Data: 19/04/2022 15:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Spiagge pubbliche: demanio marittimo

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Le spiagge pubbliche, assieme al lido del mare costituiscono il demanio marittimo. A stabilirlo è l'art. 822 del codice civile, il quale dispone proprio e nello specifico che il lido del mare e la spiaggia fanno parte del demanio marittimo dello Stato: sono, cioè, beni di proprietà dello Stato (o delle Regioni, delle Province, dei Comuni), inalienabili, inespropriabili e destinati a servire bisogni della collettività.
La proprietà della spiaggia da parte dello Stato ne rende libero l'utilizzo balneare. Dal momento infatti in cui la spiaggia resta dello Stato e non viene data in concessione a un privato, essa è "libera" e quindi disponibile in modalità gratuita al pubblico.
In questo caso, sempre nel rispetto della buona educazione e del rispetto degli altri, sulla spiaggia pubblica è possibile prendere il sole con lettino, ombrellone e asciugamani propri, fare passeggiate e giocare con la sabbia. Queste libertà ovviamente, vanno incontro a dei precisi limiti, se si accede a una spiaggia gestita da un privato. La situazione si complica ulteriormente a causa della competenza di Regioni e Comuni, ma vediamo che cosa prevede la legge dello Stato al riguardo.

Concessioni e limite della battigia

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La maggior parte delle spiagge in effetti, come anticipato, vengono date in concessione a privati, per cui è normale e comprensibile che, per garantire il benessere della clientela, siano imposti limiti più stringenti a quello che si può fare.
Vero anche però che la legge riconosce ai cittadini la libertà di fruire di un determinato spazio della spiaggia, che corrisponde alla "battigia".

A fissare questo limite è l'art. 1, comma 251, della legge 296/2006, che fa obbligo ai titolari delle concessioni "di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l'area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione".
Concetto che è stato ribadito in seguito dalla legge n. 217/2011, in cui - alla lettera d) dell'art. 11, II comma - si legge che: "fermo restando, in assoluto, il diritto libero e gratuito di accesso e fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione," (occorre) "disciplinare le ipotesi di costituzione del titolo di uso o di utilizzo delle aree del demanio marittimo".
Per comprendere però al meglio l'ampiezza del diritto che può essere esercitato dai cittadini, è necessario chiarire che cosa si intende dal punto di vista normativo per "battigia", ossia come la legge definisce questo spazio.

Battigia: definizione normativa

Con il termine battigia, si intende "quella parte di spiaggia contro cui le onde si infrangono al suolo, che si estende per circa 5 metri dal limitare del mare" (ma per le spiagge di ampiezza inferiore ai 20 metri, le Capitanerie di Porto possono ridurre l'estensione della battigia fino a 3 metri).
Dalla norma, letta unitamente a quelle analizzate in precedenza, si evince che ai cittadini non può essere impedito l'accesso gratuito e libero all'acqua e parimenti non possono essere imposti limiti, da parte del concessionario, al passaggio e al passeggio sopra i predetti cinque metri (o tre) di suolo. Non può essere inoltre impedito, dalla chiusura dello stabilimento privato fino all'alba successiva di pescare dalla battigia.
Nessun concessionario di uno stabilimento privato può impedire queste attività né richiedere che per lo svolgimento delle stesse si debba pagare un pedaggio o altro importo.
Del resto l'accessibilità gratuita e libera alla battigia è stato affermato anche dal Consiglio di Stato nell'ordinanza n. 2543/2015 nella quale ha precisato che: "il demanio marittimo è direttamente e inscindibilmente connesso con il carattere pubblico della sua fruizione collettiva, cui è naturalmente destinato, rispetto alla quale cui l’esclusività che nasce dalla concessione costituisce eccezione (....) di tale principio generale costituiscono applicazione, tra l’altro, l’art. 1, comma 251 lett. e) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a norma del quale costituisce clausola necessaria del provvedimento concessorio l’obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l'area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione (...)."

Proroghe automatiche delle concessioni demaniali

Abbiamo visto che accanto alle spiagge pubbliche e completamente libere, ci sono quelle che vengono date in concessione ai privati. Un tema che da anni solleva polemiche e problematiche perché in Italia da tempo le concessioni vengono prorogate di anno in anno, in modalità "automatica". Una pratica che però, come vedremo, non risulta conforme al quadro normativo europeo.

La Direttiva Bolkestein 2006/123/CE

La normativa di riferimento al riguardo è la Direttiva Bolkestein, che all'art. 12 commi 1 e 2 precisa infatti che: "1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda,
in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami."
Sul contenuto della Direttiva e la compatibilità con la stessa delle varie normative statali, la Corte di Giustizia UE ha affermato che "l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva Bolkestein 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che essa osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati."

Rinnovo automatico: ostacolo alla concorrenza

Concetto condiviso di recente dal Consiglio dei Stato nella pronuncia n. 17/2021, nella quale si evidenzia però anche un altro aspetto. "Le spiagge italiane (così come le aree lacuali e fluviali) per conformazione, ubicazione geografica e attrazione turistica presentino tutte e nel loro insieme un interesse transfrontaliero certo, il che implica che la disciplina nazionale che prevede la proroga automatica e generalizzata si pone in contrasto con gli articoli 49 e 56 del TFUE, in quanto è suscettibile di limitare ingiustificatamente la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi nel mercato interno, a maggior ragione in un contesto di mercato nel quale le dinamiche concorrenziali sono già particolarmente affievolite a causa della lunga durata delle concessioni attualmente in essere."

Come osservato dalla Commissione UE, detta pratica rappresenta un vero ostacolo allo sviluppo di un settore strategico per l'economia italiana, in quanto "la reiterata proroga della durata delle concessioni balneari prevista dalla legislazione italiana scoraggia […] gli investimenti in un settore chiave per l’economia italiana e che sta già risentendo in maniera acuta dell’impatto della pandemia da COVID-19. Scoraggiando gli investimenti nei servizi ricreativi e di turismo balneare, l’attuale legislazione italiana impedisce, piuttosto che incoraggiare, la modernizzazione di questa parte importante del settore turistico italiano. La modernizzazione e` ulteriormente ostacolata dal fatto che la legislazione italiana rende di fatto impossibile l’ingresso sul mercato di nuovi ed innovatori fornitori di servizi”.

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