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Data: 07/10/2014 16:00:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi Avv. Francesco Pandolfi - cassazionista Quali opere sono da considerarsi destinate alla difesa militare e non soggette a concessione edilizia La sentenza n° 718/10 del Tar Veneto offre l'interessante spunto per tentare di definire la nozione di opera o struttura militare. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, tutte le opere eseguite all'interno di basi, impianti o installazioni militari sono considerate infrastrutture militari e quindi opere destinate alla difesa militare, ivi compresi gli alloggi di servizio per il personale militare ( C.d.S., Sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4543; 28 ottobre 1999, n. 1638; 25 giugno 1983, n. 470 ) con la conseguenza, tra l'altro, che esse non sono soggette alla richiesta di rilascio di concessione edilizia. Il primo profilo di criticità che presenta la materia rimane tuttora, nonostante le sentenze intervenute e le specifiche norme emanate, anche di recente, quello dell'esatto significato da attribuire al concetto di opera destinata alla difesa militare. Il discriminare le opere militari da quelle che tali non sono, ha una sua indubbia importanza proprio in considerazione della normativa di favore di cui le prime hanno usufruito e tuttora - seppur in parte - continuano a godere. Nel nostro ordinamento manca una definizione in termini normativi e generali di opere destinate alla difesa nazionale, riferendosi le scarne e sporadiche indicazioni che in proposito si rinvengono ad ambiti ben delimitati ( è il caso degli alloggi di servizio ); così come è mancata, quanto meno fino all'entrata in vigore del Regolamento per i lavori del Genio Militare, un'elencazione più o meno completa di esse. L'individuazione di tali opere, pertanto, è sempre stata effettuata con particolare rigore dalla giurisprudenza mediante la ricerca di un nesso teleologico che le ricollegasse alle esigenze di difesa del Paese. Esigenze di difesa che, ovviamente, non sono solo quelle necessarie in caso di guerra, ma, più in generale, sono tutte quelle finalizzate ad assicurare la sicurezza esterna e interna dello Stato; e ciò indipendentemente dal soggetto che realizzi l'opera, Ministero della Difesa o altra amministrazione. Principio questo efficacemente precisato dalla Corte Costituzionale che ha infatti escluso che possa, ai fini dell'individuazione di tale tipologia di opere, considerarsi sufficiente il solo criterio soggettivo, "cioè la natura militare dell'Amministrazione interessata ai lavori", essendo viceversa necessaria la contestuale presenza di specifiche caratteristiche oggettive - teleologiche, finalizzate proprio alla difesa e alla sicurezza del paese. Oltre che per le sue caratteristiche intrinseche e oggettive ( es: una postazione missilistica o un deposito di armi ), un'opera può presentare natura militare anche quando un'apposita norma definitoria la qualifichi come tale, oppure se interviene un formale atto di destinazione (per esempio attraverso un decreto ministeriale). Nella seconda ipotesi, però, secondo la giurisprudenza ( C.d.S., sez. VI; 3.11.1999 n. 1712; Tar Liguria, 12.12.2003 n. 1652 ) è sempre necessaria una manifestazione di assenso del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, dal momento che tale qualificazione comporta – per effetto dell'art. 81 d.p.r. n° 616/77- la sottrazione dell'opera stessa al controllo di quest'ultimo, altrimenti competente ad accertarne la conformità alla disciplina urbanistica o comunque a stabilirne la localizzazione d'intesa con la regione e gli enti locali interessati. Delineati dunque i criteri ermeneutici che governano l'individuazione di tali opere, procediamo a una panoramica degli orientamenti giurisprudenziali intervenuti in materia. L' ampliamento di un poligono di tiro, a meno di un uso esclusivo di esso da parte del personale militare, non è stato considerato intervento finalizzato alla difesa, e ciò in quanto l'attività di tiro a segno ha perso da tempo qualsiasi implicazione militare per assumere contenuti e profili esclusivamente sportivi; al contrario, è ritenuta legittima l'espropriazione per ragioni militari di terreni adiacenti ai poligoni di tiro: in questo caso si è ravvisata l'esistenza di uno stabile vincolo di connessione funzionale tra l'opera già esistente e le aree circostanti essendo quest'ultime destinate a garantire la sicurezza e la pubblica incolumità oltre che una migliore agibilità del poligono stesso (C.d.S., sez. IV, 27 ottobre 1981, n. 801). Non costituisce opera militare, poi, la costruzione di una "scuola di polizia giudiziaria, amministrativa ed investigativa" per il perfezionamento degli impiegati civili dello Stato. (T.A.R. Pescara, 10 aprile 1997, n. 172). E' stato qualificato come opera pubblica, ma non militare, sebbene realizzato dal Ministero della Difesa, un oleodotto costruito per garantire l'approvvigionamento di carburante per esigenze sia militari che civili. Particolare è la disciplina in materia di alloggi: con l'art. 1 della legge n° 497/78 fu finanziato un programma decennale di costruzioni di alloggi di servizio per i comandi e i reparti delle forze armate. In base all'art. 5, comma 1 della legge, tutti i fabbricati realizzati su aree ubicate all'interno di basi, impianti, installazioni militari, o posti al loro diretto e funzionale servizio furono considerati, a tutti gli effetti, infrastrutture militari. Analogamente, con una successiva legge, la n. 16 del 6.2.1985, fu approvato un programma straordinario quinquennale di interventi per la costruzione di nuove sedi di servizio per gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri nonché per la ristrutturazione e l'ampliamento di quelle già esistenti. L'art. 3 della legge, al fine di sottrarle all'accertamento di conformità previsto dall'art. 81 d.p.r. 616, equiparò le predette opere di edilizia abitativa a quelle destinate alla difesa nazionale. Con riferimento proprio all'art. 3 fu sollevata questione di legittimità costituzionale da parte della sez. IV del Consiglio di Stato (ordinanza 19.3.1991). La sezione rilevò che la disposizione aveva esteso artificiosamente lo speciale regime previsto per le opere militari alle strutture edilizie logistiche-operative dell'Arma dei Carabinieri; strutture concepite invece essenzialmente ( o almeno prevalentemente ) per funzioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, ma non per compiti di difesa nazionale. Investita della questione, la Consulta non riscontrò la denunciata illegittimità osservando che l'Arma dei Carabinieri, pur espletando un servizio soprattutto di pubblica sicurezza, costituiva comunque un corpo militare; pertanto le relative sedi di servizio rappresentavano beni strumentali con riferimento anche alle altre attività, quali, per esempio, la polizia militare, la raccolta di informazioni attinenti la difesa interna ed esterna, il controspionaggio; compiti tutti preordinati e strumentali alla difesa e all'integrità nazionale: "d'altra parte, la Corte Costituzionale con la decisione 1° aprile 1992, n. 150, scrutinando la legittimità di una disposizione sostanzialmente analoga a quella dell'articolo 29 L. n° 28/99 ha espressamente affermato che "la compressione che la destinazione militare dell'opera può determinare in misura assai rilevante, nei confronti di altri interessi costituzionalmente protetti, quali quelli urbanistici, edilizi e paesaggistici impone, peraltro, l'esigenza che tanto in sede legislativa che amministrativa, risultino precisati con il dovuto rigore i criteri suscettibili di qualificare l'opera come "destinata alla difesa militare", chiarendo che tali criteri non possono fare riferimento esclusivamente al solo profilo soggettivo (cioè alla natura militare dell'amministrazione interessata), dovendo essi investire sia le caratteristiche che le finalità dell'opera. Invero deve ritenersi pienamente operante in subiecta materia il principio, riaffermato da Corte costituzionale n. 150/1992, secondo cui le opere militari sono esonerate dal controllo di conformità urbanistica in relazione all'essenziale interesse statuale alla difesa del Paese e alla conseguente recessività di ogni altro interesse anche pubblicistico astrattamente confliggente con il primo" ( CDS n. 1593/01) Norme analoghe a quelle appena citate furono emanate anche per le caserme e gli alloggi di servizio degli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, fabbricati anch'essi equiparati a opere destinate alla difesa militare. Non riconducibili in quest'ultima tipologia gli edifici adibiti a Capitaneria di Porto. Pur essendo stato previsto anche per le Capitanerie un programma quadriennale di potenziamento delle infrastrutture logistiche ed operative, tuttavia, nessuna norma di legge ha equiparato quest'ultime alle opere destinate alla difesa nazionale; così come è stato escluso che la Delegazione di spiaggia (che è un ufficio istituito nei porti dove non ha sede la Capitaneria) svolga funzioni dirette a soddisfare le esigenze di sicurezza del Paese, essendo a essa attribuiti solo compiti di polizia marittima e portuale (C.d.S., sez. VI, 28.3.2000, n. 1799). Più controverso è l'aspetto relativo alle caserme di Polizia. Alcune volte esse sono state considerate (Tar Lazio, sez. I, 15.10.1993 n. 1484) opere destinate alla difesa nazionale in quanto ritenute necessarie a soddisfare le esigenze di sicurezza del Paese; altre volte, e più di recente (TAR Liguria 12.12.2003 n. 1652), tale equiparazione è stata esclusa sul rilievo che la Polizia di Stato è in realtà un corpo smilitarizzato, assegnato alla sicurezza interna. Si è accennato in precedenza alla mancanza di una elencazione di opere destinate alla difesa nazionale. Tale carenza è stata in un certo senso colmata con l'art. 2 d.p.r. n° 170/05, contenente il Regolamento relativo alla disciplina delle attività del Genio Militare. La norma, al suo comma 9, innanzitutto distingue le infrastrutture per la difesa dalle vere e proprie opere militari ( le installazioni permanenti e quelle temporanee relative a specifiche esigenze di dispiegamento, destinate al sostegno operativo, addestrativo e logistico di reparti militari operanti sia all'interno che all'esterno del territorio nazionale ). Il successivo comma 10 definisce come opere destinate alla difesa militare tutte quelle ricadenti in una delle categorie indicate nell'elenco contenuto in esso; tale elenco annovera, oltre alle classiche opere quali aeroporti, basi missilistiche, depositi di armi e munizioni, anche le caserme, i poligoni e le strutture di addestramento, gli alloggi di servizio per il personale militare, anche con famiglia, da realizzare ai sensi della L 497; le opere di protezione ambientale correlate a quelle di difesa nazionale; le attività finanziate con fondi comuni della NATO e da utenti alleati sul territorio nazionale. Il successivo comma 11, peraltro, consente la realizzazione, nei casi di urgenza, di singole infrastrutture riconducibili a opere destinate alla difesa nazionale, ma non comprese nelle categorie di cui al precedente comma 10, mediante provvedimento del Ministro della difesa. In ottemperanza al dettato della delega disposta con l'articolo 10 L 137/02, si è infine stabilito che, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministero della difesa e le altre amministrazioni statali coinvolte, vengano individuate le modalità per la valutazione congiunta e preventiva della localizzazione di opere di difesa nazionale che incidano su beni o aree sottoposti a tutela. Avv. Francesco Pandolfi 328 6090 590 skype: francesco.pandolfi8 francesco.pandolfi66@gmail.com |
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