Data: 11/08/2014 09:00:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi

Avv. Francesco Pandolfi

cassazionista 

Disobbedienza aggravata, insubordinazione con ingiuria.


La Corte militare di appello, rigettando sia l'appello proposto dall'imputato sia quello presentato dal pubblico ministero, ha confermato la sentenza del Tribunale militare di Roma in forza della quale un maresciallo di seconda classe dell'aeronautica militare, in servizio presso il centro di meteorologia in cccc, era stato condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e con la diminuente per il prescelto rito abbreviato, alla pena di mesi due di reclusione militare per il delitto di disobbedienza aggravata (capo A); mentre era stato assolto dal reato di insubordinazione con ingiuria (capo B), perche' il fatto non sussiste.

 

Il maresciallo e' stato riconosciuto responsabile di non avere ottemperato all'ordine, attinente al servizio e alla disciplina, impartitogli dal superiore, tenente colonnello dddddd, di raggiungerlo nella sua stanza per discutere della concessione di una licenza per motivi di salute, da lui richiesta; mentre e' stato assolto dall'insubordinazione con ingiuria continuata per aver detto al (OMISSIS), recatosi nell'ufficio dell'imputato per ordinargli di portarsi nella sua stanza, le parole: "Adesso te ne devi andare ... Stai zitto", accompagnate da eloquenti gesti della mano, e cio' nell'ambito della discussione tra i due militari pertinente alla richiesta della suddetta licenza.

La pronuncia assolutoria, che rileva in sede di legittimità, e' stata confermata dalla Corte di appello, facendo proprio il rilievo del Tribunale secondo cui le parole pronunciate dal (OMISSIS) e la mimica che le accompagno' non avevano leso il patrimonio morale del (OMISSIS).

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale militare della Repubblica, il quale, con unico motivo, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p. comma 1, lettera b), deduce l'inosservanza della legge penale e, segnatamente, dell'articolo 189 c.p.m.p., comma 2.

Osserva il ricorrente che risulta pienamente accertata la condotta del (OMISSIS), il quale, comandato di portarsi nell'ufficio del superiore gerarchico per discutere della sua richiesta di licenza, non solo non ottempero' all'ordine, ma si rivolto' contro il superiore dal quale fu raggiunto, intimandogli di uscire dalla sua stanza e di stare zitto.

Tale comportamento, essendo strettamente attinente all'espletamento dei poteri/doveri d'istituto esercitati nel medesimo frangente dal superiore gerarchico, fu senz'altro lesivo, secondo il ricorrente, del prestigio, dell'onore e della dignita' del superiore, in sua presenza, e, percio', integra il contestato delitto di insubordinazione con ingiuria continuata, nella forma mista di offesa verbale e gestuale, ai sensi dell'articolo 189 c.p.m.p., comma 2, erroneamente ritenuto insussistente dai giudici militari di merito.

Tanto premesso, il ricorso del Procuratore Generale è stato valutato del tutto infondato ( Corte di Cassazione sez 1 penale, sentenza n° 40813/13 ).

In effetti, i giudici militari del doppio grado del processo di merito, con motivazione adeguata e coerente, hanno spiegato che la condotta tenuta dal maresciallo, consistita nelle parole: "adesso te ne devi andare... stai zitto", rivolte al tenente colonnello e accompagnate da un gesto della mano avente il significato di invito a lasciare la stanza dove l'imputato era stato raggiunto dal suo superiore, non costituisce un'offesa arrecata dal (OMISSIS) al patrimonio morale del (OMISSIS), bensi' un comportamento irriguardoso, certamente rilevante sul piano disciplinare anche per l'uso della seconda persona singolare anziche' della terza nella frase pronunciata, innescato dal contrasto insorto tra i due militari sulla concessione di una licenza richiesta dal (OMISSIS) e osteggiata dal (OMISSIS).

Si tratta di una qualificazione nel merito della condotta contestata, che non viola la disposizione di cui all'articolo 189 c.p.m.p., comma 2, la quale postula la pronuncia di parole ovvero il compimento di gesti di univoco significato offensivo, univocita' che e' stata esclusa nel caso di specie con le adeguate argomentazioni esposte nelle conformi sentenze di merito.

 

Avv. Francesco Pandolfi         diritto militare       

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