Data: 15/09/2014 17:30:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi

Avv. Francesco Pandolfi - cassazionista

Sanzione disciplinare, risarcimento dei danni da parte dell'Amministrazione, perdita di chance, ricostituzione piena della carriera.

La condotta eccessiva ed intransigente dell'Amministrazione può porsi quale fonte di danno per il proprio dipendente militare ( Trib. Regionale di Giustizia Amministrativa Trentino Alto Adige, sentenza n° 373/12).

U.T. era entrato nella Guardia di Finanza nel 1961, raggiungendo nel 1968 il grado di appuntato; nel 1980 era in servizio a xxxx nell'ufficio di dogana alla frontiera con l'Austria, quando insieme a due colleghi finanzieri asportò dall'ex caserma abbandonata xxxx alcuni radiatori dell'impianto di riscaldamento; per tale fatto venne imputato del reato di "concorso in furto militare aggravato", con l'ulteriore aggravante di avere concorso nel reato con subordinati.

Dal Tribunale militare di Verona venne prosciolto dall'imputazione "...perché il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo..." ( i radiatori erano "res derelictae").

Ancora in pendenza del procedimento penale T. venne sottoposto anche a procedimento disciplinare che si concluse con la determinazione che gli inflisse la "perdita di grado per rimozione", con conseguente cessazione del servizio.

Impugnata, il TAR del Lazio annullò la determinazione (sentenza n° 1999/98). La sentenza passò in giudicato.

Nonostante ciò, il Comando generale della Guardia di Finanza rinnovò l'atto finale precedentemente annullato e con la determinazione n° 111119 confermò il contenuto del provvedimento annullato dal TAR (rimozione con perdita di grado e cessazione dal servizio ).

Anche la conferma venne annullata dal TAR del Lazio; appellata, il Consiglio di Stato confermò (sentenza n° 4327/09) la sentenza di primo grado.

Su istanza di diffida ad adempiere, il Comando Generale, con provvedimento del 2008, dispose la reintegrazione, con riserva, nel grado di appuntato e la riammissione in servizio a decorrere dal 7.5.1982 fino alla data di congedo per raggiunti limiti di età.

Per tutti gli anni del contenzioso, il sig. T. lavorò come operaio presso la ditta B., recandosi in pensione il 11113.

Messa nuovamente in mora, la Guardia di Finanza, nel 2009, diede finalmente corso anche alla ricostituzione economica della carriera, pagando gli arretrati dopo avere detratto i redditi percepiti come operaio.

Sulla base di queste premesse di fatto, il ricorrente ha promosso giudizio dinanzi al Tribunale Reg. per chiedere il risarcimento del danno.

Per quanto riguarda il danno patrimoniale, fa valere il danno da perdita di chance, sostenendo che la ricostituzione della carriera sia stata solo parziale. Mentre il 90% degli appuntati in servizio nel 1982 aveva realizzato la carriera maturando, all'atto del pensionamento, il grado di maresciallo capo o di brigadiere capo, a lui, con il provvedimento di ricostituzione della carriera era stato riconosciuto solo il grado di appuntato scelto.

Ha chiesto pertanto la ricostituzione piena della carriera, giuridica ed economica, attraverso il riconoscimento dei vari gradi (dal 10/89 il grado di vicebrigadiere, dal 5/91 il grado di brigadiere, dal 11/92 il grado di brigadiere scelto, dal 5/93 il grado di brigadiere capo e dal 9/95 il grado di maresciallo capo) ed il pagamento degli emolumenti economici connessi, maggiorati dell'aumento stipendiale per la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria dal 1/89, dell'indennità dogana e di tutti gli ulteriori emolumenti che avrebbe percepito per il lavoro straordinario, festivo, notturno, funzioni speciali e missioni, nonché per il trattamento di quiescenza superiore che avrebbe percepito in seguito ad una corretta ricostituzione della carriera, il tutto fino al raggiungimento della massima età pensionabile.

Dopo avere premesso di essere stato umiliato ed annichilito, sia attraverso la rimozione illegittima (licenziamento ingiurioso) ma anche successivamente a causa del comportamento ostruzionistico posto in essere dal suo ex datore di lavoro, ha chiesto anche la liquidazione del danno non patrimoniale, sia sotto il profilo del danno morale che sotto il profilo del danno esistenziale, sulla falsariga dell'insegnamento contenuto nella sentenza fondamentale Cass. Sez. Un. n° 26972/08.

Il sig. T. è deceduto in data 223411 e la causa è stata proseguita dagli eredi che si sono costituiti con apposita comparsa di costituzione.  

Arrivati finalmente all'esame del merito, non occorre spendere molte parole in ordine all'an debeatur.

Il ricorrente ( ora i suoi eredi ), in seguito all'assoluzione dal reato ( per mancanza di dolo) avrebbe dovuto essere reintegrato nel servizio, avendo il TAR del Lazio ed il Consiglio di Stato nelle sentenze richiamate, reputato la sanzione disciplinare della rimozione del grado con conseguente cessazione dal servizio una punizione troppo pesante e non proporzionata al fatto. Il Comando generale, anziché adeguarsi alle sentenze, inizialmente aveva insistito nella punizione massima, confermando la misura sanzionatoria espulsiva e successivamente, dopo l'intervento del Consiglio di Stato, aveva ricostituito la carriera appena nel 2009, non solo con notevole ritardo ( T. aveva ormai 69 anni ), ma anche in maniera insufficiente.

In questo, esattamente, consiste l'illiceità del comportamento da inquadrare nell'ambito della responsabilità contrattuale del datore di lavoro verso il suo dipendente. 

Data la natura contrattuale, la colpevolezza è presunta; sarebbe onere del datore fornire la prova liberatoria che non è stata neppure abbozzata dall'amministrazione resistente.

Ciò non toglie che il comportamento del ricorrente, nell'asportare i radiatori, fosse da ritenere gravemente negligente e imprudente, meritevole di una sanzione disciplinare, ancorché meno pesante di quella espulsiva, concretamente irrogata.   Il ricorrente, in altre parole, ha concorso nella causazione del danno e di ciò, a mente dell'articolo 1227 cc richiamato dall'art. 30/3 CPA, si dovrà tenere conto in sede di quantificazione dello stesso, poiché il fatto commesso nel 1980 avrebbe senz'altro comportato ripercussioni negative sulla carriera.

Per quanto riguarda la quantificazione del danno, occorre fare una premessa di natura processuale. Nella citata sentenza n° 26972/08, i giudici della S.C. hanno chiarito che il danno può essere dimostrato sulla base di presunzioni semplici, fermo restando l'onere a carico del danneggiato di fornire gli elementi di fatto dai quali desumerlo. Secondo i giudici della S.C., data la difficoltà per il lavoratore di fornire la prova rigorosa, la presunzione semplice è considerata il mezzo probatorio più importante, da sola sufficiente alla formazione del convincimento del giudice. E' legittimo persino, secondo i giudici della S.C., avvalersi delle nozioni di comune esperienza che, a mente dell'art. 115 c.p.c. non abbisognano di alcuna prova.

Applicando tali principi al caso in esame, è ragionevole presumere secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit ( criterio della probabilità statistica ), che egli, se fosse stato tempestivamente reintegrato nel servizio in seguito all'assoluzione penale, non si sarebbe fermato al grado di appuntato scelto e che pertanto la ricostituzione della carriera economica concretamente operata nel 2009 (gli è stato riconosciuto il grado di appuntato scelto, ancorché retroattivamente al 21.11.1987) è da considerarsi incompleta. Tenuto conto di tutto ciò, reputando non necessario ricorrere all'ausilio di un verificatore o di un ctu (non porterebbe ad un risultato migliore e più certo) e consci dei limiti sottesi ad ogni quantificazione concreta dei danni, si reputa non inverosimile che il ricorrente avrebbe percorso i vari scalini della carriera con un anno di ritardo a causa del fatto commesso nel 1980 (concorso di colpa), fino a raggiungere, all'atto del collocamento a riposo, con una probabilità vicina alla certezza il grado di brigadiere, con una probabilità non inferiore al 90% il grado di brigadiere scelto e con una probabilità non inferiore al 80% il grado di brigadiere capo. In altre parole, tenuto conto del ritardo di carriera, avrebbe raggiunto il grado di vicebrigadiere nell'ottobre 1990 (con certezza), il grado di brigadiere nel maggio 1992 (con certezza), il grado di brigadiere scelto nel novembre 1993 (con una probabilità vicina al 90%) ed il grado di brigadiere capo nel maggio 1994 (con una probabilità vicina al 80%), per essere congedato con tale grado il 4.9.96 per raggiunti limiti di età.

L'amministrazione convenuta dovrà pertanto ricostituire la carriera del ricorrente sulla base dei criteri sopra indicati.

Alla somma così determinata spetta, dal gennaio 1990, l'aumento stipendiale per l'incarico di ufficiale di P.G. e fino al 1995, anno di abolizione dei controlli alle frontiere, l'indennità di dogana. Va rideterminato anche il TFR (o il trattamento finale equivalente).  Il tutto maggiorato di rivalutazione monetaria e interessi legali entro il limite di cui all'art. 22 comma 36 L. 724/94.

Da questa somma va detratto:

- il c.d. 'coefficiente di riduzione', ritenendosi, sulla base delle probabilità, che il ricorrente avrebbe raggiunto il grado di brigadiere scelto al 90% ed il grado di brigadiere capo solo al 80 %. Pertanto, fino al grado di brigadiere, raggiunto nel 5/92, la carriera economica va ricostituita al 100%, successivamente le differenze stipendiali tra il grado di brigadiere ed il grado di brigadiere scelto, raggiunto il 11/93, vanno decurtate del 10% e successivamente ancora, le differenze stipendiali tra il grado di brigadiere scelto ed il grado di brigadiere capo, raggiunto il 5/94, vanno decurtate del 20%;

- "l'aliunde perceptum", ovvero le somme percepite presso il datore di lavoro B. srl, da calcolarsi sulla base delle buste paga esibite ed, in mancanza di queste, sulla base della media delle buste paga in possesso dell'amministrazione; l'aliunde perceptum va detratto solo fino al 4.9.96, non potendosi detrarre gli emolumenti percepiti presso la ditta Bo. successivamente al pensionamento presso la Guardia di Finanza;

- quanto già anticipato in seguito alla ricostituzione fatta nel 2009.

Per quanto riguarda il danno non patrimoniale, il ricorrente sostiene di essere stato umiliato e annichilito sia dalla rimozione di grado che dal comportamento successivo del Comando Generale che si era rifiutato con ostinazione a reintegrarlo nel servizio, nonostante le sentenze amministrative intervenute in suo favore. Il danno è fatto valere sotto il profilo morale ed esistenziale.

Va premesso che, alla luce dell'insegnamento contenuto nella più volte citata sentenza n° 26972/08, il danno non patrimoniale, unico ed omnicomprensivo, non è divisibile in singole sottocategorie ed è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, ove nel termine "legge" è compreso anche il vulnus ai diritti inviolabili della persona, direttamente protetti dalla Costituzione che è l'espressione massima della "legge". Si ritiene che il comportamento illecito del datore di lavoro abbia mortificato la dignità professionale e l'immagine del Ta., la cui personalità si svolgeva anche e sopratutto sul luogo di lavoro (art. 2 Cost). A titolo di danno non patrimoniale si reputa equo aumentare del 10% l'importo spettante a titolo di danno patrimoniale.

Concludendo, accertata la responsabilità del datore, al T. va riconosciuto il risarcimento del danno, patrimoniale e non.

Avv. Francesco Pandolfi

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