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Data: 08/09/2014 14:00:00 - Autore: Laura Tirloni![]() Negli ultimi 12 anni, il numero di coloro che hanno intrapreso l'attivit� forense in Italia � pi� che raddoppiato, passando dai 110mila del '99 ai 247mila del 2012. Pi� della met� di questi ha meno di 45 anni e un avvocato su due � donna. Tuttavia, dopo una lunga fase di crescita, il disagio della categoria ha avuto l'effetto di dissuadere i giovani dall'intraprendere studi giuridici e cos�, oggi, si assiste ad una diminuzione del numero degli iscritti alla facolt� di giurisprudenza. Ancora dati alla mano, negli ultimi quattro anni, il reddito medio percepito da un avvocato si � contratto del 17%, attestandosi a circa 47.500 euro, dove gli avvocati sotto i 35 anni percepiscono il 75% in meno dei colleghi over 55, mentre le donne si attestano intorno ai 28.500 euro all'anno (dati forniti dall'Associazione dei giovani avvocati - Aiga). Ma si tratta appunto di reddito medio. Se entriamo nel dettaglio scopriamo che i professionisti che hanno meno di 29 anni non raggiungono i 14.000 euro di reddito annuo, mentre quelli della fascia 30-34 anni arrivano a circa 20mila. Solo gli avvocati della fascia 60-64 anni (ammesso che non desistano prima) arrivano a sfiorare i 92mila euro. Dal 2 Febbraio 2013, � inoltre entrata in vigore la riforma della legge professionale forense (l. n. 247/2012), varata dal governo Monti, che ha riscritto le regole di una professione fino a quel momento basata su un regio decreto del 1933. La riforma ha previsto, tra le novit� di maggior impatto, l'obbligo (rinviando ad apposito regolamento la disciplina, i termini e le modalit� di attuazione), per tutti gli iscritti all'albo, indipendentemente dalla continuit� dell'esercizio della professione e dal raggiungimento di determinati parametri di reddito, dell'iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, che oggi conta oltre 170 mila iscritti (dati Aiga 2013). Considerato il contributo minimo soggettivo e l'indennit� di maternit�, l'importo da versare alla Cassa parte da un minimo di 3.500 euro l'anno; una cifra che pu� risultare insostenibile per quegli avvocati a reddito minimo, che potrebbero cos� essere indotti ad abbandonare la professione. Gi� costretti ad affrontare l'estrema competitivit� all'interno di una categoria talmente "inflazionata" da rappresentare il triplo della media Ue (solo a Roma, infatti, risultano esserci tanti avvocati quanti nell'intera Francia), molti dei professionisti italiani, soprattutto i giovani avvocati, si ritrovano a svolgere mansioni di praticantato e poi di collaborazione fissa presso gli studi legali, con esclusivit� di prestazione, che spesso si traducono in attivit� di "segretariato" scarsamente o per nulla retribuite. E quando, con il passare del tempo, la collaborazione diventa fissa, gli stessi avvocati si ritrovano a lavorare a tempo pieno per lo stesso studio legale, con retribuzioni corrispondenti a poche centinaia di euro, dovendo affrontare al contempo gli oneri legati alla libera professione (come dotarsi di Pos per i pagamenti) e non godendo di agevolazioni, neanche nella fase iniziale di avviamento dell'attivit�. Su questa, per nulla florida situazione, si � abbattuta una nuova e pesante tegola: la "temuta" approvazione ministeriale del regolamento di attuazione dell'art. 21 della l. n. 247/2012 del 7 agosto scorso, che mette a serio rischio il futuro, soprattutto, dei pi� giovani. In attuazione delle previsioni regolamentari, infatti, anche i percettori di redditi professionali inferiori ai 10.300 euro (circa 50.000, secondo i dati), in precedenza esonerati, sono obbligati ad iscriversi alla Cassa, versando un "contributo soggettivo minimo", pari a circa 700 euro annui, per i primi otto anni di iscrizione, ricevendo quale contropartita, il riconoscimento di met� della contribuzione (6 mesi in luogo dell'intera annualit� ai fini pensionistici) e l'intera copertura assistenziale. Il tutto senza limiti di et�. Polemiche e proteste dilagano da parte delle associazioni di categoria e si avanzano ipotesi di incompatibilit� del regolamento con le norme costituzionali e comunitarie, data la previsione di contributi fissi dovuti indipendentemente dalla situazione reddituale. Intanto, rebus sic stantibus, non si esclude che lo stato dell'arte della professione assister� ad un nuovo esercito di "avvocati esodati". (vedi anche: 50.000 avvocati italiani a rischio estinzione!)
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