Data: 15/09/2014 14:20:00 - Autore: Dott. Angelo Lucarella

Dott. Angelo Lucarella - angelolucarella@gmail.com

I principi di Giusto Processo sono basati su consolidate norme costituzionali che oramai si identificano nel contraddittorio e tutti gli altri principi a corollario e ad esso complementari, quali: parità delle parti, terzietà ed imparzialità del giudice, ragionevole durata, motivazione della decisione, ecc.

Il contraddittorio, infatti, esprime la garanzia di Giustizia secondo la quale nessuno può subire gli effetti di una sentenza, senza aver avuto la possibilità di essere parte del processo da cui la stessa proviene ovvero senza l'effettiva partecipazione alla formazione del provvedimento giurisdizionale1.

Ciò favorisce l'identificazione di un contraddittorio in senso costituzionalmente rilevante, “applicabile nel processo costituzionale”, che possa dirsi comune a diversi modelli grazie alla convergenza dei requisiti minimi.

Le parti hanno, nell'ambito dell'effettivo contraddittorio, un implicito riconoscimento del diritto di fruire, in ogni caso, di un idoneo spartium deliberandi, per poter approntare le mosse difensive più opportune senza restrizioni temporali irragionevoli.

Il comportamento defensionale vede nell'estensione dell'atto la sua prima impronta, il quale però non può mai essere subordinato al rispetto dei termini legali o giudicali incongrui, tali da compromettere seriamente l'effettività della partecipazione2.

Una delle componenti essenziali del contraddittorio in sede costituzionale è (sostanzialmente) quella probatoria, espressa dal potere processuale di rappresentare al giudice la realtà dei fatti a sostegno delle proprie ragioni.

In via del tutto astratta, qualsiasi norma prodotta da fonte costituzionale (sia essa contenuta nella Costituzione o in leggi costituzionali) è idonea a svolgere la funzione di parametro in un giudizio di

fronte alla Corte costituzionale.

Più concretamente, l'estensione del parametro va a seconda del tipo di giudizio, nonché dell'oggetto dello stesso.

Così, se per i giudizi in via incidentale e in via principale esso consiste nelle disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali che si assumono violate, in caso di conflitti tra poteri dello Stato tra Stato e Regioni esso è, rispettivamente, individuato dalla sfera di attribuzioni determinata tra i vari poteri da norme costituzionali e dalla sfera di competenza costituzionale.

Non può dirsi che il diritto di difesa debba ricomprendere necessariamente entro il suo nucleo insopprimibile, anche il potere di impugnazione o di gravame, cosiddetta difesa da grado in grado, con l'apporto strumentale dell'obbligo di motivazione3.

Irrinunciabile è pertanto la sola possibilità preventiva di difesa e contraddittorio, nell'ambito di ciascuna grado del procedimento, dato che l'area di protezione è riferibile al Giusto Processo4 e perciò anche in quello costituzionale.

Grazie all'incidenza dei valori costituzionali, il diritto di difesa rappresenta una componente essenziale del diritto alla tutela giurisdizionale e s'inserisce d'impeto fra i principi supremi dell'ordinamento aspirando a collocarsi tra i “diritti inviolabili dell'uomo”5 e in tale ottica il contraddittorio acquisisce strumentale dimensione di universalità, rendendosi capace d'imporsi, quale sommo principio di legalità e giustizia.

Può serenamente dirsi, a tal punto, che il contraddittorio, ai fini del giusto processo, è elemento inderogabile di ordine pubblico processuale per qualsiasi tipo di procedimento giurisdizionale: civile, penale, tributario, amministrativo, contenzioso o volontario, cognitorio od esecutivo6; perciò in primis al processo costituzionale.

Si precisa in sintesi che gli elementi garanti del Giusto Processo nei processi innanzi alla Corte Costituzionale, sostanzialmente parlando, sono l'effettivo contraddittorio tra le parti e il rispetto del diritto alla difesa.

Essi però, per essere attuati, necessitano una delineazione e identificazione precisa degli istituti e soggetti processuali in sede costituzionale.

Infatti, partendo dall'oggetto del giudizio costituzionale, in base a una interpretazione letterale dell'art. 23, comma 1., lettera a della legge n. 87 del 1953, questo va individuato nelle disposizioni di legge. Per oggetto però va intesa anche la interconnessione sistemica delle norme e i fatti del processo a quo. Quindi, una legge o un atto avente forza di legge quando è contrario alla Costituzione, seppur viola una fonte sovraordinata, continua a produrre i suoi effetti fino al momento in cui non interviene una pronuncia che ne dichiara il vizio di invalidità (principio del cosiddetto favor legis).

Poiché i vizi d'invalidità, a loro volta, possono essere distinti in formali e sostanziali si parlerà, in sede costituzionale d'invalidità formale quando l'atto venga adottato in violazione della forma prescritta (ad esempio, una legge costituzionale che sia approvata con il procedimento legislativo ordinario, oppure una legge approvata in un testo differente da due rami del Parlamento), mentre si avrà un'invalidità sostanziale quando, pur nel rispetto delle norme procedurali, si abbia una violazione delle norme sostantive (ad esempio, una legge che ponga in essere delle discriminazioni basate sul sesso, sulla razza, su convinzioni religiose, filosofiche, politiche).

Da ciò, importanza ha capire come e con quali norme vigenti attivare la procedura partecipativa al suddetto processo.

Innanzitutto è la legge n. 261/08 ad integrare alcune norme per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale7 che in precedenza erano rimaste inapplicate, interpretate in via giurisprudenziale e soprattutto lasciate alla discrezionalità del massimo giudice.

In particolare l'art.3 della legge succitata dispone che la costituzione in giudizio davanti alla Corte ha luogo nel termine di venti giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza nella Gazzetta Ufficiale, mediante il deposito in cancelleria della procura speciale, con la elezione del domicilio su Roma e delle deduzioni comprensive delle conclusioni.

Nello stesso termine possono essere prodotti nuovi documenti relativi al giudizio di legittimità costituzionale.

Al tal fine, passando dal come partecipare al chi può intervenire, sempre per garantire la partecipazione in contraddittorio, almeno potenziale, delle parti è consentito l'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri che ha luogo con il deposito delle deduzioni, comprensive delle conclusioni, sottoscritte dall'Avvocato generale dello Stato o da un sostituto.

Mentre per il Presidente della Giunta regionale interviene il depositando, oltre alle deduzioni, comprensive delle conclusioni, la procura speciale rilasciata ex art.3 della norma, contenente l'elezione del domicilio.

Altri soggetti eventualmente intervenienti devono costituirsi mediante le modalità stabilite per il Presidente della Giunta regionale, il cui atto d'intervento deve essere depositato non oltre venti giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'atto introduttivo del giudizio.

Al termine dei venti giorni, importante è il ruolo del cancelliere che garantisce la possibilità di contraddittorio delle parti dando comunicazione dell'intervento medesimo alle parti costituite mediante biglietto consegnato al destinatario, il quale ne rilascia ricevuta di ritorno, al domicilio eletto a Roma, ovvero se richiesto dalla parte, a mezzo fax o posta elettronica (ma da qualche anno anche pec con l'emanazione del decreto Brunetta) inviati al recapito indicato dal richiedente, nel rispetto della normativa concernente i documenti informatici e teletrasmessi. In tale ultimo caso non è richiesta l'elezione del domicilio a Roma ai sensi dell'art. 5 comma 2° della legge in questione. È altresì ammesso il deposito di memorie illustrative nella cancelleria della Corte fino al ventesimo giorno libero prima dell'udienza o della riunione in camera di consiglio.

Nel caso della costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri, l'Avvocatura dello Stato, svolge il suo patrocinio dinanzi alla Corte costituzionale nei giudizi di legittimità costituzionale di leggi o atti aventi forza di legge promossi in via incidentale in altro giudizio, impugnative in via principale di leggi o atti aventi forza di legge, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, tra Stato e Regioni e giudizi sulla ammissibilità dei referendum abrogativi.

La rappresentanza e la difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro, nei suddetti giudizi, sono disciplinate ai sensi dell'art. 20 della legge n. 87/1953 che inoltre prevede in l'assistenza in giudizio di costoro spetta esclusivamente all'Avvocatura dello Stato anche se il Presidente del Consiglio dei Ministri ha potere di intervenire su materie che rientrano nella competenza di altri ministeri e ciò in base alla famosa sentenza della Corte Cost. n. 1/1956.

Infatti la legge 3 aprile 1979, n. 103 all'art. 9 prevede l'esclusiva competenza a costituirsi nei giudizi dinanzi alla Corte costituzionale dell'Avvocatura Generale dello Stato con sede in Roma, la cui costituzione, tra l'altro al pari di altri casi, non richiede l'esibizione di un mandato8 ma un'eventuale nomina di sostituto è possibile poiché prevista dalla legge anteriore n. 87/1953 ex art. 203.

Tutto quanto esposto pone in particolare evidenza l'importanza della difesa nei detti giudizi e in specie la rilevante responsabilità del capo dell'Avvocatura.

Ma, come detto, l'Avvocatura dello Stato non è invece presente innanzi alla Corte costituzionale nei giudizi di accusa promossi nei confronti del Presidente della Repubblica, nei quali non è prevista la possibilità per lo Stato di costituirsi parte civile.

Interviene invece nei giudizi di legittimità costituzionale in via incidentale che si svolgono innanzi alla Corte costituzionale, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o di Ministro da questi delegato.

L'avvocatura Generale dello Stato può intervenire in rappresentanza del Presidente della Giunta Regionale nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale che verta su leggi di Regioni che si avvalgano del suo patrocinio obbligatorio o facoltativo e ciò vale anche quando sia interessata al giudizio una delle due Provincie del Trentino-Alto Adige9.

Il ruolo dell'Avvocatura Generale dello Stato ha maggiore responsabilità quando propone alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale in via principale di una legge regionale su richiesta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, la cui richiesta può esprimersi, di volta in volta, nella forma adeguata al caso concreto e quando partecipa altresì, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale da una Regione contro una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o contro un legge di un'altra Regione e sempre previa deliberazione del Consiglio dei Ministri10, partecipa, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o di un Ministro a ciò delegato, ai giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale aventi per oggetto la risoluzione dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato11. La stessa si costituisce in rappresentanza diretta del Ministero interessato solo quando il conflitto riguardi le attribuzioni amministrative ad esso conferite dalla legge.

Tutti gli atti, specie quello introduttivo dei suddetti giudizi, sono diretti alla Corte Costituzionale e sono notificati al Presidente della Giunta regionale che ne risulta parte.

Quanto alle altre parti del giudizio, qualora non compaiano personalmente, devono essere rappresentate e difese da liberi professionisti abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.

Rappresenta ad ogni modo e in ogni caso il Governo nei giudizi di ammissibilità di referendum abrogativi dinanzi alla Corte costituzionale previsti all'art. 75 Cost. e dall'art. 2 della legge 1/1953.

Importante contributo su questa tematica fu sviluppata al seminario di Milano del 16 e 17 maggio del 1997, organizzato dal prestigioso “gruppo di Pisa”, i cui promotori fecero il punto sul contraddittorio nel processo sulla legge, indicando come angolo prospettico le norme sul giusto processo.

Il punto importante, secondo costoro, sta nell'applicabilità dei principi degli artt. 24 e 111 Cost. in riferimento allo spinoso tema dell'ingresso nel processo incidentale dei soggetti dalle parti originarie del giudizio a quo.

Tant'è che la selezione delle parti che possono partecipate al processo incidentale sulla legge per molti anni è stata caratterizzata dal principio di corrispondenza formale fra le pari del processo a quo e parti del processo costituzionale.

Secondo la Corte infatti, a norma dell'art. 23 comma 4, legge 87/1953, devono ritenersi parti del giudizio di costituzionalità delle leggi i soggetti processuali, ai quali deve essere notificata l'ordinanza di rimessione, quando non ne sia data lettura nel pubblico dibattimento12.

Alla luce di ciò, quindi, nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale non potrebbe sconfinarsi la figura del controinteressato che è propria del procedimento giurisdizionale amministrativo.

Nel processo di legittimità costituzionale non sono ammissibili altri interessati, oltre alle parti del processo principale, al P.M. (il cui intervento sia obbligatorio), al Presidente rispettivamente del Consiglio dei Ministri o della Giunta Regionale (a seconda che sia in questione la legittimità di una legge o atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione) che intervengano volontariamente. Ciò è inammissibile anche nell'ipotesi che assumano esistente un caso di contraddittorio necessario nel giudizio di merito13.

Un'eccezione al principio enunciato è rappresentata però dalla sent. n. 20/1982 in cui la Corte Costituzionale ha ammesso la costituzione i giudizio di due soggetti diversi dalle parti originarie nel

giudizio a quo. Si trattava, come sottolineato nella stessa motivazione della sentenza, di una fattispecie peculiare: da una parte, l'oggetto del giudizio a quo eta inidoneo a ledere in alcun modo la posizione acquisita dei soggetti terzi; dall'altra, proprio l'ordinanza di rimessione promossa dalla Corte costituzionale davanti a se stessa, sollevando dubbi sulla legittimità costituzionale della norma sulla quale si fondava la posizione già acquisita.

Detta decisione sembra esprimere una regola derogatoria in grado di esplicarsi ogni qual volta l'interesse a stare in giudizio di costituzionalità dei terzi sorga dall'ordinanza di rimessione con la quale la stessa Corte aveva sollevato questione di legittimità costituzionale di fronte a se medesima14.

Meno di un anno dopo la Corte riconosce un'altra ipotesi di contraddittorio necessario con la sent. n. 314/199215 nella quale il soggetto che chiedeva di intervenire era a tutti gli effetti potenziale controinteressato alla decisione in quanto titolare di un interesse immediatamente dipendente da quello che costituiva l'oggetto della controversia. Lo stesso soggetto, tuttavia, non era stato messo in grado di esercitate i propri diritti di difesa poiché non gli era stato notificato l'atto introduttivo.

A ben vedere, in questa decisione la Corte costituzionale esprime una terza regola che giustifica l'ampliamento del contraddittorio ogni qual volta il portatore di un interesse giuridicamente qualificato non sia stato messo in grado di costituirsi nel giudizio perché illegittimamente pretermesso dal contraddittorio e, quindi, per causa ad esso non imputabile.

Si può parlare di un vero e proprio onere della prova che grava sul soggetto che chiede di intervenire e a cui spetterà dimostrare che la mancata costituzione nel giudizio principale dipende da ragioni non imputabili a (sua) colpa o negligenza.

La Corte ha comunque meglio puntualizzato l'onere che grava sul soggetto che chiede di intervenire nel processo costituzionale nella sent. 421/1995, secondo cui deve essere dimostrato un interesse diretto ed individualizzato, riconoscibile, nel caso di soggetti non aventi titolo a intervenire nel giudizio a quo, quando l'esito del giudizio cli costituzionalità sia destinato ad incidere direttamente su una posizione giuridica specificatamente propria dell'interveniente.

La concreta valutazione degli interessi dei soggetti terzi sembra occupare un posto di primo piano nelle decisioni sull'estensione del contraddittorio.

La sent. n. 279/2006 in cui la Corte costituzionale richiama la regola della coincidenza tra le parti dei due processi, ammettendo la deroga solo a favore di soggetti titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio. Confermato anche dall'ord. n. 251/2002.

Nella decisione il giudice delle leggi si sofferma sulla natura di tale interesse, ravvisando la sua sussistenza a condizione che l'incidenza sulla posizione soggettiva dell'interveniente deve derivare non già, come per tutte le alte situazioni sostanziali governate dalla legge censurata, dalla pronuncia della Corte sulla legittimità costituzionale della legge stessa, ma dall'immediato effetto che la pronuncia della Corte produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo (ord. letta all'udienza del 21 giugno 2005, allegata alla sent. n. 345 del 2005 e analoghi principi sono, poi applicati nell'ord. 369 /2006).

Una specifica categoria di decisioni che dichiara inammissibile l'intervento dei terzi è quella in cui la Corte Costituzionale nega la possibilità di intervenire a soggetti che ricoprivano la qualità di parte in altri giudizi aventi ad oggetto controversie identiche o analoghe e che erano stati sospesi dai giudici a quibus in attesa della decisione del Giudice della legge e in questo filone giurisprudenziale possono essere ricondotte anche la sent. n.470/2002, l'ord. n. 179/2003 e la sent. n. 190/200616.

Si rileva che in tutti gli esposti casi di apertura del contraddittorio, la valutazione concreta dell'interesse del terzo pare occupare un ruolo di primo piano nella decisione, così come avviene - seppur in termini opposti - nelle speculari decisioni in cui il Giudice delle leggi non ammette l'intervento.

D'altronde, collegata a quanto detto, importanza strategica riveste tutt'ora la fattispecie decisa con l'ord. n. 389/2004 che, seppur in rito, ha affrontato l'annosa questione dell'esposizione dei simboli religiosi nelle scuole pubbliche ammettendo l'intervento in giudizio di un genitore rilevando che la posizione giuridica vantata appare qualificata in rapporto alla questione oggetto del giudizio di costituzionalità.

Maggiormente piana pare la giurisprudenza sull'intervento delle Regioni o delle Province autonome relativamente a questioni di costituzionalità di leggi formalmente statali ma di immediato interesse regionale.

Andando avanti nell'esame degli istituti di garanzia del Giusto processo nei procedimenti costituzionali connessi al ricorso in via principale con cui vengono sollevate questioni di legittimità costituzionale, assumono rilievo soprattutto i profili attinenti al rapporto tra la delibera dell'organo politico di impugnare e le problematiche relative al ricorso, alla notifica ed alla individuazione dei termini delle questioni che si intende sottoporre all'esame della Corte.

Per quanto riguarda i destinatati della notifica, consolidato è l'orientamento secondo cui ai giudizi costituzionali non si applicano le norme sulla rappresentanza dello Stato in giudizio previste dall'art.1 della legge 260/58 e dalla legge 3 aprile 1979, n. 103, con la conseguenza che, per la rituale proposizione del giudizio, l'atto deve essere notificato presso la sede del Presidente del Consiglio dei ministri: ciò ha indotto la Corte a ritenere non validamente instaurato i1 giudizio in forza della notificazione del ricorso al Presidente del Consiglio dei ministri, avvenuta presso l'Avvocatura generale dello Stato (ex plurimis, sentenze nn. 208/10 e 344/05).

In relazione a ciò deve essere condiviso l'orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha definito in tema di termine di deposito di adeguarsi alla prescrizione di cui all'art. 31 della legge n. 87/1953, la quale, come anticipato precisa la distinzione dei momenti di perfezionamento della notifica per il destinatario.

Quanto alla determinazione all'impugnazione particolare importanza viene attribuita alla delibera con la quale lo Stato, le Regioni o le Province in quanto decisiva è per la Corte la corrispondenza tra la deliberazione ed il contenuto del ricorso, attesa la natura politica dell'atto.

Tale principio viene con la sent. n. 278/2010, con cui la Corte ha ricordato che a pena d'inammissibilità, deve sussistere una piena corrispondenza tra le disposizioni impugnate dal ricorso e le disposizioni individuate dalla delibera con cui la Giunta (nella ipotesi di iniziativa regionale) ne ha autorizzato la proposizione, nonché che nelle delibere dell'organo politico che, pur non censurando un'intera legge, ne selezionano una parte cospicua, l'indicazione delle disposizioni oggetto di censura deve avere un “necessario grado di determinatezza”, in difetto del quale la individuazione delle previsioni da impugnare, tra le molte che compongono una disciplina formalmente unica, verrebbe rimessa alla difesa tecnica, che è priva di tale prerogativa.

Ad ogni modo, resta fermo che la scelta politica del Governo di impugnare norme regionali si esprime nell'indicazione delle specifiche disposizioni ritenute eccedenti le competenze della Regione, salva l'autonomia tecnica dell'Avvocatura dello Stato nell'individuazione dei motivi di censura. Merita un cenno, a tal proposito, la sent. n. 129/06, con la quale è stata respinta l'eccezione di inammissibilità del ricorso governativo proposta dalla Regione, per non essere stato effettuato il deposito contestuale dell'estratto del verbale del Consiglio dei Ministri e della relazione del Ministro proponente, sul rilievo fattuale che mancavano gli elementi per ritenere che tale deposito non fosse stato contestuale a quello del ricorso.

La corretta instaurazione del contraddittorio, in nome di un principio generale di diritto processuale, è subordinata al rispetto dei previsti termini perentori, mentre la disposizione secondo cui un atto di costituzione della parte resistente deve contenere anche l'illustrazione delle conclusioni mira a sollecitare un'adeguata prospettazione delle rispettive posizioni sin dall'ingresso delle parti nel giudizio, ai fini di un arricchimento della dialettica processuale.

A ciò si aggiunga il fatto che il thema decidendum è circoscritto dal ricorso, quale atto introduttivo del giudizio e le argomentazioni sviluppate nei successivi atti, a cominciare dall'atto di costituzione della parte convenuta, sono dirette a fornire elementi idonei a influenzare, sotto forma di fattori di conoscenza e di deduzioni logiche, il convincimento dell'organo giudicante intorno alle specifiche questioni di costituzionalità.

Per quanto attiene ai poteri delle parti costituite, è consolidato l'orientamento secondo il quale le questioni sono individuate alla luce delle censure proposte nell'atto introduttivo del giudizio e non è possibile dedurne di nuove nella memoria depositata in prossimità dell'udienza pubblica, la quale è destinata esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni svolte nel ricorso.

Coerentemente con tale principio, nella sent. n. 169/10, la Corte ha dichiarato inammissibili censure formulate per la prima volta nella memoria illustrativa depositata, non essendo possibile né modificare né integrare la domanda iniziale dopo il decorso, del termine decadenziale di proposizione del ricorso.

Relativamente all'intervento di terzi diversi dalle parti, consolidata è la preclusione nei confronti dell'intervento di soggetti diversi dai titolari delle attribuzioni legislative in contestazione.

Compito della Corte Costituzionale è valutare la legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello stato ed appunto per questo viene anche chiamata Giudice delle leggi.

Oltre al procedimento per ricorso in via principale però vi è anche quello in via incidentale che come ben sappiamo, nella nostra Costituzione è individuato come portatore dei diritti fondamentali della persona e dei principi inviolabili democratici-costituzionali, per cui, le leggi in contrasto con tali principi devono essere espunte nel nostro ordinamento17 anche in sede di processo principale. Infatti il giudice ordinario, nel processo principale, percepisce l'incostituzionalità della legge che deve applicare nel caso concreto e tramite ordinanza di rimessione, solleva alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale.

Tale ordinanza è l'emblema del processo incidentale costituzionale.

È importante sottolineare che la tutela del giusto processo nel grado dal quale proviene l'ordinanza di rimessione, è concretamente attuata potendo le parti proporre, in condizione paritetica, di sollevare la questione di legittimità costituzionale al giudice del procedimento, il quale provvederà se dovesse riscontrare i parametri sopraelencati, a inoltrare e investire della questione la Corte Costituzionale.

Risulta confermata, in riguardo sempre al contraddittorio, la opportuna scelta di pubblicare in allegato alla decisione che chiude il giudizio, l'ordinanza dibattimentale con cui viene risolta la questione relativa all'ammissibilità o meno della richiesta di costituzione o di intervento nel processo costituzionale, anche se non si può mancare di rilevare la discontinuità della Corte la quale, senza alcuna apparente giustificazione, in varie occasioni ritiene invece di non seguire tale procedura18.

Pure confermata risulta l'affermazione del carattere perentorio dei termini stabiliti per la costituzione in giudizio dall'art. 25 della legge 87 /1953, come integrato (o modificato) dall'art. 3 delle norme integrative (venti giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza sulla Gazzetta ufficiale)19.

Inoltre la Corte torna a confermare quella giurisprudenza che, correttamente, per il riconoscimento della qualità di parte del giudizio a quo fa riferimento al momento in cui il giudice emana l'ordinanza di rinvio, escludendo quindi, di conseguenza, quanti sono intervenuti nel giudizio principale successivamente, dal momento che questo, in attesa della pronuncia della Corte, resta sospeso.

Con riguardo ad un caso derivante da un processo amministrativo, la Corte ha ritenuto ammissibile la costituzione del soggetto controinteressato, sebbene non costituito nel giudizio a quo, rilevando come sono parti in causa, ai fin dell'integrazione del contraddittorio, ed è conseguentemente ammissibile la costituzione del soggetto nel processo costituzionale20.

Ha invece escluso l'ammissibilità della costituzione di soggetti i quali assumevano di essere parti di giudizi ritenuti simili a quello in cui è stata emessa l'ordinanza di rinvio o in cui deve farsi applicazione della medesima norma censurata oppure analoghi21.

Discutibili, per la natura incolpevole ed importante degli interessati, appaiono le decisioni attraverso le quali la Corte costituzionale ha negato la possibilità di intervenire da parte di soggetti i cui giudizi, aventi ad oggetto controversie identiche o analoghe, sono stati dai giudici a qui-bus sospesi in attesa della pronuncia della Corte sulla questione sollevata dagli stessi giudici nell'ambito di differenti giudizi22.

La dottrina ha da tempo segnalato come una lettura della normativa relativa al contraddittorio davanti alla Corte Costituzionale per i giudizi sulle leggi in via incidentale, nel senso di escludere la possibilità di costituirsi o comunque di intervenire da parte del P.M. presente nel giudizio a quo, dovrebbe ritenersi un'anomalia23, dal momento che parrebbe assai strano che, nel momento in cui la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale di una norma sorta nel processo principale, quello non potesse esprimere la sua posizione24, concludendone che particolarmente se il giudizio a quo è un processo penale, nel quale i1 ruolo della parte pubblica è fondamentale, tale impossibile costituzione va pertanto ritenuta una grave lacuna dell'ordinamento, da colmare al più presto25.

La Corte Costituzionale ha, di recente, confermato la posizione di chiusura rispetto alla costituzione del Pubblico Ministero nel processo Costituzionale, ribadendo affermazioni già espresse e portando anche qualche nuova argomentazione26.

Essa sostenne infatti che devono ritenersi parti del giudizio di costituzionalità delle leggi i soggetti processuali ai quali deve essere notificata l'ordinanza di rimessione, quando non ne sia stata data lettura nel pubblico dibattimento e che legittimati a partecipare ai giudizi di legittimità costituzionale promossi in via incidentale sono soltanto coloro che partecipavano al contraddittorio avanti al giudice a quo nel momento in cui venne ordinata la sospensione e disposto il rinvio, nonché il P.M., quando il suo intervento sia obbligatorio, il presidente del consiglio dei ministri o il presidente della giunta regionale.

Per esempio, nel caso del c.d. lodo Alfano, il P.M. contestava la su chiamata giurisprudenza, vuoi con riguardo agli argomenti fondati sul dato normativo, vuoi quelli attinenti al ruolo ed alla posizione nel sistema processuale e costituzionale del P.M.

Veniva fatta presente la necessità di distinguere la posizione ordinamentale da quella processuale dello stesso e quella imparzialità ed istituzionale della funzione. L'ipotesi conclusiva che era nell'esclusione della possibilità, da parte del P.M., di costituirsi nel processo costituzionale veniva a porsi in stridente contrasto con la posizione ordinamentale ad esso riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale, apparendo irrazionale che fosse privato della possibilità di sostenere le proprie ragioni in favore di quei valori costituzionali alla cui tutela la stessa Corte riconosce rivolta l'attività27.

Essa prende in esame specificatamente quanto previsto dal nuovo art. 111 Cost. e dal principio della

parità delle armi tra accusa e difesa, sia con riguardo più propriamente al processo penale sia a quello costituzionale.

Per il primo principio non comporta, a giudizio della Corte, un'identità di poteri processuali, potendo un diverso trattamento essere giustificato, nei limiti della ragionevolezza, da esigenza connessa alla corretta amministrazione della giustizia ed in considerazione della peculiare posizione del pubblico ministero.

Tant'è che l'art. 20 della legge 87/1953 stabilisce che gli organi dello Stato e delle regioni hanno diritto di intervenire in giudizio. Ma tale disposizione, in contrasto con quanto stabilito dal Giudice delle leggi, risulta essere stata approvata sulla base di un chiarimento fornito dal governo, secondo cui essa non stabiliva solo il modo, bensì riconosceva il diritto di intervenire, non potendosi negare agli organi statali o regionali di intervenire per sostenere la legittimità della legge o per proporre qualunque istanza28 anche se, in base alla lettura dello stesso articolo, la legge non potrebbe legittimare l'intervento in giudizio del P.M.

Negli anni novanta una nuova giurisprudenza abbandonava l'atteggiamento di netta chiusura nei confronti dei terzi nel giudizio costituzionale delle leggi sollevato in via incidentale, consentendo la presenza di soggetti, diversi dal Presidente del Consiglio dei ministri o della Giunta regionale, che non avevano assunto, al momento dell'emanazione dell'ordinanza di rinvio, la qualifica di parte del giudizio a quo29.

In pratica deve essere dimostrato un interesse diretto ed individualizzato, riconoscibile, nel caso di soggetti non aventi titolo ad intervenire nel giudizio a quo, quando l'esito dei giudizio di costituzionalità sia destinato a incidere direttamente su una posizione giuridica specificatamente propria dell'interveniente30.

La Corte ha ritenuto opportuno formalizzare, nella veste di legislatore, una simile apertura, seppure con una normazione a maglie larghe, mediante la modifica delle norme integrative avvenuta con deliberazione in data 10 giugno 2004.

Tra le disposizioni modificate figura l'art. 4 relativo all'intervento nel giudizio costituzionale incidentale di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo, il quale disciplinava l'intervento del presidente del consiglio dei ministri e della giunta regionale, a seconda che oggetto della questione di costituzionalità fosse una legge o atto avente forza di legge statale oppure legge regionale.

L'art. 4 è stato modificato sia nella rubrica “interventi in giudizio” sia nel contenuto, aggiungendo due ulteriori commi, mediante i quali si prevede la possibilità di ammettere l'intervento in giudizio di soggetti terzi, diversi cioè dalle parti del giudizio principale e dai presidenti del consiglio dei ministri e della giunta regionale31.

La formulazione della disposizione è oggi tale da poter legittimare astrattamente la richiesta di qualunque terzo, non essendo infatti specificato alcun requisito, salvo precisare la competenza della Corte costituzionale a decide circa l'ammissibilità.

Tra l'altro la decisione della Consulta n. 163/2005 ha precisato che il ruolo degli interventori ex lege viene affidato al Presidente del consiglio dei ministri o Presidente della giunta regionale quando si tratta di intercettazioni indirette o casuali e vi sarebbe, infine, la possibilità per il P.M. di costituirsi in giudizio difesa della sua pretesa e del suo interesse istituzionale.

La disciplina del contraddittorio davanti alla Corte costituzionale nel giudizio sulle leggi in via incidentale non trova, quindi, alcun riferimento nel testo della Costituzione, dove manca addirittura, per il controllo delle leggi e degli atti aventi forza di legge, l'indicazione delle vie di accesso32.

La previsione di un giudizio in via incidentale è contenuta infatti, come noto, nella legge Cost. n. 1/1948, il cui art.1 parla di una questione di costituzionalità rilevata d'ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio33.

Il contraddittorio nel giudizio incidentale di costituzionalità delle leggi trova pertanto la sua intera regolamentazione nella legge ordinaria n. 87 del 1953, di prima attuazione della normativa costituzionale, nonché nelle norme integrative approvate nel 1956 dalla Corte costituzionale.

La legge citata con riferimento alla fase davanti al giudice a quo, ha proceduto a integrare il richiamo alla parte, quale titolare del potere di istanza, con riferimento anche al pubblico ministero (una delle parti o il P.M. possono sollevare la questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza).

In altri termini la finalità, del legislatore parrebbe essere quella di escludere che il P.M. potesse ricomprendersi nella nozione di autorità giudiziaria, accostandolo, al contrario, per il processo costituzionale, alla posizione della parte e quindi legittimandolo a proporre istanza, ma non a sollevare questioni di costituzionalità34.

L'individuazione dei soggetti che possono essere presenti, con le loro deduzioni, nel processo davanti alla Corte costituzionale viene quindi operata dalla legge 87/1953 mediante l'istituto della notifica dell'ordinanza di rimessione, dalla quale appunto decorrono i termini per la costituzione od intervento in giudizio.

La regolarità dell'ordinanza e delle notificazioni costituisce condizione necessaria perché il provvedimento di rinvio sia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale35.

In conclusione, sulla base della normativa esaminata in ordine al contraddittorio nel giudizio incidentale sulle leggi, si può affermare come la costituzione del P.M. non risulti affatto esclusa, ma al contrario molti elementi depongono nel senso della ammissibilità della stessa.

Appare viceversa non condivisibile la posizione di quanti hanno sostenuto che la costituzione davanti alla Corte costituzionale del P.M. risulterebbe improponibile in assenza di nuovi interventi normativi36.

Tuttavia condizionare la risposta al quesito relativo all'estensione del contraddittorio prendendo le mosse dall'oggetto del processo costituzionale, pur rappresentando un angolo prospettico suggestivo, non sia idoneo a fornire risposte pienamente soddisfacenti né in termini teorici né, tanto meno, empirici.

L'analisi del contraddittorio nel processo costituzionale presenta delle peculiarità assai evidenti rispetto al processo in genere e, proprio in ragione di queste peculiarità, la quadratura del cerchio rispetto ai problemi di cui ci si occupa non riesce a trovare una piana risposta utilizzando le categorie tipiche del diritto processuale.

La sede più corretta dove collocare la garanzia del diritto di difesa del terzo sancito dall'art. 24 non è il processo incidentale (in cui, si vedrà successivamente, la posizione sarebbe comunque sbilanciata se rapportata a quella delle parti costituite), ma nel processo a quo, impedendo, attraverso la perimetrazione degli effetti della sentenza, che decisioni pregiudizievoli possano avere efficacia anche nei confronti dei terzi.

Vero che la mancata previsione di qualsiasi forma di ricorso diretto, specie da parte dei singoli cittadini o di gruppi politici, ha significato inevitabilmente una enorme valorizzazione della via incidentale quale forma di tutela dei diritti fondamentali stabiliti dalla Costituzione37, ma questa valorizzazione non può tradursi in un aggiramento del modello di controllo costituzionale38.

La dottrina ha talvolta prospettato una ricostruzione della giurisprudenza sul contraddittorio in chiave residuale, come sede che non può tollerare situazioni che rimangono senza difesa39.

Ultimo punto da affrontare è poi il concetto di residualità che benché non sia delimitato con chiarezza e sia generalmente applicato ai conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, può tuttavia presentare una chiave di lettura interessante e forse persuasiva poiché in riferimento ai conflitti interorganici, il conflitto è residuale in quanto può essere attivato solo laddove manchino altre risorse giurisdizionali40.

La mancanza di un accesso diretto dei singoli alla Corte e, al contempo, la scelta compiuta dai costituenti a favore di un controllo incidentale impongono ai privati che si ritengono lesi da una legge incostituzionale di far valere la propria pretesa di fronte al giudice a quo e, solo per il suo tramite (e a seguito del suo filtro), di fronte alla Corte costituzionale.

La costituzione diretta di fronte alla Corte (per mezzo dell'intervento del terzo) dovrebbe, quindi, essere ammessa solo nell'ipotesi in cui sia la stessa norma impugnata a impedire al soggetto l'accesso al processo di merito incidente direttamente sulla sua posizione giuridica.

Anche ammettendo che la parte possa intervenire nel processo costituzionale vantando un interesse proprio non nella sua specificità, bensì nella sua tipicità, come situazione rappresentativa di molte altre analoghe, è indubbio che tale contributo “rappresentativo” si svolga per buona parte di fronte al giudice remittente e non nel processo costituzionale, pregiudicato dal contenuto dell'ordinanza di rimessione e ad essa intimamente legato in ragione della vincolatività del principio della domanda.

La parte di fronte alla Corte costituzionale potrà indubbiamente rappresentare i propri interessi, ma resta pur sempre confinata nell'angusto recinto della quaestio legitimitatis.

Dalla delimitazione del thema decidendum, infatti, deriva l'impossibilità di un suo ampliamento o modificazione successiva da parte dello stesso giudice o delle parti costituite o intervenute nel giudizio costituzionale.

In conclusione, ad eccezione del caso in cui la rimozione della legge impugnata è strumentale a consentire l'accesso del terzo nel processo di merito (cosicché la sua costituzione di fronte alla Corte costituzionale diviene l'unica strada per far valere la tutela della sua posizione giuridica di fronte a un giudice in applicazione del principio di residualità), in tutte le altre ipotesi dovrebbe valere la rigida preclusione che consente alle sole parti del processo principale di costituirsi di fronte al giudice delle leggi.

Al contrario, la costituzione del terzo che non ha esercitato i propri diritti di difesa nel processo a quo pur essendo destinatario della notificazione dell'atto introduttivo dovrebbe essere dichiarata senz'altro inammissibile per carenza del requisito della residualità (ma si ricordi la opposta conclusione a cui è pervenuta la Corte costituzionale nella sent. n. 3451/2005).

Concludendo, la via intrapresa attraverso la modifica delle Norme Integrative del 2004 non risolve i problemi analizzati, ma anzi codifica in qualche modo le incertezze che ho tentato di argomentare, affidando alla Corte costituzionale una scomoda fattispecie aperta in grado di mettere in discussione

da più angoli prospettici l'intero sistema di controllo delle leggi.

La tutela del diritto di difesa e il rispetto del contraddittorio per garantire il Giusto Processo in sede costituzionale non possono essere ricercati all'interno del processo costituzionale stesso, ma attraverso l'attenta verifica della tenuta dei limiti soggettivi della decisione di merito.

Il vero problema sono perciò i mezzi conoscitivi di cui dispone il giudice delle leggi e una soluzione potrebbe essere quella di intervenire su di essi attraverso canali diversi da quello dell'intervento (ad esempio istituendo delle audizioni in sede istruttoria, etc.) che, senza alterare il sistema incidentale di controllo della legge e quello principale, consentano alla Corte costituzionale di ampliare il proprio strumentario conoscitivo così da assicurare decisioni adeguatamente ponderate e giuridicamente incisive.

Dott. Angelo Lucarella - angelolucarella@gmail.com



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Note:

1 Cfr., per sintetici riferimenti, le voci “Contraddittorio e contraddizione", in Diz. Encicl. Treccani, III, Roma, 1970, 481. Per ulteriori richiami, ad es. sulla nozione motivazionale di “contraddittorietà” (art. 360, 1° co., n.5, c.p.c.), si veda pure COMOGLIO in"Contraddittorio (principio del)", in Enc. Giur., VII cit., $1.1.

2 Cfr., al riguardo, COMOGLIO, su “art. 24, 1°-2°-3° co.”, in Comm. Cost. Branca , cit. 60-62 e per il processo penale, SCARPARONE, ivi, 94-97.

3 Sui rapporti tra motivazione e contraddittorio, cfr. COLESANTI, “Principio del contraddittorio”, 612-614.

4 Per esempio all'art. 111, 2°co. , Cost., CERINO CANOVA, “La garanzia costituzionale del giudicato civile”, RDC, 1997, I, 395-439.

5 Corte Cost. n. 98 del 27-12-1965; Corte Cost. n. 18 del 2-2-1982, con note di LERNER e LARICCIA, “Qualcosa di nuovo, anzi d'antico, nella giurisprudenza costituzionale sul matrimonio concordatario”, 938, 948. Cassaz. n. 2215 del 5-3- I 984.

6 GIOSTRA, “Contraddittorio”, II e MIIGLIORINI, “Contraddittorio” III, in Enc. Giur. VIII, Roma, 1988.

7 G.U. 7 novembre 2008, n. 261.

8Art. 12 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 e Corte costituzionale, sent. 6 del 1969.

9Art. 36 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

10Art. 23, lett. g. della legge 23 aprile 1988, n. 400.

11Art. 20 e 37 legge 11 marzo 1953, n. 87.

12Ord. Corte Cost. del 5.12.1956.

13Discorso del Presidente Gaetano Azzariti nella seduta inaugurale del secondo anno di attività della Corte Costituzionale 8.05. 1957.

14Corte Cost. Sent. n. 314/1992.

15 ROMBOLI,“L'intervento nel processo costituzionale incidentale: .finalmente verso un'apertura del contraddittorio?”, in Giur. Cost. 1992, 2605 ss.

16 Il giudice richiama la giurisprudenza secondo la quale la contraria soluzione si risolverebbe nella sostanziale soppressione del carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale.

17IDA Luigi: luigi-ida.over-blog.it/article-processo-incidentale-presso-corte-costituzionale-85905448.html.

18Corte Cost., sentt. nn. 76, 119, 128/08; 151/2009; 48, 138, 289/2010.

19Corte Cost., sentt. nn. 124, 295/2008; 700, 227, 263/2009; 11, 48, 138, 289/2010.

20Corte Cost., sentt. nn. 270, 289/2010.

21Corte Cost., sent. n. 263/2009.

22Corte Cost., sent. n. 288/2010.

23 NIGIDO, “Il procedimento nei giudizi di legittimità costituzionale”, in La Corte costituzionale (raccolta di studi), Roma, 1957, 150.

24 BATTAGLINI, “Sulla partecipazione del Pubblico Ministero nel giudizio a quo al processo costituzionale incidentale”, in Giust. pen. 1981, III, 543.

25 ZANON, “L'impossibile costituzione del Pubblico Ministero nel giudizio in via incidentale”, in Rivista Scritti in onore di Alessandro Pace, 1995, 2514.

26 Corte Cost., 2 gennaio 1993, n.361, in Rivista Scritti in onore di Alessandro Pace, 1998, 3083, con nota di SCAPARONE E ZANON.

27 LEONE, “Sulla costituzione del pubblico ministero nel giudizio dinnanzi alla Corte”,in Lodo ritrovato, a cura di Bin, Brunelli, Guazzarotti, Puggiotto e Veronesi,Torino, 2009, 158 ss.

28 ROMBOLI , “Il giudizio costituzionale incidentale”, cit., 14 ss. e 116 ss.

29 Corte Cost. 27 novembre 1991, n. 429, in Rivista Scritti in onore di Alessandro Pace, 1991, 3620.

30 Corte Cost. 8 settembre 1995, n. 421, in Rivista Scritti in onore di Alessandro Pace, 1995, 3237 con nota di CERRI.

31 Corte Cost. Ord. 2l giugno 2005, s.n., allegata alla sent. 29 luglio 2005, n. 345, in Rivista Scritti in onore di Alessandro Pace, 2005, 3273.

32 Cfr. CARROZZA, ROMBOLX, ROSSI, “I limiti all'accesso al giudizio sulle leggi e le prospettive per il loro superamento”, in L'accesso alla giustizia costituzionale: caratteri, limiti, prospettive, di un modello, a cura di Romboli, Napoli, 2006, 685 ss.

33ZAGREBELSKY, “La giustizia costituzionale”, Bologna, 1988, 227.

34 ANDRIOLI, “Questioni d'incostituzionalità e affari non contenziosi”, in Rivista Scritti in onore di Alessandro Pace, 1958, 405.

35Corte Cost., Ord. 12 novembre 1964, n.81 , in Rivista Scritti in onore di Alessandro Pace, 1964, 1007.

36LEONE, “Sulla costituzione del pubblico ministero nel giudizi dinnanzi alla Corte”, cit., 162.

37 Così R.ROMBOLI, “Ampliamento dell'accesso alla Corte costituzionale e introduzione di un ricorso diretto a tutela

dei diritti fondamentali”, in A.Anzon - P.Caretti - S.Grassi (a cura di) Prospettive di accesso alla Giustizia costituzionale, Torino, 2000, 638.

38 In riferimento all'estensione del contraddittorio agli enti esponenziali, A.ANZON “La partecipazione dei terzi nel giudizio sulle leggi tra esigenze della difesa e logica del modello incidentale”, in V.Angiolini (a cura di), Il contraddittorio nel giudizio sulle leggi, Torino, 1998, 366 “pur apprezzando le ragioni che spingono a consentire l'intervento dei soggetti in qualunque modo rappresentativi di tali interessi, si deve comunque ribadire che la tutela di tali interessi non dovrebbe comunque essere attuata, nel processo costituzionale,al prezzo di snaturare il giudizio incidentale né a quello di privilegiare immotivatamente gli enti o associazioni correlativi a tali interessi rispetto ai singoli che vedono pregiudicati loro diritti fondamentali”.

39M.D'AMICO, “Le parti del processo a quo” cit.,69.

40 Sulla natura residuale dei conflitti tra poteri dello Stato cfr. R. BIN, “L'ultima fortezza. Teoria della Costituzione e:

conflitti di attribuzione”, Milano, 1996, 130.

Dott. Angelo Lucarellaangelolucarella@gmail.com


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