Data: 08/08/2014 20:00:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani
di Paolo M. Storani - Con l'ordinanza n. 16500 del 18 luglio 2014 la Suprema Corte di Cassazione, Sez. VI, Sottosezione II, Pres. Bruno Bianchini, Rel. Antonino Scalisi, ribadisce l'orientamento già espresso nel 2012 con le pronunce 168 e (Sez. VI, Pres. Stefano Petitti - Rel. Milena Falaschi, presente nel Collegio dell'ordinanza in commento) e 2490 (Sez. II, Pres. Massimo Oddo - Rel. Luigi Piccialli, estensore della proposta di definizione in disamina): anche le persone detentrici del contrassegno relativo ai veicoli al servizio delle persone disabili debbono rispettare i divieti di circolazione e di sosta direttamente riconducibili alla legge o ai regolamenti integrativi aventi carattere di generalità.
LIA Law In Action propone qui di seguito il testo integrale della motivazione del provvedimento che ha riguardato il Comune di Verona, già segnalato da Luigi Del Giudice su Studio Cataldi del 25 luglio 2014.
Il ricorso del contravventore è stato respinto.
Buona lettura!

Rilevato che il Consigliere designato, dott. L. Piccialli, ha depositato ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ., la seguente proposta di definizione del giudizio: "Il ricorso, cui non ha resistito il Comune intimato, è affidato a sette motivi, nessuno dei quali, ad avviso del relatore, merita accoglimento. I primi due, rispettivamente deducenti violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 e degli artt. 156 e 160 c.p. e, sostenendo che la notificazione sarebbe stata inesistente e dunque non sanabile, restano superati dal costante indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui sussiste inesistenza, e non semplice nullità, sanabile ex art. 156 c.p.c. dalla costituzione in giudizio della parte destinataria della notificazione, soltanto quando manchi del tutto ogni relazione, di luogo o di persona, riferibili al destinatario, nelle modalità con le quali l'adempimento notificatorio sia stato in concreto eseguito (v., tra le altre, nn. 6470 e 17023 del 2011). Nella specie non si nega la circostanza che la busta contenente una copia del verbale (peraltro già preceduto da preavviso lasciato sul cruscotto dell'auto in sosta), reperita dalla moglie dell'opponente (di cui non è stata contestata la convivenza) nella cassetta postale (evidentemente presso la residenza risultante dall'intestazione del veicolo), sia comunque pervenuta al F., che ha potuto tempestivamente impugnare, ex art. 204 bis C.d.S., l'atto.

Quand'anche fossero stati omessi altri adempimenti (che non si precisano), non hanno errato i giudici di merito nel considerare in ogni caso raggiunto ex art. 156 c.p.c. lo scopo dell'atto, in cospetto di una notifica non inesistente, ma al più nulla per incompletezza.

Il terzo motivo (viol. art. 345 c.p.c.) censura la ritenuta novità della doglianza relativa alla non completa conformità tra la copia notifica del verbale e quella prodotta in giudizio dal Comune, con riferimento alla circostanza dell'esposizione del contrassegno per invalidi. Il motivo è tuttavia inammissibile, per genericità e difetto d'interesse, non precisando quale sarebbe stata la rilevanza della circostanza de qua, in un contesto in cui, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (v. nn. 168 e 2490 del 2012), il titolare di tale contrassegno (o per lui il conducente del veicolo), non sarebbe stato comunque autorizzato a violare disposizioni sulla circolazione dei veicoli finalizzate ad evitare intralcio o pericolo, con connessa sussistenza in re ipsa degli stessi nelle relative inosservanze.

Il quarto motivo, con il quale si censura per violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 115 c.p.c. e D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 57 l'assunta mancanza di prova che lo spazio lasciato libero fosse di almeno un metro, confutando la valenza probatoria privilegiata del verbale, si risolve in una inammissibile censura in fatto, peraltro anche priva di autosufficienza (laddove non riporta il testo del verbale), avverso un accertamento che i giudici di merito hanno compiuto sulla scorta non solo delle risultanze dell'atto impugnatola anche della testimonianza della moglie dell'opponente.

Il quinto motivo, con il quale si ribadisce, deducendo violazione dell'art. 113 c.p.c., la violazione delle "norme a tutela degli utenti deboli", ancora non precisa (stante il non autosufficiente richiamo ad "alcune norme" che sarebbero state indicate nella comparsa conclusionale) quali siano tali norme e quale la concreta incidenza nel caso specifico.

Il richiamato principio iura novit curia non esime, invero, il ricorrente dal dare un contenuto specifico, quanto meno precisando la ritenuta portata precettiva o esimente delle norme genericamente richiamate; peraltro, ove le stesse siano quelle previste dal D.P.R. n. 509 del 199, valga il precedente richiamo alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'art. 11, comma 1 cit. D.P.R. non esime i titolari dei permessi di sosta dall'osservanza delle regole stradali imposte al fine di evitare intralcio o pericolo per la circolazione.

Il sesto motivo, deducente violazione dell'art. 12 c.p.c., per omesso esame del motivo di appello concernente la rinuncia del Comune ad avvalersi dell'avviso di ricevimento postale della notifica, contro il quale l'opponente aveva preannunciato querela di falso, resta assorbito dalla reiezione dei primi due motivi, con i quali si è ritenuta corretta la decisione impugnata, nella parte in cui ha ritenuto sanato ogni eventuale vizio della notificazione del verbale, a seguito della ricezione, comunque avvenuta, di una copia dello stesso e del tempestivo esercizio della facoltà di opposizione. Non miglior sorte merita, infine, il settimo ed ultimo motivo, censurante per violazione dell'art. 91 c.p.c., u.c., per eccessività in relazione al valore della controversia, la liquidazione delle spese, dal giudice di secondo grado quantificate in Euro 1.000, in quanto l'invocata modifica additiva del citato articolo, disposta con D.L. n. 212 del 2011, conv. in L. n. 10 del 2012, non è applicabile ai giudizi di appello, nei quali non è ammessa, a differenza che in quelli di primo grado svolgentisi davanti al G.d.P. di cui al richiamato art. 82 c.p.c., comma 1, la difesa personale delle parti.

Si propone conclusivamente la reiezione del ricorso. Tale relazione veniva comunicata al difensore del ricorrente.

Il Collegio, letta le memoria del ricorrente, condivide argomenti e proposte contenute nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., rilevando, altresì, che le osservazioni espresse dal ricorrente con la memoria depositata in prossimità della camera di consiglio non consentono di superare le argomentazioni di cui alla relazione.

Va qui ribadito: a) che la notificazione è inesistente quando sia stata effettuata in un luogo o con riguardo ad una persona che non presentino alcun riferimento con il destinatario dell'atto, risultando a costui del tutto estranei, mentre è affetta da nullità (sanabile con effetto "ex tunc" attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un simile collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l'atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario (oltre Cass. già citata cfr.

Cass. 25350 del 02/12/2009). Ora nel caso in esame come è stato già evidenziato: "quand'anche fossero stati omessi altri adempimenti (che non si precisano), non hanno errato i giudici di merito nel considerare in ogni caso raggiunto ex art. 156 c.p.c. lo scopo dell'atto, in cospetto di una notifica non inesistente, ma al più nulla per incompletezza", b) - come è opinione pacifica in dottrina e nella giurisprudenza anche di questa Corte - il verbale di accertamento ha natura giuridica di atto ricognitivo, consistente in una dichiarazione della pubblica amministrazione caratterizzata da una particolare certezza legale privilegiata, cioè, dal fatto che il verbale fa piena prova dei fatti in esso attestati dal pubblico ufficiale fino a sentenza dichiarativa di falso a seguito di apposita querela. D'altra parte, e comune, la sentenza impugnata - come già è stato evidenziato ha avuto modo di chiarire adeguatamente che agli atti del processo vi era documentazione più che adeguata a dimostrare il presupposto della contestazione oggetto del giudizio, c) va altresì ribadito che l'utilizzo degli autoveicoli per il trasporto delle persone invalide, in possesso dello specifico contrassegno, non esime dal rispetto dei divieti imposti dall'art. 158 C.d.S., per la presunzione, accordata dal legislatore, nel caso delle specifiche violazioni previste da detta norma, di intralcio e pericolo per la circolazione che non è derogata dal D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503, art. 11, comma 1. In definitiva il ricorso va rigettato; non occorre provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione dato che il Comune di Verona intimato, in questa sede, non ha svolto attività giudiziale.


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