Data: 29/09/2014 09:00:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi

Avv. Francesco Pandolfi - cassazionista

     non c'è reato di collusione aggravata quando non è provata la frode alla Guardia di Finanza


I fatti di causa risalgono al 11xxx, epoca in cui il comando del nucleo di polizia tributaria di rrrrrr prese l'iniziativa di un controllo sulle societa' operanti nel settore del trasporto di persone al fine di accertare eventuali evasioni fiscali e previdenziali.

L'operazione venne tenuta sotto stretta segretezza anche nell'ambito del nucleo e soltanto la mattina del 4 gennaio agli operatori vennero consegnate buste chiuse contenenti le consegne da eseguire presso i vari obbiettivi ivi indicati.

Agli imputati venne fatta consegna di eseguire gli accertamenti di ufficio presso la ditta (OMISSIS) con sede in (OMISSIS).

Recatisi sul posto gli imputati avvertirono telefonicamente il ten. B.D. che l'esercizio commerciale risultava chiuso, di guisa che gli stessi vennero comandati dal magg. A.B., comandante del nucleo di polizia tributaria operante, ai quali avevano ribadito il dato della chiusura dell'agenzia, di raggiungere i colleghi in attivita' a (OMISSIS).

Nel relazionare le loro operazioni, gli imputati diedero atto di essersi recati presso i locali della ditta (OMISSIS), di averli trovati chiusi, di aver comunque accertato che trattatavasi di agenzia viaggi estranea ad attivita' di trasporto di persone.

Analoghe sintetiche informazioni i prevenuti affidavano ad una seconda relazione richiesta dai superiori gerarchici attesa la sinteticita' della prima.
Veniva pero' accertato in seguito ad indagini eseguite dall'autorita' giudiziaria ordinaria, che tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), persona interessata alle verifiche, in costanza di esse erano intercorsi contatti telefonici e gli imputati ammettevano inoltre che, in realta', avevano avuto accesso ai locali della ditta (OMISSIS), ove avevano interloquito con un addetto senza pero' verbalizzare alcuna operazione, neppure quella della identificazione dell'addetto.

Sulla base degli accertamenti eseguiti gli imputati venivano rinviati a giudizio e poi condannati sia in primo che in secondo grado perche' giudicati colpevoli dei reati rubricati (disobbedienza aggravata in concorso tra loro e collusione aggravata sempre in concorso tra loro ).

Ricorrendo in Cassazione avverso la sentenza di appello gli imputati, quanto al reato di collusione, sostengono che nella fattispecie non risulta provato alcun patto illecito tra essi ed il privato.

La Corte, con sentenza n° 44514/12 sez. 1 penale, annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta collusione e rinvia per nuovo giudizio sul capo ad altra sezione della Corte militare di appello, rigettando il ricorso nel resto.

In effetti ritiene che la corte di secondo grado ha valorizzato sia le false informative ai superiori, sia le tre telefonate indirizzate dal (OMISSIS) al (OMISSIS), titolare della societa' sottoposta a controllo, per avvisarlo delle operazioni in corso, sia l'omessa verbalizzazione delle operazioni da eseguirsi alla presenza del dipendente della agenzia (OMISSIS).

Hanno ancora rilevato i giudicanti territoriali sul punto l'incongruenza della tesi difensiva secondo cui il (OMISSIS) telefono' al (OMISSIS) per avere informazioni sulla reale attivita' svolta dall'Agenzia (OMISSIS), considerato che le telefonate furono tre e che il (OMISSIS) al momento di chiamare il (OMISSIS) stesso ignorava del tutto quali fossero le operazioni in corso, circostanza che priverebbe di rilievo la tesi difensiva che non vi fu collusione poiche' al momento della telefonata al (OMISSIS) la sede della sua societa' in (OMISSIS) era gia' sottoposta alle operazioni di verifica. Come sottolineato nelle sentenze di condanna, siffatta circostanza era ignorata dal (OMISSIS) al momento, quanto meno, della sua prima telefonata.

L'argomentare della corte militare, ad avviso del Collegio, non dimostra in termini soddisfacenti la corrispondenza della fattispecie concretamente accertata con l'ipotesi delittuosa contestata.

Invero il reato di collusione di cui alla Legge n° 1383/41, testualmente e' così descritto: "Il militare della Regia guardia di finanza che commette una violazione delle leggi finanziarie, costituente delitto, o collude con estranei per frodare la finanza, oppure si appropria o comunque distrae, a profitto proprio o di altri, valori o generi di cui egli, per ragioni del suo ufficio o servizio, abbia l'amministrazione o la custodia o su cui eserciti la sorveglianza soggiace alle pene stabilite dagli articoli 215 e 219 c.p.m.p., ferme le sanzioni pecuniarie delle leggi speciali".

Tra le ipotesi tipizzate dalla norma incriminatrice, di interesse nel presente processo e' quella che da rilievo penale alla condotta del militare della guardia di finanza il quale "collude con estranei per frodare la finanza ".

Perche' sussista pertanto il reato occorre un accordo tra il militare  appartenente alla Guardia di finanza e l'estraneo, accordo il cui oggetto sia costituito dalla "frode alla finanza", la quale, secondo accreditata lezione ermeneutica di questa Corte, puo' consistere nell'indicazione o apprestamento di qualsiasi espediente o mezzo fraudolento dotato di potenzialita' lesiva dell'interesse alla percezione dell'entrata tributaria (Cass., Sez. 1, 06/06/2007, n. 25819; Cass., 15/12/2005, n. 1303).

Tanto premesso non puo' non rilevarsi che nel caso dedotto la ricorrenza di tre telefonate il cui contenuto e' rimasto sconosciuto non appare circostanza di fatto idonea sostenere probatoriamente ne' un accordo tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), ne' - e tale rilievo si appalesa decisivo - l'oggetto dell'accordo e cioe' la frode che gli interlocutori intendevano consumare in contrasto con gli interessi pubblici tutelati dall'azione di istituto del Corpo.

Ne' in tale direzione appaiono significativi i comportamenti ambigui assunti dagli imputati, e cioe' la mancata verbalizzazione dell'accesso all'agenzia (OMISSIS) e l'asetticita' dei rapporti successivi, sia per l'incertezza nella quale e' rimasta la circostanza del momento in cui i prevenuti dettero avviso ai superiori che l'agenzia risultava chiusa rispetto alla prima telefonata al (OMISSIS), sia perche' non deducibile da essi alcun accordo collusivo volto ad una frode rimasta a tutt'oggi senza una precisa determinazione di contenuti.

Al riguardo, pertanto, ricorre una insufficienza motivazionale giustificativa dell'annullamento parziale della sentenza impugnata, con rinvio a giudice territoriale affinche', in piena liberta' di giudizio, riconsideri il quadro probatorio acquisito al processo coerentemente valutandolo ai fini decisionali.

 

 

  

Avv. Francesco Pandolfi       diritto militare      

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