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Data: 09/09/2014 19:00:00 - Autore: Angela Butera
Avv. Angela Butera angela.butera80@gmail.com
La
Corte di Cassazione, sez.Lavoro, con
sentenza n. 15070 pubblicata in data 2 Luglio 2014 (Presidente Lamorgese – Relatore
Tria) in termini di notifica a mezzo PEC ha stabilito:
“L'art. 125, primo comma, cod. proc. civ. nel testo
attuale, vigente dal giorno 1 dicembre 2011, statuisce che tra le indicazioni
che devono obbligatoriamente essere presenti nella citazione, nel ricorso,
nella comparsa, nel controricorso e nel precetto vi deve essere quella
dell'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore "comunicato
al proprio ordine" nonché del proprio numero di fax”
L'art.
25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, che ha sostituito l' art. 136, secondo comma, c.p.c., statuisce che i cancellieri
possono effettuare le comunicazioni alle parti che sono prescritte dalla legge
e li abilita altresì a dare notizia di quei provvedimenti per i quali è
disposta dalla legge una forma abbreviata di comunicazione, trasmettendo le
comunicazioni stesse “ a mezzo posta
elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti
informatici”.
Ogni
avvocato, dopo la comunicazione del
proprio indirizzo di PEC al Ministero della Giustizia attraverso il Consiglio
dell'Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione della
propria PEC, nel senso che se non la apre ne patisce le conseguenze.
Da
ciò si evince che è ininfluente se un avvocato apre o meno il messaggio di
posta certificata essendo unicamente rilevante, ai fini del perfezionamento
della notifica, l'avvenuta consegna nelle forme legislativamente descritte con
assoluta precisione, che generano certezza della effettiva conoscibilità
dell'atto.
Già
la Suprema Corte ( Cass. 7 maggio 2014, n. 9876)in un recente arresto ha
sottolineato che “ il processo ha conseguito
di recente il traguardo, espressamente stabilita dal D.L. 18 ottobre 2012, n.
17, art. 16, comma 4, conv. Il L.17 dicembre 2012, n. 221, che nei procedimenti
civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria devono
essere effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta
elettronica certificata, con le decorrenze previste dal successivo comma 9,
come modificato dalla L. 228 del 2012”;
La
corte ha così inteso privilegiare la notificazione per via telematica, che rispetto
ai metodi “tradizionali” sembra dare una maggiore certezza pur rimanendo
comunque valida la notifica a mezzo fax o a mezzo ufficiale giudiziario in
tutti quei casi in cui non è possibile procedere a mezzo posta certificata;
Il panorama normativo relativo alla notifica a mezzo PEC è comunque arricchito da continue pronunce giurisprudenziali ed è in
continua evoluzione, spetterà all' operatore del diritto verificare di volta in volta qual' è la fattispecie da applicare al caso specifico ovvero se ricorra il II^ o il III^ comma dell'art. 136 del cod di proc. civ..
Avv. Angela Butera angela.butera80@gmail.com
Ecco il testo della sentenza:
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Sentenza 13 marzo– 2 luglio 2014, n. 15070
(Presidente
Lamorgese – Relatore Tria)
Svolgimento del processo
1.- La sentenza
attualmente impugnata (depositata il giorno 1 marzo 2013) dichiara
improcedibile l'appello proposto, con ricorso depositato il 4 dicembre 2012, da
I.A.S. avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 1604/2012 del 6
giugno 2012, di rigetto della domanda dello I. avente ad oggetto l'impugnativa
del licenziamento per giusta causa intimatogli dalla BANCA NAZIONALE del LAVORO
s.p.a. (d'ora in poi: BNL).
La Corte d'appello di Reggio Calabria, per quel che qui interessa, precisa che:
a) all'udienza di prima comparizione - fissata con decreto regolarmente
comunicato al procuratore della parte appellante a mezzo del sistema di posta
elettronica certificata (PEC), secondo le indicazioni fornite dallo stesso
procuratore nell'atto di appello e in base all'art. 136, secondo comma, cod.
proc. civ., nel testo modificato dall'art. 25 della legge n. 183 del 2011 - è
comparso il suddetto procuratore dell'appellante che ha fatto presente di non
avere ricevuto alcuna comunicazione ed ha, pertanto, chiesto un nuovo termine
per provvedere alla prescritta notifica;
b) premesso che l'assunto relativo all'omessa comunicazione è destituito di
fondamento, l'appellante, pur avendo ricevuto notizia del decreto di fissazione
della prima udienza di comparizione (dell'8 febbraio 2013) in data 4 dicembre
2012, non ha provveduto ad effettuare la notifica alla controparte dell'atto di
appello e del pedissequo decreto di comparizione entro il termine minimo di
venticinque giorni prima della data della predetta udienza di cui all'art. 435,
terzo comma, cod. proc. civ.;
c) ne consegue che in applicazione al recente orientamento espresso dalle
Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza n. 20606 del 30 luglio
2008, l'appello, anche se proposto tempestivamente, è da considerare
improcedibile perché la notificazione del ricorso depositato e del decreto di
fissazione dell'udienza non è stata effettuata e - alla stregua di
un'interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della
ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, secondo comma, Cost. -
non è consentito al giudice di assegnare, ex art. 421 cod. proc. civ.,
all'appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a
norma dell'art. 291 cod. proc. civ., tranne che nell'ipotesi in cui venga
presentata un'istanza di proroga prima della scadenza del termine per la
notifica in oggetto;
d) tale ultima ipotesi non ricorre nella specie, in quanto la parte appellante
ha presentato la suddetta istanza nel corso della stessa udienza di prima
comparizione.
2.- Il ricorso di I.A.S. domanda la cassazione della sentenza per un unico
motivo; resiste, con controricorso, illustrato da memoria, la BANCA NAZIONALE
del LAVORO s.p.a., la quale, fra l'altro, eccepisce la invalidità della
notifica del ricorso per cassazione, soprattutto perché avvenuta (il 6
settembre 2013) dopo la scadenza del termine semestrale previsto dall'art. 327
cod. proc. civ., nel testo risultante dalla modifica introdotta dall'ari 46,
comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69, applicabile nella specie ratione temporis, ai sensi dell'art. 58
della stessa legge n. 69 del 2009.
Motivi della decisione
I - Profili
preliminari.
1.— Preliminarmente deve essere esaminata la eccezione di ^invalidità della
notifica della notifica del presente ricorso proposta dalla controricorrente,
sull'assunto della pretesa tardività della stessa perché effettuata il 6
settembre e quindi dopo la scadenza del termine di sei mesi dal deposito della
sentenza (avvenuto il giorno 1 marzo 2013), previsto dall'art. 327 cod. proc.
civ.
Tale eccezione è infondata in quanto, sull'originale del ricorso risulta
apposto un timbro leggibile dell'ufficiale giudiziario che attesta che la
relativa consegna dell'atto per la notifica è stata effettuata in data 27
agosto 2013, sicché, la notifica stessa si deve considerare tempestiva, in
applicazione del noto principio della scissione soggettiva del momento di
perfezionamento delle notificazioni.
II - Sintesi delle censure.
1.- Con l'unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 136, 152, 159, 291, 421, 435 cod. proc. civ. e dell'art. 111 della
Costituzione.
Il ricorrente sottolinea che:
1) il procuratore dell'appellante, presente all'udienza del giorno 8 febbraio
2013 per trattare altre cause, ha chiesto la concessione di un termine per le
notifiche dichiarando che non era a conoscenza dell'emissione del decreto di
fissazione dell'udienza, comunicatagli esclusivamente tramite PEC;
2) infatti il procuratore stesso non era ancora in possesso della password di
accesso alla PEC, benché quest'ultima gli fosse stata rilasciata qualche giorno
prima del deposito in cancelleria dell'atto di appello (ove era stata
indicata);
3) pertanto la comunicazione effettuata dalla Corte d'appello per mezzo della
PEC non sarebbe valida, in quanto esclusiva e non accompagnata da comunicazione
cartacea a mezzo di ufficiale giudiziario ovvero a mezzo fax.
Comunque, la concessione del termine richiesto ad avviso del ricorrente era
compatibile con l'art. 111 Cost. e, in ogni caso, l'appello non avrebbe dovuto
essere dichiarato improcedibile, visto che era stato correttamente depositato.
Infine, al caso di mancata notifica in oggetto avrebbe dovuto applicarsi
estensivamente la norma di cui all'art. 291 cod. proc. civ..
III-Esame delle censure.
2.- Il ricorso non è da accogliere per le ragioni di seguito esposte.
3.- Deve essere, in primo luogo, precisato che l'art. 125, primo comma, cod.
proc. civ. nel testo attuale, vigente dal giorno 1 dicembre 2011, stabilisce
che tra le indicazioni che devono obbligatoriamente essere presenti nella
citazione, nel ricorso, nella comparsa, nel controricorso e nel precetto vi
deve essere quella dell'indirizzo di posta elettronica certificata del
difensore "comunicato al proprio ordine" nonché del proprio numero di
fax.
Il successivo art. 136, secondo comma, cod. proc. civ., come sostituito
dall'art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, abilita i cancellieri ad
effettuare le comunicazioni alle parti che sono prescritte dalla legge e a dare
notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge una forma abbreviata
di comunicazione, trasmettendo le comunicazioni stesse" a mezzo posta
elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti
informatici".
Mentre il terzo comma dello stesso art. 136 stabilisce che "salvo che la
legge disponga diversamente", si può utilizzare la trasmissione a mezzo
telefax ovvero la notifica a mezzo dell'ufficiale giudiziario solo "se non
è possibile procedere ai sensi del comma che precede".
Le modalità attuative di tale disposizione si rinvengono nel decreto del
Ministro della Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44 (Regolamento concernente le
regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi
previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive
modificazioni, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29
dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24), vigente
dal 18 maggio 2011 e poi modificato dal d.m. n. 209 del 2012 (vedi, al
riguardo: Cass. 7 maggio 2014, n. 9876).
4.- Dal complesso di tale disciplina si desume, per quel che riguarda la
presente fattispecie, che una volta ottenuta da parte dell'ufficio giudiziario
interessato la prescritta abilitazione, ogni avvocato, dopo la comunicazione
del proprio indirizzo di PEC al Ministero della Giustizia attraverso il
Consiglio dell'Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione
della propria PEC, nel senso che se non la apre ne risente le conseguenze.
La Corte d'appello di Reggio Calabria è stata abilitata all'utilizzazione di
tale sistema dall'inizio del 2012 e di conseguenza da quel momento le
cancellerie hanno potuto trasmettere le prescritte comunicazioni ai difensori
per mezzo della PEC da essi indicata.
Ciò è avvenuto, nella specie, con riguardo alla comunicazione del decreto di
fissazione dell'udienza di prima comparizione del giudizio di appello.
D'altra parte, come risulta dalla sentenza impugnata, e non viene contestato
dal ricorrente, la suddetta trasmissione è risultata effettuata regolarmente -
in data 4 dicembre 2012, alle ore 12:27:57 - al procuratore della parte
appellante a mezzo del sistema di posta elettronica certificata (PEC), secondo
le indicazioni fornite dallo stesso procuratore nell'atto di appello e in base
all'art. 136, secondo comma, cod. proc. civ., nel testo modificato dall'art. 25
della legge n. 183 del 2011.
Ne consegue che del tutto correttamente la Corte d'appello ha considerato
valida a tutti gli effetti tale comunicazione e, conseguentemente,
improcedibile l'appello non avendo l'appellante provveduto ad effettuare la
notifica alla controparte dell'atto di appello e del pedissequo decreto di comparizione
entro il termine minimo di venticinque giorni prima della data della predetta
udienza di cui all'art. 435, terzo comma, cod. proc. civ..
5.- Nella descritta situazione, non solo non poteva trovare applicazione l'art.
291 cod. proc. civ. che riguarda tutt'altra situazione, ma neppure si sarebbe
potuta lamentare la mancata utilizzazione della trasmissione a mezzo telefax
ovvero della notifica a mezzo dell'ufficiale giudiziario, perché, come si è
detto, in base all'art. 136, terzo comma, cod. proc. civ., a tali forme di
trasmissione può ricorrersi soltanto quando non è possibile procedere a mezzo
PEC, mentre, nella specie, non solo è stato possibile utilizzare la PEC ma la
relativa trasmissione è andata a buon fine (come certificato), sicché l'inconveniente
lamentato è dipeso esclusivamente da problemi di gestione della PEC da parte
del relativo titolare (destinatario della comunicazione), come tali del tutto
ininfluenti sulla validità della comunicazione stessa.
IV–Conclusioni.
6.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto, per le suindicate ragioni. Le
spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in
dispositivo - seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei
presupposti di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 100,00 (cento/00) per
esborsi, Euro 3000,00 (tremila/00) per compensi professionali, oltre accessori
come per legge.
Si
da atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1-quater,
del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228
del 2012.
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