Data: 16/09/2014 09:10:00 - Autore: Avv. Barbara Pirelli
A cura dell'Avv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto; email: barbara.pirelli@gmail.com
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"Il lavoro nobilita l'uomo" recita un vecchio adagio ma c'è anche chi ha scritto che "non serve a niente essere vivi, se bisogna lavorare". Insomma non per tutti il lavoro è un piacere anche se oggi giorno non se ne può proprio fare a meno.
Quando il lavoro diventa noioso c'è anche chi cerca di distrarsi con qualcosa di più divertente.
Ne sanno qualcosa i datori di lavoro che con l'avvento dei social network sono entrati in allarme perché si sono resi conto che spesso i propri dipendenti non sanno resistere dal collegarsi a Facebook durante l'orario lavorativo.
Un peccato veniale? Forse si, ma in certi casi potrebbe comportare il rischio di un licenziamento.
Ne sa qualcosa il dipendente di un'azienda che proprio durante le ore del lavoro aveva scattato un paio di foto ai colleghi per pubblicarle su Facebook. Le foto erano state accompagnate anche da alcuni commenti poco felici nei confronti del datore di lavoro.

Ed è stato forse proprio quel commento a far scattare le reazioni dell'azienda che aveva anche scoperto che il dipendente era solito anche accedere a siti porno durante le ore di lavoro.

Conseguenza di tutto ciò è stato il licenziamento per violazione dei doveri di diligenza, correttezza e buona fede nell'esecuzione della prestazione lavorativa. Logico corollario di ciò è stata non solo una lesione all'immagine dell'azienda ma soprattutto l'interruzione del rapporto di fiducia tra dipendente e datore di lavoro.
Durante il contenzioso il dipendente ha tentato di difendersi affermando che terze persone si sarebbero impossessate delle sue credenziali dell'account Facebook e avrebbero poi commentato in maniera offensiva il datore di lavoro; sull'accesso ai siti porno ha invece sostenuto che non solo lui ma anche altri dipendenti avevano accesso al suo computer.
Una linea difensiva che non ha fatto breccia nei giudici del Tribunale di Milano che con il provvedimento n. 6847 del 1 agosto 2014, ha rigettato il ricorso del dipendente dando ragione all'azienda, considerando legittimo il licenziamento per un comportamento che aveva screditato l'immagine dell' azienda creando un frattura irreversibile circa il rapporto fiduciario.

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