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Data: 16/01/2015 11:40:00 - Autore: Angelo Casella 1.- Un sistema ideato e costruito per accrescere nella collettività il potere delle imprese, progressivamente erodendo l'autorità dello Stato ed ostacolandone l'azione, soffocando e ingannando la volontà popolare tesa al raggiungimento del progresso sociale. Si chiama “American Way” e si sta rapidamente ed efficacemente diffondendo in tutto il globo. Il mortale morbo, non si limita infatti agli USA (ad ogni effetto, una vera plutocrazia), ma ha ormai contagiato in pieno l'Asia e, sopratutto, l'Europa. Anche qui, sia a causa della soggezione della politica al potere corrompente del denaro delle multinazionali, sia in dipendenza di un diretto legame tra una élite di tecnocrati, (scelti, allevati e indottrinati in strutture appositamente create dalle grandi aziende), e le istituzioni pubbliche. Del resto, come ha osservato G. Ross (Fin de siècle Globalization, Democratization, ecc., Cornell Un. Press Ithaca, N.Y.1998), il processo di costruzione europeo fu “consapevolmente elitario”: i legami infatti “ tra le istituzioni e la cultura politica europea di massa erano insussistenti”. Esaminiamo alcuni aspetti di questo processo, seguendo anche in parte le osservazioni di Daniel Lazare nel suo The Frozen Republicecc…., N.Y.1996. Alla cennata crisi di legittimità delle istituzioni, venne a suo tempo a sommarsi una recessione economica globale di natura strutturale. L'azione del capitale gestito dalle grandi multinazionali venne stata lasciata senza regole. Come conseguenza, già dagli anni '90, un eccesso di investimenti venne a generare una sovrabbondanza della capacità produttiva che provocò alla fine un calo dei profitti. Questo spinse le imprese, da un lato a smodate fusioni ed acquisizioni per creare condizioni di monopolio e, dall'altro, a spostare le loro disponibilità verso la speculazione finanziaria ed ilsettore immobiliare. Gli squilibri indotti provocarono il noto crollo azionario di fine secolo, cancellando 4,6 trilioni di dollari dei riparmiatori (pari alla metà del Pil Usa). Questi eventi hanno dimostrato che il neoliberismo serve solo a incentivare il potere delle grandi aziende, mentre la globalizzazione è il frutto di una massiccia corruzione e di una radicale distruzione della democrazia.
2.- Parliamo ora del WTO (Organizzazione Mondiale per il Commercio). E' frutto di un accordo multilaterale “aperto” (ma l'ammissione è comunque soggetta alla approvazione degli aderenti) e, ad oggi, raccoglie 148 Paesi. Ufficialmente, ha lo scopo di facilitare e sviluppare gli scambi commerciali internazionali. Per Satiawan Gunessee, Ambasciatore delle isole Mauritius, “Le regole poste al commercio internazionale dal WTO hanno il solo scopo di favorire gli interessi politici ed economici dei grandi protagonisti dell'economia mondiale” E' subito da chiarire che la creazione del WTO avvenne ad iniziativa degli Usa e con lo scopo di gestire – a favore delle proprie multinazionali – le condizioni di più elevata concorrenzialità venutesi a creare a seguito dei negoziati detti Uruguay Round dell'86-94, che avevano per l'appunto creato condizioni globali più concorrenziali. Il preesistente accordo commerciale, il GATT (General Agreement on Tarifs and Trade), troppo permissivo, non rispondeva più a questo scopo, Con il nuovo accordo, gli Usa ottennero: 1.- l'esclusione di ogni regola negli scambi commerciali agricoli; 2.- che nel sistema delle regole entrassero i servizi finanziari (nei quali godevano di posizioni dominanti, e che potevano così essere preservate); 3.- l'allargamento della giurisdizione dell'organismo con le “Misure a favore dell'investimento legate al commercio” (TRIMS), nonché con i “Diritti di proprietà intellettuale” (TRIPS); 4.- la dotazione all'organismo di un proprio sistema di imposizione e risoluzione delle controversie. Dal GATT si è passati al WTO. L'atto di nascita risale all'aprile del 1994 con gli Accordi di Marrakesh. La finalità, non esplicitata, ma ben nota, era quella di dar vita ad un organismo di controllo sull'economia mondiale, con il doppio compito di gestire la rivalità commerciale tra i Paesi industrializzati e di disinnescare la minaccia proveniente dai Paesi emergenti. L'organismo è in effetti guidato e controllato dagli interessi delle istituzioni-chiave della politica e della economia dei Paesi “ricchi”: Stati Uniti ed Europa Unita (nella quale d'altronde, molte aziende sono di proprietà Usa). In dipendenza di questo “orientamento”, la struttura non è democratica e le decisioni non vengono prese con regolari votazioni. Girano divertenti storielle sui rapprentanti dei Paesi in via di sviluppo che, alla riunione di Seattle (1999), giravano a vuoto chiedendo qui e là dov'era la “Green Room”, (dove venivano prese le decisioni importanti), prima di apprendere, con sgomento, che non si trattava di un luogo, ma di un riservato processo decisionale, battezzato “accordo sul consenso”, gestito dai “Quattro” (Usa, Giappone, Unione Europea, Canada). (Il riferimento cromatico riguardava il colore, nel 1995, dell'ufficio del Direttore del WTO a Ginevra). Bisognerebbe aggiungere che le bozze di dichiarazione predisposte dai “Quattro”, vengono imposte sia con minacce dirette (ad esempio di abolire qualche relazione preferenziale specifica), sia con promesse di aiuti, sia selezionando gruppi di Paesi favoriti, sia riversando su alcuni l'infamia dell'insuccesso. Ma il punto essenziale è un altro. Il “consenso” richiesto per l'approvazione è inteso come “consenso implicito“. In altri termini, se non risulta ufficialmente un “dissenso esplicito“, la delibera viene considerata approvata, computando a favore anche gli assenti. In aggiunta, nessuna decisione può essere approvata senza il consenso dei “Quattro”. Per facilitare le cose, ogni risoluzione viene preceduta da riunioni informali con Paesi “amici” (alle quali è interdetto l'accesso di tutti gli altri). Nel corso di queste riunioni si concordano alleanze e strategie per arrivare – in qualche modo – al “consenso”. Da notare ancora, che le regole per lo svolgimento e la preparazione delle “conferenze” variano a seconda delle circostanze e delle opportunità. Ed ogni volta è la “Quad” a decidere, in modo che il progetto di delibera rifletta esclusivamente la loro volontà. Si tratta, con ogni evidenza, di un processo decisionale assolutamente non rappresentativo. La Ue, da parte sua, ha inventato un sistema se possible ancora più rozzo per bloccare le istanze dei Paesi emergenti. E' il sistema delle “camere separate”, una dei richiedenti e l'altra della Ue. Le istanze sono approvate solo se entrambe le camere sono d'accordo.
3.- Una delle armi principali del WTO è costituita dall'imposizione ai Paesi emergenti di eliminare tutte le eventuali quote di importazioneda essi stabilite, nonché le regole interne sulla quadratura della bilancia commerciale. In tale modo si è impedito loro di utilizzate la politica commerciale come strumento per quella industrializzazione di cui abbisognano. L'accordo, poi, sui diritti della proprietà intellettuale ha consentito a grandi multinazionali il monopolio sull'innovazione nelle industrie ad elevato contenuto di conoscenza. Non solo. Questo accordo, tra l'altro, obbliga tutti i Paesi a dotarsi di una legislazione che imponga un brevetto su tutti i farmaci, per 20 anni. Come conseguenza, il prezzo dei farmaci è aumentato enormemente, con incalcolabili danni alla salute nei Paesi poveri ma consentendo margini di profitto eccezionali (i più alti di ogni settore industriale). La Glaxo ad esempio, ha beneficiato nel 2000 di 9 miliardi di dollari di utili. Da notare che le spese per la pubblicità arrivano al 35% del bilancio, mentre quelle per la ricerca non superano il 5%. Negli ultimi anni le imprese farmaceutiche non hanno brevettato alcun nuovo ritrovato. Ogni passo avanti è stato realizzato con la ricerca pubblica. In tal modo, il cittadino paga i farmaci due volte. Rammarica dover rilevare che l'Unione Europea ha difeso – perfino più strenuamente degli Usa – il principio dei brevetti sui farmaci,opponendosi formalmente alla liberalizzazione della produzione ed esportazione dei farmaci generici. E' anche fatto obbligo ai Paesi aderenti di brevettare tutte le specie animali e vegetali esistenti. L'accordo sull'agricoltura ha consentito alle produzioni sovvenzionate degli Stati ricchi di invadere i mercati dei Paesi sottosviluppati. I pomodori olandesi sono venduti in Africa a prezzi inferiori a quelli prodotti localmente, mandando in rovina i piccoli agricoltori. Per altro verso, il pubblicizzato accordo sui prodotti tessili, che avrebbe dovuto facilitare i Paesi sottosviluppati cancellandone le quote di importazione verso quelli industrializzati, in realtà lasciò a questi ultimi il diritto di stabilire quali prodotti liberalizzare equando. Così che, di fatto, sono stati liberalizzati solo quelli per i quali non vi era domanda, rendendo nullo ogni beneficio per i Paesi poveri.
4.- A Singapore, nel 1996, si è proposto di ampliare le competenze del WTO a quattro nouvi settori: investimenti, appalti pubblici, concorrenza e agevolazioni agli scambi. Nonostante gli sforzi del “Quad”, i Paesi in via di sviluppo hanno respinto con sdegno questa estensione. L'Unione Europea ne ha fatto allora oggetto di un accordo segreto tra i Paesi industrializzati, denominato “Accordo multilaterale sugli investimenti”. Il concetto di investimento vi è inteso in senso assai ampio, esteso a ricomprendervi non solo ogni tipo di attivo, ma anche azioni, partecipazioni, obbligazioni, titoli, crediti, la proprietà intellettuale, licenze, beni mobili e immobili e perfino le operazioni speculative. Le norme attinenti, sono intese come prevalenti su quelle nazionali, debbono avere carattere irreversibile e comprendere ampie facilitazioni a favore degli “investitori”, tra cui un sistema giudiziario “ad hoc” e una assoluta libertà da qualsiasi ingerenza o vincolo statale. Grazie ad una Ong canadese, questo accordo segreto è stato divulgato e, davanti alle energiche proteste del mondo intero, l' Ami è stato “congelato” in attesa di tempi migliori. In effetti, è solo questione di tempo. L'Unione Europea ha già chiesto che il WTO si occupi della questione “in via di priorità assoluta” (così, Lamy, rappresentante dell'Unione).
5.- Con queste caratteristiche pesantemente prevaricatorie, ci si può chiedere come sia possibile che un Paese chieda di aderire al WTO. Le spinte a farlo sono molteplici. E' innanzitutto da sottolineare che i Paesi membri possono liberamente bloccare o tassare tutti i prodotti provenienti da Paesi non aderenti. Chi non è membro, può quindi vedersi sottoposto a misure discriminatorie. Usa ed Ue hanno poi trovato una particolare forma di pressione, imponendo, ad ogni accordo bilaterale su qualsivoglia oggetto, una clausola aggiuntiva: l'obbligo ad aderire al WTO. Contribuiscono a “spingere” anche la Banca Mondiale ed il FMI i quali hanno posto all'accesso al Programma contro la Povertà la condizione della preventiva adesione al WTO. Entrare nel WTO apre poi una serie di possibilità (o di speranze): a) diventare più attraente per gli investimenti esteri; b) entrare eventualmente nel novero delle “nazioni favorite”; c) ridurre gli squilibri e le ingiustizie di cui si è oggetto restandone fuori. Non vi sono regole di ammissione. Lo Stato “aspirante”deve “negoziare” e, sopratutto, impegnarsi – nella sostanza – sopratutto a rispettare le esigenze dei Paesi membri.
6.- Come si è visto, il WTO manca di trasparenza (oltretutto le riunioni non sono aperte al pubblico), della più elementare democrazia ed è anche pesantemente neo-colonialista. Ma non sono neppure questi i suoi aspetti peggiori. Innanzitutto, il WTO rappresenta lo strumento per imporre a livello globale l'ideologia neoliberista. Ed i suoi obbiettivi vanno ben oltre quelle che sono definite attività commerciali. Neoliberismo significa assicurare una preminenza assoluta delladiscrezionalità nell'uso delle risorse, con la attribuzione, al contempo, ad ogni attività umana (cultura, alimentazione, sanità, divertimento, viaggi, comfort, ecc.) di una dimensione mercantile e quindi utile da sfruttare per trarne profitto. Tutto, beni e servizi, ed ogni attività umana, devono poter essere comprabili e vendibili. Questo è l'obbiettivo da raggiungere in ogni parte del globo con il superamento delle regole e dei limiti che ogni Stato possa aver dettato in ragione della cultura del suo popolo, di eventuali particolarità ed esigenze specifiche, di priorità nazionali o anche, semplicemente, di preferenze e valori tradizionali. Il meccanismo perverso messo in opera dal WTO punta proprio a questo: abolire la sovranità degli Stati, cancellandone l'autonomia legislativa con l'imposizione di vincoli “sovranazionali”. L'obbiettivo è imporre ovunque una assoluta libertà al potere economico: nessun limite può essere tollerato per l'impiego e la circolazione dei capitali, per libere scelte produttive e commerciali, per l'assoluto arbitrio finanziario (v.: www.urfig.org). E' indicativo come tutte le disposizioni del WTO siano dirette solo agli Stati ed ai loro ordinamenti. Nessuna regola o limitazione è posta per le imprese private, per i paradisi fiscali, per le transazioni finanziarie, per gli organismi bancari ed assimilati. Con siffatte finalità esplicite, appare inquietante che al WTO siano stati conferiti poteri assai superiori a qualsiasi altro organismo internazionale (e con la possibilità altresì di espanderli senza limiti). Particolare del tutto anomalo, è l'unico dotato di poderosi mezzi perpretendere l'osservanza delle sue disposizioni. In tal modo, può decidere sanzioni a carico di un qualsiasi Paese che esso medesimo, in totale autonomia, ritenga in qualche modo inadempiente. La situazione è estremamente grave: con il WTO si è infatti decretata, a livello planetario, una preminenza assoluta delle esigenze del “mercato” (cioè delle multinazionali) sulle legislazioni nazionali poste a tutela dei diritti fondamentali della persona, dell'ambiente, delle esigenze sociali e dei diritti costituzionali. Nello stesso limitato ambito dell'AGCS, ad esempio, è richiesto ai governi di abrogare molte leggi che proteggono importanti interessi pubblici, anche al di là dei servizi, come il divieto agli stranieri di possedere parti della costa (Cile e Messico), il monopolio pubblico di energia e costruzioni (Egitto), i limiti all'esportazione degli utili realizzati da imprese straniere (Brasile), l'obbligo alle agenzie turistiche straniere di avvalersi di strutture locali (Giordania), le limitazioni alla grande distribuzione (Tailandia) ecc., ecc. Affermare che WTO, Banca Mondiale e FMI (per tacere di altri organismi), sono “espressione e strumento dei Paesi ricchi” è comunque limitativo. Il potere economico-finanziario ha assunto una predominante influenza sulle istituzioni statali, ed i citati organismi sono totalmente nelle mani delle grandi multinazionali (ossia dei loro privati proprietari). Che questi organismi dispongano, attraverso i meccanismi degli “accordi” ed altro, di un non circoscrivibile potere di dettare modalità e regole di vita, di organizzazione sociale e di rapporti con le istituzioni, per tutti i popoli del globo, è situazione non tollerabile. La sovranità popolare è di fatto cancellata e le genti sono incamminate verso un futuro di ottusa sottomissione e di oscuro sfruttamento. Lo smantellamento di questa cappa di piombo imposta al pianeta costituisce un urgente obbiettivo per mantenere ai popoli la libertà di scegliere il proprio destino.
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