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Data: 25/08/2014 16:00:00 - Autore: Roberto Cataldi di Roberto Cataldi Ricollegandomi a un precedente articolo (Il processo civile e la sindrome del Giudice muto -L'imprescindibile dialogo tra il giudice e le parti), vorrei ora parlare di ciò che sembra essere da tempo oggetto di molte diatribe: l'affidabilità della magistratura italiana. Una affidabilità che risulta ormai diventata una vera e propria leggenda. Nonostante vi siano magistrati che hanno saputo dimostrare capacità e impegno nel loro "mestiere" non si può negare che all'interno della magistratura si siano in qualche modo "infliltrate" persone di dubbia preparazione. L'inaccettabile frequenza di errori giudiziari e il proliferare di decisioni basate su motivazioni inconsistenti hanno così inquinato la figura del giudice del quale si ha, di forza, una sfocata immagine. Sto parlando sempre di errori in buona fede, ovviamente, nessuno mette indubbio la lealtà, ma resta un fatto dal quale non si può prescindere: tutti i giudici sono esseri umani, e come tali sbagliano come i loro simili. Sbagliano nel lavoro, nella vita, nel quotidiano insomma sbagliano come tutti noi. Qui però la posta in gioco è molto più alta rispetto a quanto non lo sia in altri ambiti della vita sociale e lavorativa. Se un calciatore sbaglia il rigore nella partita più importante della sua vita avrà quasi sempre un seconda possibilità, avrà un'altra occasione per fare gol. È una ruota che gira, si sa. Quando invece l'errore è di un giudice, allora permettetemi di dire che sono davvero enormi i problemi che si vanno a generare e anche un appello accolto, finisce col diventare l'ammissione di un errore che potrebbe aver comunque già generato danni irreparabili. Soltanto se guardiamo all'impressionante quantità di sentenze riformate in appello o dalla Corte di Cassazione (spesso per errori banali e frutto di scarsa preparazione) ci rendiamo conto che la lentezza della giustizia non è il principale dei problemi del sistema giudiziario italiano. Prendiamo una statistica: è stato accertato che negli ultimi ventidue anni sono stati commessi più di 22.300 errori giudiziari e che l'italia proprio per errori da mala giustizia ha versato ben mezzo miliardo di euro di indennizzi. E' una cifra che sicuramente fa strabuzzare gli occhi a chi non è avvezzo alle statistiche o a chi non ne era a conoscenza. Un numero incredibilmente alto, se si pensa che che in media si tratta di 1.000 persone all'anno. 1000 persone che sono vittime di una giustizia sempre più traballante. Ci sarebbe da chiedersi quindi il motivo di tutti questi errori e di questa scarsa preparazione che caratterizza la media dei magistrati italiani. In ambito privato un dipendente che sbaglia viene in qualche modo ripreso, specie se il suo errore è costato tempo e denaro all'azienda; un calciatore che sbaglia un rigore viene messo in croce e alla gogna da giornalisti e tifosi; un medico che danneggia il paziente finisce sotto processo e gli esempi possono essere tanti altri... In ogni caso, il rischio delle conseguenze a cui ci si può esporre in caso di errore costituisce motivo di auto responsabilizzazione. Ma se sbaglia un magistrato? La questione è molto delicata. Attualmente è prevista la possibilità per il cittadino di richiedere i danni allo Stato (v: La responsabilitàcivile dei magistrati) anche se la cosiddetta "clausola di salvaguardia" prevista dall'articolo 2 comma 2 ("non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove") è così generica che spesso viene applicata in modo da vanificare le richieste risarcitorie. A quanto pare è anche imminente una riforma sulla responsabilità delle toghe, ma sarà comunque una responsbilità indiretta, vale a dire il cittadino dovrà comunque agire contro lo Stato che potrà poi rivalersi sul magistrato e pignorare fino al 50% del suo stipendio. Ora essere un magistrato è un ruolo di un'importanza incredibile. Il giudice decide della colpevolezza di un uomo... e generalmente non paga per i suoi errori. O almeno non paga quasi mai. E dato che sembra diventato sempre più difficile ipotizzare una responsabilità e una responsabilizzazione effettiva dei magistrati dovremmo forse pensare che è più importante risolvere il problema alla radice. Per usare una immagine freudiana: quando un fiume straripa bisogna interrogarsi sugli argini che l'hanno "ingabbiato" piuttosto che sulla potenza delle sue acque. E allora dobbiamo domandarci da cosa deriva la scadente qualità della magistratura e da cosa dipendono tutti questi errori? E' difficile davvero dare una risposta onesta senza farsi condizionare dai pareri della propria “pancia” che si fa prendere da malessere a parlare di certi argomenti. Sta di fatto che, salvo qualche illustre eccezione, la preparazione media dei magistrati appare troppo spesso inadeguata alla funzione svolta. Di sicuro si potrebbe indagare sul percorso che può essere intrapreso per avviare la carriera di magistrato, una carriera a cui tutti possono accedere e per la quale non esiste un valido filtro di qualità. L'aspettativa di ogni cittadino dovrebbe essere quella di avere davanti a sé, quando entra in un aula di giustizia, un magistrato che prima di rivestire quel ruolo è stato uno studente modello, un magistrato che ha compiuto un valido percorso di formazione e che ha saputo dimostrare una conoscenza ineccepibile delle leggi e della giurisprudenza. Ma le cose non sono proprio così. Oggi può accedere all'esame in magistratura anche chi ha collezionato sul libretto universitario una serie infinita di 18. Non sarebbe il caso che queste persone si dedicassero a qualcos'altro? E se proprio c'è bisogno di incrementare il numero di magistrati forse si potrebbe attingere tra tanti giovani colleghi spesso più preparati di molti giudici che siamo abituati a incontrare nelle aule dei Tribunali. Mi viene in mente allora che ci sono tanti colleghi laureati con 110 e lode, carichi di energia e di voglia di lavorare e che ciò nonostante non hanno lavoro. Solo a pensarci quel malore di "pancia" torna a farsi sentire. Roberto Cataldi
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