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Data: 23/08/2014 12:00:00 - Autore: Marina Crisafi “L'unicità dei disegno criminoso, presupposto indefettibile per la configurabilità della continuazione fra più reati, richiede sotto il profilo soggettivo la rappresentazione dei singoli episodi criminosi, individuati almeno nelle loro linee essenziali sin dall'inizio dell'attività illecita, nel senso che l'autore deve avere già previsto e deliberato in origine ed in via generale l'"iter" criminoso da percorrere ed i singoli reati attraverso i quali attuarlo, che nella loro oggettività si devono presentare compatibili giuridicamente e posti in essere in un contesto temporale di successione o contemporaneità”. Lo ha affermato la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 33803 del 30 luglio scorso, in una vicenda inerente l'applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p., nei confronti dell'imputato di reati di furto e tentato furto aggravati. La Corte d'Assise di Roma, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza volta ad ottenere l'applicazione della disciplina de qua, fondando il provvedimento sulla rilevata assenza della contiguità spaziale e temporale tra i reati, reputando insufficiente la circostanza relativa all'identità di tipologia dei delitti oggetto di condanna. L'imputato ricorreva per Cassazione, dolendosi della mancata considerazione di elementi significativi desumibili dalla motivazione delle diverse sentenze di condanna, quali l'omogeneità dei reati commessi nella medesima località e la contiguità temporale tra alcuni di essi. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso, affermando, in particolare, che, ai fini della configurabilità del reato continuato, resta escluso che “l'unicità di disegno criminoso possa identificarsi con l'abitualità criminosa o con scelte di vita ispirate alla continua violazione delle norme penali, così come, sul fronte opposto, non può nemmeno pretendersi che tutti i singoli reati siano stati in dettaglio progettati e previsti nelle varie occasioni temporali e nelle modalità specifiche di commissione delle loro azioni, atteso che la disciplina normativa richiede identità del "disegno" criminoso, ossia che i singoli reati siano mezzo per il conseguimento di un unico intento, sufficientemente specifico e rintracciabile sin dalla commissione del primo di essi”. L'analisi va effettuata dal giudice di merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità laddove congruamente motivato, sulla base della “pluralità di indici sintomatici, rivelatori dell'ideazione e della determinazione volitiva unitaria” (quali, ad esempio: la prossimità temporale di commissione, l'omogeneità delle condotte sotto il profilo oggettivo, le circostanze concrete di tempo e luogo dell'azione, il bene giuridico leso, le finalità perseguite, ecc.), i quali, ha sottolineato la Cassazione, non è necessario che ricorrano contemporaneamente, “potendo assumere valore significativo anche la ricorrenza di uno o più di essi”, atteso che maggiore è il novero degli elementi indicativi, maggiore sarà la possibilità di riconoscere la continuazione. Sulla base di questi rilievi, ritenendo la motivazione avulsa dalle risultanze processuali e fondata su argomentazioni generiche assertive, la S.C. ha annullato l'ordinanza impugnata rinviando per nuovo esame dell'istanza del ricorrente alla Corte d'Assise di Roma. |
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