Data: 03/09/2014 11:00:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani

di Deborah Bianchi Il diritto all'oblio appannaggio di Google e il diritto alla storia appannaggio dei Paesi UE.

Potrebbero essere queste le “estreme” conseguenze della famosa CGUE 13.05.2014?

E' giusto che una delle vittime di Vallanzasca compaia con nome e cognome in chiaro sulla relativa voce di Wikipedia? Al tempo stesso: è giusto cancellare un'intera voce di Wikipedia per tutelare il diritto all'autodeterminazione informativa o data protection o ancora diritto all'oblio di una singola persona?

 

L'internet ormai scorre nelle vene di tutti noi: è il nostro “male del vivere digitale”.

Google, Wikipedia, l'informazione on line, il diritto di essere informati, i social network, i cacciatori di teste, il life logging: è la nostra vita in diretta senza ritorno. 

Questo però non deve condannarci a perdere il controllo sulla nostra esistenza in nome di un aprioristico diritto all'informazione o alla storia. 

Tutto dev'essere contestualizzato nella fattispecie concreta. Ecco perché sarà impossibile per BigG evadere tutte le richieste di NO-INDEX inoltrate e inoltrande: occorre un vaglio caso per caso sostenuto secondo il principio di proporzionalità che pervade tutta la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE. 

Solo l'istituzione di enti ad hoc in composizione multidisciplinare (tecnici, giuristi, editori stampa, rappresentanti di Google, rappresentanti delle Istituzioni statali, ecc..) potrà riuscire ad evadere le istanze di esercizio del diritto all'oblio nel rispetto delle garanzie costituzionali dei diritti fondamentali implicati. 

Ben vengano le linee guida allo studio dal Gruppo di esperti della casa di Mountain View ma in materie così delicate non si può prescindere dall'analisi del caso concreto e dal criterio principe della proporzionalità. Le linee guida dovrebbero trovare le proprie fonti nei criteri risolutivi dei vari tribunali e dei vari Garanti Data Protection dell'Europa applicati nelle vicende del diritto all'oblio. 

Gli enti multidisciplinari ipotizzati sopra dovrebbero essere degli osservatori atti a produrre raccolte di casistiche da cui si evincono i criteri adottati dalla giurisprudenza e dalla prassi.

Tornando all'interrogativo di apertura sulla voce Wikipedia inerente a Vallanzasca: l'ipotetico ente salverebbe “capra e cavoli” applicando il principio di proporzionalità secondo cui la tutela della data protection della vittima troverà piena soddisfazione con la semplice obliterazione delle relative generalità evitando la sproporzionata soluzione di cancellare un'intera voce di Wikipedia (tutelando contemporaneamente anche il diritto alla storia).

 

I sostenitori dell'equazione diritto all'oblio=censura-cancellazione della storia alzeranno i sopraccigli lanciando sirene di allarme contro i rischi di manipolazione della memoria collettiva.

Al fine di rasserenare anche questo fronte potremmo indagare una seconda fondamentale conseguenza della Corte di Giustizia UE 13 maggio 2014 su cui non ci siamo ancora soffermati.

La famosa sentenza della CGUE ha stabilito che Google è titolare del trattamento di indicizzazione dei dati rastrellati on line. 

La prima conseguenza di tale assunto è che Google deve occuparsi del diritto all'autodeterminazione informativa degli interessati coinvolti da questa attività ovvero del cosiddetto diritto all'oblio. 

La seconda conseguenza ancora non avvertita nella comunità web consiste nel fatto che gli Stati UE devono occuparsi della tutela dell'informazione e della storia costruendo dei cataloghi ratione materiae a cui possano accedere soltanto i soggetti accreditati. 

Pertanto la rivoluzionaria Corte di Giustizia 13 maggio 2014 ha sconvolto l'assetto di Google ma dovrebbe avere sconvolto anche l'Agenda digitale dei vari Stati Membri che dovrebbero aggiungervi la voce “Cataloghi archivi storici digitali”, cosa ben diversa dai cataloghi degli archivi storici digitalizzati!

Quest'ultima rappresenta indubbiamente una conseguenza “estrema” della CGUE 13.5.14. Da cogliersi quasi come una provocazione. Tuttavia è indubbio in primo luogo che prima di internet gli storici e i ricercatori accedevano fisicamente agli archivi di stato o ai fondi librari privati con apposite credenziali; in secondo luogo è indubbio altresì che laddove si identifichi Google quale titolare del trattamento di indicizzazione occorre identificare parimenti i Paesi UE quali garanti e perciò titolari o futuri titolari del trattamento di tutte le fonti web di pubblico dominio inerenti al relativo territorio utili a fini storici e informativi. In definitiva se Google deve garantire il diritto all'oblio (soluzione inaccettabile sotto il profilo costituzionale); i Paesi UE devono garantire la certezza della storia e dell'informazione costruendo i “Cataloghi degli archivi storici digitali” grazie all'attività di accreditati addetti ai lavori. Fuori i curiosi e gli aggregatori automatici!!!!…ovviamente soggetti non autorizzati. E chissà quanti posti di lavoro in più?!!!


Con questo bel contributo l'Avv. Deborah Bianchi, prestigiosa esperta del Diritto dell'Internet e di tante altre cose, ha raccolto l'invito che LIA Law In Action le aveva arditamente lanciato con il pezzullo del 9 agosto scorso all'interno della puntata n. 32 della rubrichetta MEDIAevo.

La ringraziamo sentitamente anche per il tempismo, in un momento feriale, delle sue sublimi vertigini meditative sul mondo di internet che, pur scorrendoci nelle vene, per adoperare l'espressione di Deborah, ci è ancora e tuttora ignoto.



Tutte le notizie