Data: 04/09/2014 15:00:00 - Autore: di Falco Dott.ssa Rossella Agostina
Dott.ssa Rossella Agostina Di Falco  
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In una controversia sorta tra una struttura alberghiera ed un ente comunale a causa del mancato pagamento dei compensi dovuti al gestore della struttura alberghiera che ospitava famiglie senzatetto, in virtù di una convenzione con l'ente comunale non rinnovata per iscritto, il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, ha concluso per l'applicabilità del combinato disposto di cui agli artt. 1411 e 1591 codice civile
La questione è di non poco conto, intrecciandosi con le problematiche derivanti dalla sanzione della nullità dei contratti stipulati con le Pubbliche Amministrazioni privi della forma scritta, comminata più volte dai giudici amministrativi e dalla giurisprudenza di legittimità.
Nel caso trattato la struttura alberghiera aveva stipulato delle convenzioni annuali, rinnovate di anno in anno, con l'ente comunale, con le quali si era obbligata a sistemare dei nuclei familiari in condizioni particolarmente disagiate in alloggi di sua pertinenza. 
Alla scadenza dell'ultima convenzione, tuttavia, l'ente pubblico non aveva provveduto a liberare gli alloggi, lasciando che le famiglie continuassero ad occupare la struttura alberghiera per oltre tre anni, in assenza di una convenzione scritta.
Ripercorrendo la giurisprudenza di legittimità, il Tribunale ha dato seguito a quell'orientamento che qualifica il contratto con il quale una società gestisce un complesso alberghiero ospitando nuclei familiari senza tetto in forza di una convenzione con un ente pubblico, come contratto di albergo (contratto misto o atipico, in cui l'albergatore si obbliga a prestazioni eterogenee e molteplici: locazione dell'alloggio, fornitura di servizi, deposito).
Conseguenza dell'inquadramento sopradetto è che se la prestazione principale del contratto di albergo consiste nella locazione degli alloggi, colui che ha stipulato il contratto deve ritenersi certamente obbligato nei confronti del locatore alla restituzione della cosa locata e alla corresponsione della somma dovuta come corrispettivo, salvo il maggior danno (art. 1591 c.c.). 
Tale disciplina deve ritenersi senz'altro applicabile anche nel caso in cui lo stipulante abbia concluso il contratto a favore di un terzo (art. 1411 c.c.).
Secondo la Suprema Corte, “non vi sono ragioni preclusive alla possibilità che il contratto in favore di terzo sia costituito da un contratto di albergo (oppure di locazione), purché, ovviamente, lo stipulante vi abbia un interesse, che può essere non solo economico o istituzionale, ma anche morale”, e che, “stante la struttura e la disciplina del contratto in favore di terzo (art. 1411 e segg.), lo stipulante rimane parte contrattuale. 
Rilievo preminente è stato quindi attribuito alla natura dell'interesse (pubblico) tutelato. 
Gli accordi tra albergatori e Comuni, aventi lo specifico fine di dare alloggio a nuclei familiari, infatti, si inquadrano nell'ambito dei più ampi interventi degli enti pubblici in favore delle famiglie prive di alloggi, perché sinistrate, baraccate, sfrattate, nei quali il fine istituzionale perseguito dall'ente assume “notevole rilievo se una siffatta finalità si collega alle modalità di intervento del Comune e alla peculiarità degli accordi intercorsi con i titolari di pensioni […] 
Da ciò consegue che anche nel caso di contratto di locazione (o di albergo) a favore di un terzo è sempre lo stipulante il contratto a essere obbligato nei confronti del locatore alla restituzione della cosa locata e alla corresponsione della somma dovuta come corrispettivo fino alla data della consegna salvo il maggior danno, in caso di ritardo, a norma dell'art. 1591 c.c. Pertanto, la sentenza impugnata, che ha ritenuto lo stipulante Comune tenuto al pagamento del corrispettivo maturato sino (non solo alla disdetta ma) al momento della consegna del bene all'attrice da parte del terzo beneficiario, salvo il maggior danno, ha applicato correttamente le norme di cui agli artt. 1411 e 1591 c.c.”. (Cass. Civile n. 25584/2008; Cfr., negli stessi termini, Cass. Civ., sez. III, n. 10158/94 cit., Cass. Civ., sez. II, 24.07.2000 n. 9662; Cass. Civ., Sez. III, 9.10.2000, n. 13403).
In applicazione dei principi sopra enunciati, il Tribunale ha ritenuto il Comune obbligato a garantire la liberazione degli alloggi locati da parte dei terzi (famiglie senza tetto) alla scadenza della convenzione. Non avendo l'ente provveduto a tanto, il Giudice Partenopeo ha ritenuto accoglibile la domanda della struttura alberghiera rilevando che "il corrispettivo rivendicato dalla società trova il suo fondamento non sull'inamissibile rinnovo tacito e quindi non scritto delle convenzioni in atti, in assenza delle quali nulla può spettare al presunto creditore, quanto e solamente nell'art. 1591 c.c., che obbliga il conduttore che, non ha liberato l'immobile, a versare il prezzo pattuito fino alla consegna formale e alla liberazione, salvo il maggior danno".
Dott.ssa Rossella Agostina Di Falco; email: rossella.difalco@libero.it; cell. 3313359118

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