendo al numero 1 l'abuso delle condizioni di inferiorità fisica ovvero psichica della persona offesa  al momento del fatto ed al numero 2 traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Con il numero 1 il Legislatore ha voluto riferirsi a tutte quelle situazioni ove sussista un disuguale rapporto caratterizzato da un discrepante  potere tra soggetto agente e vittima, che si traduce nell'induzione da parte dell'agente  e nell'abuso delle qualità della vittima, da ultimo la pronuncia della Corte di Cassazione del 9 luglio 2014, num. 29966; la situazione in cui versa quest'ultima non necessariamente deve essere di origine patologica, sussistendo quindi l'inferiorità anche quando la menomazione sia dovuta a traumi ovvero a fattori esterni legati al contesto ambientale,  purchè sussista al momento del compimento dell'atto. Con il numero 2 il Legislatore ha voluto invece disciplinare tutte quelle situazioni ove  l'agente, mediante mezzi fraudolenti, si sia sostituito alla persona in merito alla quale la vittima avrebbe invece prestato il consenso; l' esempio di scuola  è rappresentato dal ladro che, una volta intrufolatosi nel letto matrimoniale,  celato dall'oscurità della notte ed approfittando della momentanea assenza del marito, compie atti sessuali con la moglie.

L'ultimo comma dell'articolo in esame prevede invece una circostanza attenuante nei casi di minor gravità.

Per quanto concerne il regime sanzionatorio, il Legislatore del 1996 ha previsto la pena dai cinque ai dieci anni; trattasi di un reato perseguibile a querela di parte il cui termine deroga rispetto a quello previsto dall'articolo 124 del Codice penale. Infatti la persona offesa ha un termine più ampio per proporre querela: sei mesi e non tre mesi da quando  è commesso il reato; tuttavia si procede d'ufficio nei casi previsti ai sensi del IV comma dell'articolo 609 septies.

Da un punto di vista processuale il Legislatore ha voluto tutelare la persona offesa  concedendole la possibilità di chiedere che il dibattimento venga svolto a porte chiuse, senza quindi consentire l’accesso al pubblico; inoltre, per quanto concerne la testimonianza, essa può essere resa mediante incidente probatorio, fuori dai casi previsti  dal Codice di procedura penale, laddove la persona offesa sia un minore.

Abg. FRANCESCA SERVADEI - francesca.servadei@libero.it
STUDIO LEGALE SERVADEI, CORSO GIACOMO MATTEOTTI NUM. 49,  ALBANO LAZIALE (ROMA) TEL 069323507- CELL. 3496052621

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